TSA, TANTE FACCE NELLA MEMORIA

Dopo la presentazione come evento speciale a Roma nella prestigiosa Camera dei Deputati, ospiti della  Presidente  Laura Boldrini, debutta a Rimini, Teatro degli Atti, martedì 2 febbraio, alle 21.00, la nuova produzione del TSA, in collaborazione con l’Associazione InArte, TANTE FACCE NELLA MEMORIA, regia di Francesca Comencini, con Mia Benedetta, Tatiana Lepore, Carlotta Natoli, Lunetta Savino, Simonetta Solder, Chiara Tomarelli.
Lo spettacolo racconta sei storie di donne partigiane e non che nel '44 vissero l'eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia dopo il tragico attentato di via Rasella del 23 marzo 1944. Un’esperienza terribile ripercorsa dall’autrice attraverso le voci di sei donne toccate in prima persona. Curato da Mia Benedetta e Francesca Comencini, lo spettacolo è nato con l’ascolto delle registrazioni delle testimonianze dirette ed affronta una delle pagine più drammatiche della nostra storia.
 “Una cosa di cui io non m’ero mai molto reso conto prima è che lì alle Fosse Ardeatine sono morti tutti uomini e hanno lasciato tutte donne: questa è una storia che non viene mai raccontata: le vite delle persone che sono rimaste, sua madre, sua sorella, cioè voi vi siete trovate...”
A partire da questa considerazione di Alessandro Portelli nel suo libro L’ordine è già stato eseguito nasce e si sviluppa il progetto di mettere in scena le voci di queste donne, le loro testimonianze, la loro storia che si ricongiunge e intreccia con la parte di una storia d’Italia e di Roma in particolare, profondamente significativa per la costruzione di ciò che siamo adesso.
Grazie al libro e agli innumerevoli nastri raccolti da Portelli e grazie alla collaborazione con l’autore con l’Archivio sonoro “Franco Coggiola” del Circolo Gianni Bosio e Casa della Memoria e della Storia, Mia Benedetta e Francesca Comencini hanno costruito una drammaturgia che ci restituisce la testimonianza di donne che hanno attraversato come protagoniste femminili il terribile eccidio delle Fosse Ardeatine. Come parenti delle vittime, come partigiane, come testimoni, come figure di resistenza all’occupazione di Roma.
La lucidità di Marisa Musu, il coraggio di Carla Capponi, la veridicità popolare di una Ada Pignotti, così come l’intelligenza popolare di Gabriella Polli la passione della Simoni e della Ottobrini, ricostruiscono nei dettagli e attraverso il proprio personale intimo sguardo, un periodo storico tragico e un eccidio tra i più degenerati della storia moderna.
L’urgenza artistica del progetto è quindi la memoria. Il non dimenticare quanto le donne hanno fatto per Roma e per l’Italia in tempi così difficili e non così remoti. Una memoria orale, non solo letteraria, ma carnale, emotiva, sensitiva, che possa continuare a vivere e possa essere conosciuta e divulgata. E il teatro per le sue caratteristiche intrinseche di contatto con il pubblico e di trasposizione artistica rappresenta il luogo di maggior espressione di questo tentativo.
“Le interviste di Alessandro Portelli –spiega Francesca Comencini-  sono un fiume di parole tenute nel loro letto dall’ascolto partecipato dell’intervistatore. Sono fatte per essere ascoltate, più che trascritte. La storia orale, che sminuzza la Storia in storie, tante e complesse, piene di dettagli, di “frantumaglie”, per dirla con Elena Ferrante, mi appassiona da sempre. Nei miei documentari ho ogni volta tentato di tracciarne umilmente un pezzetto. E’ ciò che amo fare di più. In questo caso ho pensato che le voci, raccolte da Portelli, spesso inedite, di donne protagoniste a vario titolo, da eroine riconosciute della Resistenza a anonime cittadine romane capitate quasi loro malgrado nella grande macchina della Storia, meritassero un più ampio e nuovo ascolto. Sono, doppiamente, l’altra faccia della storia: perché storia orale, e perché storia orale al femminile. Ho dunque costruito, come nel montaggio di un film, stabilendo nessi logici ma anche emotivi, un racconto a sei voci che si susseguono e ritracciano, ognuna a modo suo, le tragiche ore che hanno preceduto l’eccidio delle Fosse Ardeatine, i giorni angosciosi che lo seguirono, giorni di ricerca dei quei trecentotrentacinque uomini che sembravano scomparsi nel nulla, i silenziosi anni dopo la notizia dell’eccidio. Anni in cui, con un macigno sul cuore, queste donne si sono risollevate, hanno ricominciato a vivere, a raccogliere i cocci. Non so se si possa chiamarlo teatro, il teatro è per me un luogo troppo sacro per avventurarmici davvero. Lo prendo in prestito, per una volta, per dare gambe a parole che secondo me devono continuare a camminare, anzi, correre, dentro la memoria e la vita di tutte e tutti noi”.                    

 



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