Di Stefano: "Più soldi alle frazioni, laddove possibile tuteleremo l’identità dei

 

 

 

In questi giorni si parla già di come saranno ricostruiti (presto si spera) i borghi distrutti dal terremoto del 24 agosto. E – ormai inevitabile – spunta il parallelo con quello che è successo all’Aquila. Lasciamo però perdere per un attimo il centro storico del capoluogo dove a suon di centinaia di milioni di euro sono rinati o stanno rinascendo decine di palazzi storici con museo annesso. Nelle frazioni che cosa sta succedendo? Il modello “com’era e dov’era” sta realmente restituendo ai borghi che fanno corona alla città la loro identità originaria? La risposta che viene spontanea è “boh” visto che nelle frazioni di cantieri se ne vedono pochi e quei pochi sono stati avviati meno di un anno fa. L’aria che tira però non è delle migliori. A gettare il sasso nello stagno, 10 giorni fa, con una intervista a Marianna Galeota su Abruzzo web, è stato il neo segretario regionale ai Beni culturali Stefano Gizzi che, appena insediato, è entrato subito a gamba tesa su una serie di questioni che riguardano la ricostruzione post 2009 (un dubbio: ma non c’era una soprintendenza unica competente per il Cratere guidata dalla dottoressa Alessandra Vittorini?). Gizzi in sostanza dice: se non stiamo attenti con le demolizioni selvagge i centri storici delle frazioni dell’Aquila perderanno i tratti originari che ne hanno fatto un unicum dal punto di vista storico, architettonico e ambientale. Il giorno dopo lo stesso allarme è stato lanciato dall’ex coordinatore dei Comuni “minori”, Emilio Nusca, il quale in riferimento ai borghi del cratere scriveva: «Perché non si verifica  se si sta operando coerentemente alle previsioni dei Piani di ricostruzione? Perché non si affrontano i problemi che ancora sono sul tappeto, quali ad esempio, proprio nell’ottica della conservazione dell’intera spazialità, quello del recupero  delle cavità ipogee o quello di dotare i centri storici dei comuni di idonei cavi dotto per alloggiare i sottoservizi, sulla scorta dell’esempio del centro storico dell’Aquila?  Ci sono dei centri storici in cui le cavità ipogee sono dei contenitori di storia e di tradizioni che non possono essere lasciate in stato di abbandono solo perché non esistono norme che ne  prevedano la possibilità totale di interventi di tutela e conservazione. Così come ci sono, nei centri storici, singoli e sparuti casi di edifici con elevate caratteristiche  di pregio che andrebbero vincolati per evitare interventi invasivi o addirittura con proposte di abbattimento». In sintesi: attenti a buttare con l’acqua sporca anche il bambino. La reazione più interessante (non fosse altro per il ruolo operativo che ricopre) è arrivata dall’assessore Pietro Di Stefano il quale svela che nel piano di ricostruzione dell’Aquila (che non ha valenza urbanistica ma pur sempre detta delle linee) ci sono le cosiddette “prescrizioni” che dovrebbero evitare proprio di fare di tutta un’erba un fascio. Prescrizioni che sono state ispirate da un famosissimo studio del compianto professor Marcello Vittorini (il papà della attuale soprintendente unica) dove si indicavano le cose belle che andrebbero salvate nei centri storici dei paesi. L’assessore dopo aver confermato che «il Piano di Ricostruzione contiene  prescrizioni per gli interventi nei centri storici, documento curato in stretta collaborazione con la Soprintendenza Unica» spiega che «se nel capoluogo, per la sua importanza culturale, si sono concentrate  molteplici attenzioni e azioni tese a recuperare edifici importanti ma anche il disordine urbano creato tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso con le costruzioni a ridosso delle mura urbiche, è nelle frazioni che abbiamo registrato il vero vulnus che ci viene proprio dall’impostazione del nostro Prg. Questo ci ha convinto della necessità di una norma per la salvaguardia dei valori storico-culturali del nostro territorio arginando le demolizioni a tappeto, almeno laddove il sisma ci ha risparmiato danni irrecuperabili e siamo arrivati a ipotizzare una proposta di variante normativa da portare in consiglio comunale, riguardante in particolare le frazioni e gli interventi riconducibili al restauro conservativo. Tuttavia tale obiettivo andava supportato da un adeguato contributo economico e pertanto abbiamo coinvolto l’Ufficio speciale per la ricostruzione per uno specifico provvedimento, in fase di emanazione, che riconosca incrementi di contributo per la riparazione e il recupero delle morfo-tipologie, delle strutture murarie e delle finiture degli edifici come catalogati nello studio di Vittorini». Insomma più soldi per le frazioni.
di Giustino Parisse -da Il Centro -

 



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