STOP ALLE CASETTE DI LEGNO ALL'AQUILA E NEI PAESI, ED I CONSIGLIERI S'INFIAMMANO

Niente più casette di legno di emergenza, la commissione territorio ha espresso parere favorevole al ritiro della delibera, che consente di costruire manufatti temporanei a causa del sisma. Bisognerà però vedere come andrà il voto in Consiglio comunale, perché i consiglieri hanno sulla questione visioni discordanti.
Circa mille i manufatti dichiarati a novembre, ma a colpo d'occhio ce ne sono molti di più, sono ovunque, lungo i fiumi, a ridosso delle strade, in campagna, raramente su terreni edificabili e costruiti in modo, tanto è il cemento che li arma, da non pensare al fatto di doverli demolirli ad emergenza finita, e comunque quando le abitazioni originarie riacquisiranno l'agibilità.
Il problema è che le casette le hanno fatte tutti, anche chi ha avuto assegnato un alloggio al Piano Case o ha una casa agibile, continui sono gli esposti alla Procura della Repubblica per gli abusi registrati, e per il fatto che queste abitazioni, sono spesso state affittate o addirittura poste in vendita. Tre o quattro lottizzazioni sono state segnalate alla magistratura, la delibera del Consiglio non prevedeva né lottizzazioni, né la possibilità di costruire su un terreno più di una casetta, ma senza un controllo capillare delle forze dell'ordine, e per questo sarà chiesto un tavolo alla Prefettura, sarà impossibile riportare un'emergenza nella regola urbanistica.
Secondo quanto proposto dalla delibera di Giunta, revocando l'atto che consente di fare le casette, questo cesserà di avere efficacia dalla pubblicazione sull'Albo Pretorio. Trascorsi 36 mesi dal 25 maggio 2009 o comunque al ripristino dell'agibilità, "tutti i proprietari dei manufatti provvisori dovranno cessarne l'uso e rimuoverli senza necessità di diffide o ordinanze di demolizione", e comunque, chi ha costruito su terreni edificabili e rispettando le regole urbanistiche, può sanare l'abuso presentando un progetto.
La delibera sarà senz'altro emendata ma non c'è il minimo accordo sulla direzione da intraprendere, per una parte dei consiglieri, va ritirata perché una sistemazione l'hanno avuta tutti e siamo ormai a fine emergenza, fissata al 31 dicembre 2010 dal Governo, salvo proroghe; per l'altra parte, il diritto alla casetta temporanea deve essere garantito almeno a coloro che hanno una casa classificata "E", oppure nel cuore dei centri storici e con lavori presumibilmente lunghi.
Peraltro è del 25 maggio 2010, una legge dello Stato, la n.73, che consente manufatti provvisori, e nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche, per "esigenze contingenti e temporanee" che devono però essere "rimossi immediatamente al cessare della necessità e comunque entro un termine non superiore ai 90 giorni". Dunque tre mesi al massimo, dopodiché la casetta va rimossa. C'è dunque anche questa norma con cui fare i conti, per stabilire il termine massimo consentito, oltre il quale non sono ammesse deroghe. La questione è spinosa ed ha infiammato i consiglieri, tanto che il dirigente Fabrizi con l'assessore Riga, nonostante la proposta di far modificare agli uffici tecnici la delibera, hanno praticamente preferito lasciare il tutto agli emendamenti dei consiglieri, da portare in Aula, presumibilmente nella seduta del 14 dicembre prossimo.
Al secondo punto all'ordine del giorno, in commissione territorio, un atto del servizio ripianificazione portato dall'assessore Riga per la normazione delle aree bianche, al momento della discussione, è mancato il numero legale.



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