Bovini rubati sul Gran Sasso, indagine con la prova del Dna

 

 

 

Ci sono novità nell’indagine che è stata definita dai carabinieri “Operazione Transumanza”. Si tratta della vicenda relativa a furti di bestiame avvenuti nello scorso autunno sui pascoli del Gran Sasso. Furti denunciati a fine ottobre 2015 dagli allevatori locali e che sembravano destinati a restare impuniti. Ma i carabinieri della stazione di Paganica – con il coordinamento del capitano Francesco Nacca, che guida la Compagnia dell’Aquila – nei giorni scorsi hanno prima individuato alcuni dei capi di bestiame sottratti (complessivamente una trentina) e successivamente messo alle strette quattro persone: tre sarebbero i ladri e uno, un allevatore dell’Aquilano, il ricettatore. Le novità di oggi sono tre: la prima è che il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso presentato dal legale di uno degli indagati con il quale si chiedeva il dissequestro degli animali. Ma non solo. La magistratura ha disposto il sequestro di altri 5 bovini nella stalla del presunto ricettatore e che si sospetta siano tra quelli rubati. Ma la cosa forse più curiosa è che è stata anche affidata una perizia – una sorta di prova del Dna – a un medico veterinario con la quale si dovrà accertare se 4 vitelli, che sono stati trovati sempre nella stalla dell’allevatore, siano figli delle mucche poste sotto sequestro e affidate in custodia allo stesso indagato. Insomma, si vuole andare fino in fondo nella vicenda e capire quanti sono stati i capi oggetto di ricettazione. Titolare dell’indagine è il sostituto procuratore della Repubblica Simonetta Ciccarelli. Oltre ai primi quattro soggetti già identificati, rischiano di finire nei guai, all’esito di ulteriori accertamenti che sono tuttora in atto, anche alcuni personaggi locali che avrebbero fornito supporto, di carattere informativo e logistico, alla banda in trasferta nella zona di Campo Imperatore.

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo