I vertici del Parco: siamo pronti a confrontarci con gli allevatori

 

 

 L’antico convento del XIV secolo che ospita ad Assergi la sede del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga è un cantiere. Sono in corso lavori di straordinaria manutenzione che presto restituiranno all’edificio tutta la bellezza originaria. All’interno si continua a lavorare. Il presidente Tommaso Navarra, da poco tempo alla guida dell’Ente, e il direttore Domenico Nicoletti ci tengono innanzitutto a sottolineare che le porte dei loro uffici sono sempre aperte e chi pensa che il Parco sia “contro” chi lavora sul territorio sbaglia di grosso. La polemica sollevata nei giorni scorsi da un Comitato spontaneo di allevatori – che ha contestato la eccessiva rigidità delle norme e dei regolamenti che dovrebbero disciplinare l’utilizzo dei pascoli – ha portato tutti gli “attori” coinvolti e in particolare Parco e Comune dell’Aquila non a fare marcia indietro sulle questioni di principio (tutela, valorizzazione, nuovo modello di sviluppo) ma a interrogarsi e riflettere sulle questioni poste da chi considera la montagna una importante fonte di reddito. Invece di reagire in maniera isterica accusando il solito giornalista cattivo (e ignorante) di stravolgere la realtà, il presidente Navarra ha preso già una prima decisione: quella di organizzare entro settembre un incontro con il Comune dell’Aquila, gli Asbuc (le amministrazioni di uso civico), il Comitato spontaneo di allevatori, le organizzazioni di categoria e i cosiddetti portatori di interessi per tirare fuori idee, proposte, suggerimenti, modifiche normative e regolamentari, in grado di mettere tutti d’accordo partendo però dal presupposto che bisogna essere anche disposti a fare piccoli passi indietro (o, magari, passi avanti). Dalla chiacchierata con il presidente e il direttore del Parco è emerso innanzitutto una cosa: è necessario un nuovo modello di sviluppo. Nicoletti nella introduzione alla relazione programmatica 2016 scrive: «Valorizzazione e sviluppo delle risorse del Parco partono proprio da una esplorazione attenta alle diversità come risorsa, alle identità, ai luoghi, alle vocazioni, ai contesti, agli attori, alle aspettative locali, alle circostanze particolari, alle questioni della bellezza, per farne seguire una sperimentazione e applicazione di grandi potenzialità diffusiva». Dentro questo ragionamento c’è un po’ tutto ma c’è soprattutto l’idea (in una prospettiva di inclusione e mai di esclusione) che bisogna guardare le aree Parco non come elementi statici ma al contrario dinamici e «creatori di ricchezza». Il presidente Navarra ha fatto un esempio: la ricchezza degli Stati è fondata anche sulle riserve auree, nessuno pensa di intaccarle ma per il fatto stesso che ci sono producono ulteriore ricchezza. L’area parco, nel ragionamento di Navarra, è un po’ come una riserva d’oro non da dilapidare ma da “investire” nelle forme più rispondenti alle esigenze di chi i territori li abita e li vive ogni giorno. Naturalmente questi possono sembrare concetti filosofici. La realtà a volte è diversa. E nei Parchi girano molti soldi (fondi europei) che non sempre finiscono nelle tasche giuste (e quasi mai in quelle degli allevatori locali) e sui quali a volte si posa l’occhio lungo di speculatori e profittatori che potremmo definire nel migliore dei casi “borderline”. Ma ci sono pure segnali positivi che arrivano da tanti giovani disposti a mettere in gioco se stessi e a guardare alla montagna come un sistema complesso nel quale allevamento, turismo, ricettività, produzioni tipiche, contribuiscono alla formazione di un reddito dignitoso. Il Parco nelle prossime settimane metterà a disposizione degli allevatori un mattatoio mobile che andrà incontro alla necessità (rivendicata anche dal Comitato) di macellare in zone montane. Un piccolo segnale. “Spia” che si è già aperto un dialogo. Se porterà frutto lo sapremo nei prossimi mesi.

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo