Roio Poggio il paese dimenticato Ed era tra le priorità

 

 

In questi ultimi giorni si è acceso un dibattito sul fatto che la ricostruzione delle frazioni (più di 60) è in forte ritardo. Chiaramente – come sempre accade all’Aquila dal 2009 in poi – è partita la caccia all’untore. Di chi è la colpa? Ma come di chi è la colpa? Di tutti, e quindi, di nessuno. Il rimpallo di responsabilità è lo sport più amato dagli aquilani (anche perché hanno ottimi esempi nei loro amati leader). Il Comune se la prende con i tecnici e i capi aggregato, i cittadini se la prendono con i tecnici e con il Comune, i tecnici se la prendono con gli uffici speciali, gli uffici speciali dicono che le pratiche sono incomplete, le pratiche sono incomplete perché le norme sono tante e confuse. E si potrebbe continuare fino a domani. Poi c’è la politichetta locale che non vede l’ora di azzannare l’avversario politico (o presunto tale). L’avvicinarsi delle amministrative (primavera 2017) non fa che alimentare polemiche sul nulla. Ormai si è capito. Sulle macerie delle frazioni si giocherà una bella fetta della campagna elettorale e la lotta per le 30 poltroncine di Villa Gioia sarà all’ultimo sangue. Domanda: ma perché tutti coloro che pensano di risolvere i problemi con i comunicati, con le conferenze stampa e con gli algoritmi non vanno a vedere come sono ridotte, otto anni dopo, le frazioni dell’Aquila. Non serve andare molto lontano. A cinque minuti da Porta Napoli c’è Roio Poggio uno dei borghi cancellati dal terremoto e che nel cronoprogramma comunale della ricostruzione è giustamente indicato fra le priorità. Ieri alcuni cittadini (Aldo Ciccozzi, Giuseppe Ceci, Mena Ciccozzi, Nanda Ruscitti, Michela Scassa) hanno fatto una sorta di sopralluogo fra le macerie del borgo. La ricostruzione è a zero. C’è solo un paio di cantieri fra cui uno partito da poco – pare una seconda casa – che si trova dentro una sorta di avvallamento circondato da muri pericolanti. I camion per arrivarci fanno mirabilie. Il resto sono erbacce, pietre dei portali e delle finestre accatastate alla meglio, pezzi di muro simili a quelli che si vedono nelle aree archeologiche. Aldo Ciccozzi dice che lui il progetto per rifare la sua prima casa (che tra l’altro è all’inizio del centro storico e facilmente cantierabile) l’ha presentato nel 2012. Pochi giorni fa è andato a chiedere informazioni e gli hanno detto che non è ancora stato preso in considerazione. Perché? Boh. Quando non ci sono regole certe ogni risposta è buona. Altri proprietari di prima casa, per far sì che il Comune si degnasse di dare almeno uno sguardo alla loro pratica, hanno dovuto fare ricorso al Tar. Il Tar ha fatto muovere qualcosa ma i tempi per i lavori non sembrano così rapidi. Magari domani verrà fuori il solito damerino che dirà: ma n,o a Roio Poggio la ricostruzione è avviata al 50 per cento. Sì, solo che lo dice guardando le cifre allucinogene che sono sul sito dell’ufficio speciale o le carte magiche di Silvan. La realtà è sotto gli occhi di tutti. Magari fra sei mesi ci sarà il miracolo e Roio Poggio sarà rinato, la gente tornerà ad abitarci, le seconde case saranno di nuovo affittate agli studenti. Ma oggi, 2 ottobre 2016, la situazione è quella che si vede dalle foto. Il resto è noia, diceva una nota canzone del secolo scorso. C’è una sola buona notizia. Il santuario della Madonna di Roio è stato consolidato. Ora bisogna trovare altri soldi per completare l’opera. Anche qui serve un miracolo. Ma in questo caso siamo in buone mani.
di Giustino Parisse - da Il Centro -
 



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