"Minore di tre" - intervista al giovanissimo scrittore aquilano Andrea Piersanti

 

 

 

Il Natale non è solo qualcosa per i più piccoli. Le sorprese posso avvenire in qualunque momento, questo si sa. Ma stavolta la coincidenza ha reso più prezioso l’avvenimento che vede protagonista un giovane aquilano, Andrea Piersanti, studente universitario aquilano al primo anno di Lettere.
Andrea, vissuto fino a prima del sisma del 2009 nel quartiere di San Bernardino, ora vede realizzato il suo sogno: agli inizi di Dicembre infatti pubblica il suo primo romanzo intitolato “Minore di tre”, edito tramite ilmiolibro.it del Gruppo Editoriale L’Espresso.


Dopo intense esperienze nel campo teatrale e cinematografico che lo hanno visto protagonista in vari laboratori di recitazione e documentari, il giovane Andrea prende carta e penna e decide così di dare alito alla sua immaginazione tra le pagine di quello che sarà poi il suo primo libro. Emozionato per l’avvenimento quasi inaspettato e nella sua totale semplicità, Andrea si sente non tanto il protagonista della scena, come potrebbe esserlo nel palcoscenico dei teatri che frequenta assiduamente, ma piuttosto un ragazzo come tutti che ha voluto semplicemente raccontare una storia. Storia, quella di “Minore di tre”, fatta di amori, delusioni, aspettative, futuro... insomma, una storia semplice per gente comune, rivolta a tutti.
L’idea di scrivere era scaturita nella mente di Andrea durante gli ultimi anni del Liceo Classico: il fine non è la gloria, il divenire famoso o l’essere annoverato negli annali di coloro che scrivono un libro solo per farsi notare, ma quello di raccontare una storia in base a ciò che si è vissuto nella vita di tutti i giorni, nel calore della propria famiglia e tra gli studi matti e disperatissimi, le sbicchierate e l’ allegria con i propri amici più cari e meno cari. Un libro che rappresenta la vita di tutti i giorni, vissuta in maniera degna, normale - Andrea tiene a ribadire il concetto di normalità. Cosa che incuriosisce un po’ tutti è il titolo di questo libro, questo misterioso composto di parole: minore di tre. L’autore si limita a dire che “minore di tre” è una costante nella vita dei protagonisti Alessandro e Gemma. Tutto ruota intorno a questo concetto apparentemente matematico, ma che alla fine si rivela di vitale importanza. “Il lettore avvertirà quest’intensa emozione alla fine del libro - mi confida Andrea in privato - per questo non voglio spiegare ulteriormente il significato di queste parole, altrimenti svelo tutto!”. Ai posteri l’ardua sentenza!
Certamente, l’impresa di scrivere non è stata semplice, perché all’inizio tutti si trovano un po’ spaesati, intimoriti di fronte a qualcosa che sembra più grande di quello che è. Però il coraggio che ha spinto Andrea in tale impresa si chiama conoscenza. La poesia, l’arte in genere, spinge l’uomo oltre le colonne d’Ercole e crea l’inimmaginabile. Questo Andrea lo sa bene: il teatro, costante della sua vita, gliel’ha insegnato alla perfezione. Ed ora il suo primo libro dovrà insegnare, nel modo più modesto possibile, a tutti quelli che avranno modo  e piacere di leggerlo, che tutti possiamo avere il coraggio di osare in questa vita. Tutti hanno una prima possibilità.
Andrea, commosso nell’animo, racconta che questo può essere un segnale di ripresa anche a L’Aquila, città martoriata dal terremoto del 2009: si sente in vena di dire che L’Aquila è bella lo stesso, anche se ferita; oltretutto, giovani come lui e come pochi hanno avuto il coraggio di rimanere tra le macerie aquilane perché innamorati della loro città. Questo, il motivo per cui Andrea ha scelto di pubblicizzare il suo libro presso la Colacchi, libreria storica della città. Importante ed esemplare, il suo gesto. Ancora più importante ed esemplare, soprattutto per tutti i giovani aquilani, il fatto che, se si è innamorati, lo si è per sempre. Andrea è uno di quelli che ha perso la testa per la sua città e non la tradirebbe con nessun’altra al mondo. “E domani, chissà... - spiega Andrea - il futuro è incerto, è meglio pensare al presente e gettare le basi della propria vita. Ora più che mai!”.
In fin dei conti, è meglio aver vissuto tutto che non aver vissuto qualcosa.

 



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