Sottoservizi, dietro lo scontro due diverse visioni di città

 Il dibattito (o presunto tale) che sta movimentando le noiose giornate della politica aquilana questa volta riguarda i cosiddetti sottoservizi (gas, acqua, telefono, banda larga). Continuare con i lavori o bloccarli per evitare che qualche commerciante – che con coraggio è tornato in centro storico – da qui a qualche mese sia costretto a chiudere di nuovo a causa di ruspe e camion davanti all’ingresso del locale? Messa così è come chiedere: ma se piove preferisci uscire con l’ombrello o bagnarti? In realtà il chiacchiericcio provocato dalla presa di posizione del presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti innanzitutto conferma ciò che finora nei palazzi del potere è stato sempre negato: la ricostruzione dell’Aquila è stata avviata e sta andando avanti a caso, senza una strategia chiara. Dire oggi che i sottoservizi dovevano avere la precedenza sul rifare le case sembra il ritornello di una famosa canzone di Enzo Iannacci: “Se me lo dicevi prima!”. Ma non c’è solo questo. Se si leggono fra le righe i comunicati stampa di Benedetti e della linea verde del Pd (Stefano Albano e Stefano Palumbo) emergono altri spunti di riflessione. In città si profilano uno scontro politico, uno scontro sull’idea di città futura e uno scontro generazionale. Lo scontro politico è fin troppo evidente: l’esponente Pd Benedetti (pur se con l’educazione e la “mielosità” che lo contraddistinguono) lancia un attacco a testa bassa contro Americo Di Benedetto, presidente della Gran Sasso Acqua (la Gsa, stazione appaltante dei sottoservizi) e a oggi forse l’unico che in caso di primarie nel Pd potrebbe contrastare Giovanni Lolli, predestinato a prendere il posto di Massimo Cialente nel 2017. Benedetti va anche oltre e chiede che due commissioni consiliari fra cui quella “Controllo e garanzia” (il cui presidente, Raffaele Daniele, è sparito da mesi dai radar della politica aquilana) si facciano da tutori della Gsa e quindi del suo presidente in modo che della questione sottoservizi si parli da qui al 2017 per poi magari concludere che se Di Benedetto non è grado di guidare un’azienducola da quattro soldi figuriamoci mettergli in mano il Comune dell’Aquila. Schermaglie, che ci possono anche stare, se non si esagera. Lo scontro sulla visione di città, fra la linea verde e i futuri rottamati del Pd, è altrettanto chiaro ed è tutto concentrato su un semplice assunto: vogliamo andare avanti con il mito della città com’era e dov’era (con tutti i problemi che aveva) o si può immaginare – come scrivono Palumbo e Albano – uno scatto in avanti che faccia rinascere un centro storico senza traffico, con servizi (soprattutto digitali) che migliorino la qualità della vita dei cittadini, con architetture moderne al posto di superfetazioni inguardabili, con spazi ben progettati al posto dei vuoti che per varie ragioni (vedi le sostituzioni edilizie) si sono creati o si creeranno? Domanda che finora nessuno della vecchia guardia Pd si è fatto, anche se Cialente – che sta cercando di entrare nel ruolo di “saggio” della politica aquilana, ruolo che intende ritagliarsi quando non sarà più sindaco – ora comincia a ragionare cercando di guardare anche al di là del suo naso. Lo scontro generazionale è tutto in una frase che Benedetti ha inserito nel suo primo comunicato stampa: «Non abbiamo un’altra vita a disposizione per rivedere la città ricostruita e ripopolata e non possiamo aspettare (e quindi blocchiamo per ora gli infiniti lavori dei sottoservizi ndr)». Poche parole che valgono più di un trattato di sociologia. Il “dramma” di Benedetti è lo stesso di chi nel 2009 aveva già più di 50 anni. Ma qui c’è una evidente distorsione temporale: chi oggi è in là con l’età non ha soltanto un teorico diritto a tornare nella casa dove abitava prima del sisma ma ha soprattutto il dovere di ricostruire una città bella e funzionale per i giovanissimi che stanno crescendo e magari non hanno nessun ricordo dello “struscio” sotto i portici. È questa la sfida storica che tocca oggi ai “viventi”. Il resto è discussione da quattro amici al bar

di Giustino Parisse - da Il Centro -
 



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