Alloggio a disposizione di due anziani. Coppia di Scai a casa a Coppito 3

 

 

La porta si apre e lei cerca di aggiustarsi alla meglio i capelli. Li ha un pochino in disordine, neanche tanto. L’ho colta di sorpresa subito dopo pranzo, ma la donna sull’uscio sorride, e posso accomodarmi nella casetta a piano terra del Progetto Case a Coppito 3. Nella piccola tv dell’alloggio sta passando un film in bianco e nero. L’appartamento è in ordine, pulito, non sembra sia stato disabitato fino a due giorni fa. Adesso ospita una famiglia di sfollati del terremoto di Amatrice. All’Aquila qualcuno suggerisce di non chiamarli sfollati, ma amici. Pierina Cavezzi è arrivata tre gironi fa insieme al marito Guglielmo Lunadei. Sulla mensola sopra alla tv c’è tutta una serie di scatole di medicine. «Lui sta male, ha bisogno di controlli continui. Deve andare in ospedale ogni 15 giorni, per questo ho scelto di venire all’Aquila», racconta Pierina. Mia figlia è rimasta ad Amatrice per non abbandonare la cittadina. Io e mio marito vivevamo a Scai, una frazione di Amatrice. La nostra casa non sembrava distrutta, ma ci hanno detto che vanno fatti i controlli sulle strutture, ci vorrà un po’ di tempo. E siamo qui, ci hanno accolto con grande gentilezza, hanno fatto gli allacci, le persone ci vengono a chiamare per vedere se stiamo bene». Le tre figlie sono rimaste ad Amatrice, una ha perso la casa e ha rischiato di morire. «Purtroppo ho perso una parente». Chi ha vissuto il terremoto a volte teme che i suoi racconti non vengano creduti. «Due minuti, è durato due minuti... due minuti. Il letto si è spostato dalla parete di tanto così, e poi il terremoto ci ha spinto via, prima di qua poi di là», racconta Pierina. «Per far uscire mio marito è stato difficilissimo». L’uomo, infatti, riesce a muoversi grazie a un supporto. Si preoccupa delle medicine, dell’ospedale dove deve andare ogni 15 giorni. Curiosamente, c’è un ricordo comune legato a un’altra tragedia. Pierina abitava, infatti, vicino a Nella Graziosi, uccisa nel 2007 a Scai da Luigi Narcisi, che dopo l’omicidio era venuto all’Aquila per freddare con due colpi di fucile Roberta Colaiuda, 24 anni, prima di togliersi la vita. Una tragedia in realtà mai dimenticata nella piccola frazione di Amatrice immersa nei boschi.

da Il Centro

 



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