Dopo “La Montagna nel cuore", è in arrivo "TERRA ME'" di Filippo Crudele

SABATO 13 AGOSTO, FILIPPO CRUDELE PRESENTERA' IL LIBRO: "TERRA ME'" PRESSO IL PALAZZETTO DEI NOBILI.
VERRANNO LETTE POESIE DA MARIO NARDUCCI E LA PRESENTAZIONE SARA' CURATA  MARIO NARDUCCI.



CRUDELE: un prima rivelatore un poi definitivo

di Mario Narducci

Una decina d'anni: tanti ne sono trascorsi da quando Filippo Crudele ha dato alle stampe la sua opera prima: “La Montagna nel cuore” che indubbiamente hanno consegnato l'autore alla notorietà. Parlando di Filippo è necessario dividere il suo corso poetico in un prima e in un dopo. Prima ci troviamo di fronte ad un poeta occasionale, pur nella sua validità, represso per certi versi, quasi come intimorito da questo fuoco che si portava dentro e che gli ardeva sempre più forte fin quasi ad incenerirlo. La rivelazione di “La Montagna nel cuore” ci consegna, nel giro di qualche anno, un “Uomo Nuovo”, consapevole delle sue capacità, ma più ancora consapevole del valore della poesia e dell'onestà intellettuale che questa richiede. Il fuoco che gli ardeva dentro adesso lo incenerisce davvero e Crudele entra in una simbiosi talmente accentuata con i suoi versi fino a diventare egli stesso poesia. E allora la domanda: Può, anzi deve un poeta essere un tutt'uno con ciò che scrive? Si tratta di una domanda talmente alta che la risposta diventa difficile se non impossibile. Da parte nostra, dopo aver letto le poesie di questa seconda silloge, sentiamo che una risposta comune non c'è; ma avvertiamo che in Filippo Crudele questa simbiosi è diventata talmente connaturata da essere egli stesso diventato una identità unica con la sua poesia. Filippo Crudele è sparito. E' sparito il personaggio, pur se acclamato, che faceva parlare di sè sia per i versi che per le sculture. E' sparito il “guascone” la cui ambizione era quella di farti ascoltare versi sotto un'arcata dei portici. Ma è rimasto il poeta, anzi la sua poesia. Direi perfino che in Filippo, crescendo la consapevolezza dell'importanza della sua poesia e la convinzione che con essa non si scherza, è cresciuta di pari passo la sua umiltà di poeta, senza la quale il poeta stesso non potrebbe esistere.
La parola poetica, infatti, è parola potente ma umile: potente perché creatrice, umile perché consapevole che l'ultimo verso non è mai dato per scontato ma richiede una fatica del vivere che è la fatica stessa dell'uomo di montagna la cui vita è tutta in salita.
L'uomo (Filippo Crudele) e la sua poesia, stanno vivendo un momento delicato ma fecondo. Come si sposino questi due momenti è presto detto. L'uomo, che è diventato più debole in ragione di un momento critico di salute, è riuscire a superare ogni cosa attraverso la poesia che ha finito con il prevalere. E quando si dice che per un poeta la poesia può essere tutto, se ci riferiamo a Filippo questo tutto diventa, com'è diventato, la vita stretta e non solo in modo figurativo.
La poesia di Filippo Crudele, anche per le ragioni sopra accennate, è poesia istintiva, non misurata, non pensata, senza altri calcoli che non siano quelli che gli detta il cuore. Crudele, che canta la natura, Crudele che canta la montagna, Crudele che canta albe e tramonti e l'amicizia che lo sostiene, in realtà altro non canta che l'amore, e cantando questo altro non fa che cantare se stesso.
Egli è giunto a un punto che nell'ascesi mistica viene chiamato “matrimonio mistico”. Questo passa attraverso un percorso chiamato “notte mistica”. Filippo ha attraversato anche questa per cui il suo matrimonio con la poesia, la simbiosi cui si faceva riferimento, è lo sbocco naturale di una dedizione e di una passione insopprimibili ed unici.
Che cosa augurare a Filippo dopo queste considerazioni? Che il suo successo, meritatissimo, continui, che l'uomo Filippo continui ad annullarsi perché il poeta e la sua poesia diventino totali. Altro sbocco non v'è che quello di essere consegnati, in maniera del tutto personale, alla letteratura.


 



Condividi

    



Commenta L'Articolo