A Cadarache ritroviamo Piergiorgio Aprili in un progetto mondiale per produrre energia pulita

 

 

 

A Cadarache, nel cuore della provenza si sta costruendo Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), il reattore che dovrà aprire la strada alle centrali basate sulla fusione nucleare, per produrre energia pulita, sicura, economica e virtualmente illimitata.
Al progetto, di portata mondiale, sta lavorando una equipe di tecnici provenienti da tutto il mondo. Tra questi anche Piergiorgio Aprili, 45 anni, ingegnere italiano, al quale spetta il compito delicato di costruire e testare alcuni dei magneti superconduttori che compongono il reattore. «Questi magneti», spiega Aprili, «dovranno sviluppare un campo 200 mila volte più potente di quello terrestre per poter mantenere confinato il plasma, combustibile volatile e sfuggente della fusione, che raggiungerà 10 volte il calore del sole. Se il plasma infatti venisse a contatto con le pareti del reattore le fonderebbe all’istante in quanto in natura non esiste alcun materiale che possa resistere a tali temperature. Alcuni di questi magneti superconduttori sono così grandi (25 metri di diametro) da non poter essere trasportati e quindi saranno realizzati sul posto.
Piergiorgio Aprili, nato nel 1970, è laureato in ingegneria chimica ambientale e ha all’attivo un master in business and administration. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare in uno dei maggiori studi di ingegneria italiani, la Nier Ingegneria di Bologna, dove si è occupato dell’analisi dei grandi rischi relativi a impianti petrolchimici e chimici, delle valutazioni degli eventi e delle loro conseguenze, e delle misure da mettere in atto per ridurre le probabilità di incidenti.
Uno dei clienti della Nier erano i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Per dodici anni ha operato nei laboratori del Gran Sasso, dove, dopo essersi occupato dei problemi relativi alla sicurezza di grandi apparati scientifici installati in sotterraneo, è diventato responsabile di un servizio tecnico che forniva supporto alle collaborazioni scientifiche.

La fusione nucleare alimenta il sole e le altre stelle: è l’unica grande fonte di energia nell’universo. Ricrearla sulla Terra vorrebbe dire avere una fonte di energia praticamente illimitata per un periodo di migliaia (o milioni) di anni ed ecosostenibile: a differenza del nucleare usato finora (cioè a fissione), non produce rifiuti altamente radioattivi di lunga durata. E sicura: è strutturalmente impossibile un incidente come quello di Fukushima. Inoltre, a ulteriore garanzia di sicurezza, ogni eventuale anomalia fermerebbe il combustibile (che comunque non rappresenta una minaccia: in ogni momento, la reazione di fusione riguarda meno di un grammo di combustibile).
Per questo Mark Henderson, capo della sezione Ciclotrone a Elettroni e Ioni, parafrasando l’aforisma sulla democrazia riferito da Winston Churchill, afferma che «la fusione è l’energia peggiore, a parte tutte le altre».
Nella fusione il combustibile è composto da deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno: i loro nuclei, fondendosi, danno luogo ad atomi di elio ma soprattutto a una enorme quantità di energia, in una reazione a catena che, nel reattore Iter, dovrà autosostenersi.
Le materie prime non sono un problema: il deuterio si ricava dall’acqua, mentre il trizio dal litio (che a sua volta si può estrarre dal mare in quantità praticamente illimitate e a costi trascurabili).


 



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