L'AS.L'AQUILA, DALLO STADIO COMUNALE (T.FATTORI) AL NUOVO STADIO DELL'ACQUASANTA (GRAN SASSO)

 

 

 

di Enrico Cavalli

  In taluni ambiti della vita municipale, specie, all’indomani di certe lentezze della ricostruzione post sisma 2009, si soleva ascrivere lo stadio dell’Acquasanta, tout court, al novero delle opere pubbliche locali, lungi dall’ultimarsi.

  Un po’ a sorpresa, rispetto alla tabella di marcia prevista dal Comune, il 4 settembre, è andato in scena l’esordio dell’AS.L’Aquila, alla nuova infra-struttura sportiva cittadina, la più importante dal dopoguerra ad oggi, con ciò aprendosi, una sorta di seconda fase della quasi novantennale storia rossoblù.

  Dunque, per l’AS.L’Aquila, l’1-1 del 21 maggio 2016, con il FC. Rimini, passerà agli archivi, come l’ultima partita, non tanto, in una Lega Pro da rivedere al più presto, ma, soprattutto, allo stadio comunale, dal 1966 inti-tolato al grande fautore del rugby“Tommaso Fattori”, su patrocinio della nostrana sezione Panathlon.

  Quello che può dirsi, ormai, il monumentale stadio cittadino, vide i suoi cantieri, aprire i battenti nel 1929, alla proprietà Volpe, tra il Monterone e Torrione, quindi, vicino alla piazzetta San Basilio del pionieristico footte-balle d’ante Grande Guerra; i lavori vennero condotti  dai tecnici e ditte lo-cali dei Gioia, Lisio, Federici, Ceci, secondo un disegno dell’architetto prestigioso, Vietti Violi, accostabile al bolognese”Littoriale”, in quanto re-cante palestra, velo-motodromo, pista a sei corsie, percorso ippico, e, a la-tere dei campi di tennis e piscina olimpionica.

  Il 1 ottobre 1933, fu la prima assoluta dell’AS.L’Aquila 1931, per effetto del 7-1 alla Polisportiva Littorio Alma Juventus di Fano, al catino cittadino, detto del “Littorio”, in rispetto ad altri che puntavano all’altisonante”Dux”, ma senza spalti, invero, li avrà l’anno dopo con la denominazione “XXVIII Ottobre”.  Parte considerevole, della grande Aquila urbanistica e turistica del 1927,  simile complesso polifunzionale, in linea agli stilemi delle arene d’epoca, tranne il milanese “San Siro”,  venne inaugurato, ufficialmente, nel 1935, in veste di provetto fantino, dal segretario del PNF., Starace, su invito del suo vice a via Appia in Roma, ma, podestà aquilano, Serena, il tutto, ripreso dall’Istituto Luce.

  Il rettangolo in erba da 105x68, fu il trampolino di lancio per la compagi-ne aquilana, che dalle sfide di sapore campanilistico con le strapaesane di Chieti a Teramo, passando per la novella Pescara, salpò da prima abruzzese in serie B dal 1934 al 1937, prima della conclusione del suo ciclo virtuoso, causa il dramma rossoblù di Contigliano nell’ottobre 1936. Lo stadio orgoglio del calcio provinciale, in antitesi ai top team del progressivo mecenatismo (introdotto, nazionalmente dagli Agnelli nel 1930), fu cornice di amichevoli internazionali: coi globetrotter magiari nel 1934, e, con la rappresentativa Wermacht battuta 5-0, unica occasione di svago per la popolazione in durissimo tempo bellico, nel 1943.

   In era di libertà e democrazia, al di là dello svarione per il diniego a tornare in serie B nel 1946-47, la classe politica assegna allo sport un ruolo di collante civico. I Lorenzo Natali, Chiarizia, Emidio Lopardi, Vespa, Di Cola, attiravano imprenditorialità nello sport, attraverso le logiche di appalti e privatizzazioni di campi da gioco, allestiti grazie alla sede regionale della FIGC., di Nello Mancini in periferia e nelle frazioni, dove un decennio addietro, si ventilava una cittadella sportiva in quel di Preturo.

   Fu gestito dagli alfieri delle discipline in voga nella regina degli Abruzzi, il calcio e pallaovale, cioè, Carlei e Fattori, l’ex”XXVIII Ottobre”: vi si svolsero, memorabili  sfide degli XI e dei XV in rossoblù, i rugbysti, infatti, non ancora in neroverde, alle omologhe rappresentative al seguito degli Alleati; gare di atletica nella pista in carbonella, corridori al velodromo dove arrivò il Giro d’Italia nel 1950, senza contare, l’allestimento di ring per le ambizioni europee di Valdrappa e Vivio, per finire, di rudimentali parquet di pallacanestro (così, ricorda il cultore di basket cittadino, Luca Frontera).

  Mentre la locale pattuglia giornalistica sportiva dei Cianfarano, Domenico Chiodi, Carli, Manilla, Tani, osservavano problematiche in divenire, di un catino che conosce le simbologie del tifo a dirimpetto degli eleganti Portici, i gerenti del CONI., regionale e la politica trasversale, affermano una L’Aquila dalle strutture sportive di avanguardia, in funzione delle Olimpiadi di Roma 1960.

   Lo stadio comunale, fece le sue prove generali per quell’appuntamento a cinque cerchi iridati, in quanto venne designato dalla FIGC, quale campo neutro delle partite di serie A AC. Napoli-AC. Milan 0-2 del 18 gennaio 1948 ed AS. Roma-FC.Genoa 0-1 del 18 marzo 1951, nonché per le minori rappresentative azzurre. Tanto rinnovato e capiente di 12.000 posti, lo sta-dio del capoluogo abruzzese, fu teatro di gare del calcio olimpico fra Ungheria-India (2-1), Danimarca-Tunisia (3-1), Bulgaria-Repubbliche Arabe Unite (2-0), tutte condite da folto pubblico e vicende diplomatiche a metà fra il protocollo ed il pittoresco.

  La ripresa del calcio in serie C, scudetti clamorosi del rugby, un certo seguito per attività indoor di tenore internazionale, impongono di addivenire ad un altro impianto cittadino. Torna in auge, nel 1967, grazie alla cessione di terreno quasi gratuita di libero proprietario, nonché alle premialità della FIR., l’idea caldeggiata in sordina, nel dopoguerra, di realizzare un campo per la pallaovale, sotto il campetto della FIGC., alla periferia Est dell’Aquila dagli sviluppi urbani per la Roma-Adriatico, via traforo del Gran Sasso. Nel 1973, annuncia “L’Aquila7”del grande Remo Celaia, che l’Assessore allo sport  Ludovico Nardecchia, nella giunta comunale di Tul-lio De Rubeis, ottiene per il progetto,  cinquanta di milioni dal Credito Sportivo (come sottolinea il giovane studioso Matteo Massacesi). Emerge, però, una verve polemica sulla stampa, circa la nuova location dello sport, in una coscienza collettiva, entro cui andava a latitare, il riferimento sociale della palestra, scuola pugilistica, tirassegno, ovvero, della polifunzionalità intus stadium, tantomeno, gli stimoli al recupero del moto-velodromo, lanciati da grandi centauri e ciclisti nazionali ed abruzzesi, tipo Vito Taccone.

  Nonostante i proponimenti degli assessori allo sport, come Carlo Iannini, nell’ambito del piano regolatore del 1975, lo stadio dell’Acquasanta, pare parola impegnativa anche per lo spuntare di una cittadella neroverde al campo di Pile, in quello che sarà il”Centi-Colella”.

   La significazione civica, è per le partite internazionali del rugby ed il calcio che in D, replica con amichevoli fra club di serie A, di selezioni azzurre ed il record d’incasso ineguagliabile, per la svanita C2 del 1992.

   Lo stadio comunale, sarebbe il punto naturale aggregativo, di una platea di giovanissimi adusi al football da collezionismo e modellismo, e, ai dibattiti calcistici sui pionieristici media privati locali. In assenza di una vei-colazione culturale della vicenda rossoblù, rispetto alla fiorente divulga-zione rugbystica, il tifo calcistico, in motorizzazione di massa, se ne va domenicalmente fuori, a vedere i top team, non solo, in estemporanee gite all’”Olimpico”di Roma o “Campo di Marte” a Firenze, a ragione delle ascese in A di centri viciniori ed un tempo avversari, quali Ascoli, Terni, Perugia, soprattutto, Pescara con l’”Adriatico” traboccante di gente, a tacere di un capoluogo abruzzese, che quasi per nulla, rispetto al passato, recepisce il grado di visibilità nazionale, ottenibile dallo sviluppo calcistico.

  Dopo discussioni, talora solo di facciata alla Torre di Palazzo ed amplificate dai mass media locali a targhe alterne, il traguardo del secondo stadio cittadino, diviene un qualcosa di vero, perché l’Assessorato allo sport di Giampaolo Arduini, elabora dalla metà degli anni’80 una generale ristrutturazione impiantistica; soprattutto, collega quella che era l’idea e basta dell’Acquasanta, alle dinamiche in atto nello scenario sportivo nazionale, allo scopo, riuscendo a rintracciare i soldi dei mondiali di calcio Italia’90; tutto questo, tra  innumerevoli ed insospettabili ostacoli, sicché in base alle competenze, il titolare comunale dei Lavori pubblici, Mariano Volpe, iniziò gli scavi per l’impianto dell’Acquasanta nel 1992.

  Quanto al”T.Fattori”, senza rifacimenti di look esterni, almeno, al tabellone della Carispaq., si aggiungono gli impianti di illuminazione, utili alle notturne nelle Coppe europee dei neroverdi ed a trasmettere in prime time su RAISAT., i rossoblù anelanti alla B d’inizio anni 2000; per ciò stesso, a fronte di problemi di ordine pubblico e di traffico urbano, si eleva una semicurva al settore della Croce Rossa coi soldi della Regione, onde non fare dei Distinti, una zona franca per gli aquilani, laddove, invece, vi entrano, non sempre copiosi, tramite un pertugio, gli ultras forestieri.

  Il capitale di 1200 abbonamenti al”T.Fattori” per la stagione 2000-01 di C1, non viene capitalizzato come ci si sarebbe atteso, e, tra indecenti ingiustizie e mancati aiuti federali, la curatela fallimentare del FC.L’Aquila nel 2003, apre indagini su supposte carenze di cassa, circa i versamenti degli sponsor per i cartelloni pubblicitari al prato verde e che dopo settantasette anni, chiude i battenti. Il riscatto rossoblù dal fallimento, poco era assecondabile dalla retorica politica sull'impiantistica di base, che rasenta criticità senza fine a Piazza D’Armi, circolo tennis”Peppe Verna”, Palazzetto alla Croce Rossa, in questo scorcio urbano, anzi, mancando la compiutezza della semicurva al”T. Fattori”.

   Alla struttura del rugby, anch’esso in fase recessiva, fanno capolino fra container e pale meccaniche, maglie neroverdi, per la disputa di amichevoli ed allenamenti, sebbene, la politica di Arduini avesse predisposto la operatività del catino per i matches del campionato. Quasi ad anticipare i tempi, e, presentare alla cittadinanza un dato di fatto, la giunta comunale prima di Massimo Cialente, recependo il consiglio comunale unanime, nel 2008, decide che il complesso dell’Acquasanta, deve nomarsi “Gran Sasso”, per il “forte legame fra asprezza della montagna e della pallaovale”, fissando, altresì, la dedicazione della tribuna ovest e della est, rispettivamente, a due dei portabandiera del verbo rugbystico, Ettore Pietrosanti e Natalino Mariani.

   Da taluni osservatori, si rimarcava quanto fosse sottovalutata l'importanza della messa in sicurezza dello stadio comunale, da fare risalire alle Olimpiadi di Roma 1960, onde candidarlo ai Giochi del Mediterraneo 2009 in Abruzzo, ma che invece sviano dal capoluogo regionale, pure, sotto il profilo della risonanza culturale dell’evento.

  Al proposito di un rettangolo di gioco e spalti, degni per il rango di L’Aquila, il decano della stampa sportiva, Dante Capaldi, sollecita nell’ottica della città della Perdonanza,  uno stadio privo di barriere agli spalti, da intitolare al reputato migliore prodotto calcistico locale, quale Italo Acconcia giocatore a Firenze e Modena prima di fare il tecnico all’Under21; parimenti, avanzandosi la denominazione del celebrato maestro della pallaovale Tommaso Fattori, per il catino dell’Acquasanta. Si profilava una disputa sugli appellativi per le suddette strutture, fatta di in-trecci amministrativi e gran spolvero di vulgate dello sport civico, durevoli nel tempo.

   Resta una sportiva fibrillazione municipale, sul dato degli scarsi finanziamenti ad impianti, a causa di deviazioni dal percorso della ricostruzione post 2009, parzialmente sanata dal tempestivo soccorso di Arduini per la stessa pista di Piazza d’Armi, altrimenti in abbandono.

    A protestare  è il rugby che in riconquista di Top Team, rivorrebbe lo stadio dell’Acquasanta, piuttosto che la sicumera del”Centi-Colella”, una volta sgombrate ambedue le strutture dalle tendopoli, invece, scongiurate su volontà del secondo assessorato di Arduini, per il”T.Fattori”, anzi, dotabile di sala stampa intitolata al primo giornalista sportivo aquilano Remo Celaia,  nonché a 50 anni dalle Olimpiadi, dell’agibilità ed aumento di posti.

  Ancora alla cornice del Gran gala sportivo aquilano del 2012, a “Strinel-la88”, il succitato dinamico assessorato di settore, ufficializza la pianifica-zione dell’impiantistica: i rossoblù di Elio Gizzi, in C2, pronti a lasciare il ”T. Fattori” dato alla pallaovale, prenderebbero lo stadio dell’Acquasanta, a ben vedere, le ideali due rampe del ponte di integrazione sociale fra il centro storico e le new town, con cui bisogna fare i conti, a richiamare il Comitatus aquilanus. Riflesso, della medievale conurbazione aquilana, va in scena allo stadio comunale, con le maggiori consorelle cittadine del calcio e pallaovale, rispettivamente, impegnate in derbyssimi con la SPD.Amiternina e vestina Gran Sasso Rugby.

   Nel patrocinio di LegaPro ed UEFA., è dalle innegabili potenzialità di patrimonializzazione in stile “Brighton Arena”, il campo di Acquasanta, costituendo una dotazione strategica per avanzare di categoria e rendere appetibile la piazza, ad investitori di un calcio italiano in via di internazionalizzazione finanziaria per l’assenza di una generale politica sportiva di seconde squadre per i vivai, azionariati popolari e stadi di proprietà.

   E’ prodigo di complimenti alla AS. L’Aquila in terza serie nazionale, il ceto politico locale, non tanto in un flaianiano ”soccorso dei vincitori”, tentando il sindaco Massimo Cialente di riaprire dopo dieci anni i Distinti del ’T. Fattori’, a dispetto dei divieti prefettizi; tali movenze, a timore che l’Acquasanta, per difficoltà di farlo in erba sintetica e realizzazione delle curve per tifosi in e out, ora rallenti senza un cronoprogramma che eviti lassismi amministrativi, sicché, perfino, si paventano i rossoblù allo stadio aprutino di Piano D’Accio.

  All’orizzonte c’è un nuovo modo di fare calcio, a prescindere da mecenatismi e corsie politiche preferenziali, sicché, il Supporter’Trust Laquilame’, la versione calcistica del terzo settore non profit, che punta ad entrare con funzioni di moral suasion nel sodalizio rossoblù, propone nell’ordine, per il secondo impianto cittadino: la sua intitolazione secondo un referendum fra i tifosi; l’apprestamento di una Casa-museo rossoblù; concretamente, un regime di concessione, all’AS.L’Aquila, affinché provveda in economia alla ultimazione dei lavori.

   Tutte queste proposte, facilitabili nella loro realizzazione, per via di somme reperite dalla  Regione Abruzzo e  FIGC., che mette a disposizione l’incasso della partita Italia-Bulgaria a Torino, dietro la regia di Arduini che con il Segretario federale di via G.Allegri (sede romana della Figc.), Antonello Valentini, medita di una inaugurazione ufficiale di quello che va considerato un gioiello della ingegneria sportiva, insomma, per il vernissage dell’Acquasanta, scomodandosi ipotesi di una partita con nomi altisonanti di club italici ed esteri.

   Preoccupazioni, mostra l’assessora allo sport Emanuela Iorio, a rispetto di evoluzioni amministrative, che porterebbero il mondo della pallaovale, ad assumere la gestione del”T.Fattori”, passando per le polemiche sulla realizzazione del nuovo stadio, che ancora Arduini, sulla base del progetto del Provveditorato alle Opere Pubbliche per il Comune nel 2010, dimostra essere pronto per l’uso, sottoforma dei fari dalla General Electric usati alle Olimpiadi di Torino 2006, di erba naturale, recinzioni, e tabelloni e seggio-lini, tramite originali sponsorizzazioni bancarie. A far decantare la subitanea intrapresa pur con autorizzazioni di enti preposti e sopralluoghi del Di-rettore Generale della Lega Pro Francesco Ghirelli, problematiche all’uscita per utenti diversamente abili, al settore della curva nord per ospiti, nonché battaglie di retroguardia sulle primogeniture rugbystiche, mai portate avanti fino in fondo (come dall’articolo di Paolo Rosati su”Tuttolaquila”).

   Fervono i dibattiti sul nome del complesso da erigere in zona Est, in quanto a contendere la sorta di ipoteca istituzionale per Acconcia, emerge la figura in stile british, del tecnico Guido Attardi, poi, quella di altri nobili personaggi della vita sportiva locale. Alla fine, si decide di risolvere la ver-tenza per il tramite della consultazione popolare di Laquilame’, e, in una lista intrisa di opzioni, anche non corrette storicamente (Federico II, sic!), prevale la denominazione ”Gran Sasso d’Italia”, ovvero, quella scelta a suo tempo per il rugby. Diversamente dalla rispettabilità dell’esito referendario, si sarebbe potuto più ampiamente discettare di intitolazioni, alla insegna di una tradizione sportiva da rinverdire, possibilmente, senza le superficialità, ad esempio, di talune dedicazioni di impianti cittadini.

  Resta di una denominazione al “Gran Sasso d’Italia”, che può rimandare alla locale modulazione sportiva fra le due guerre mondiali, ovvero, ad una città nel rango delle capitali sportive d’Italia, del resto, quanti reclamano il ”dicitur”, di scritta fra i seggiolini alla tribuna Est, della datazione al “1927” (non ancora documentabile…), dopo la sigla AS.L’Aquila, vanno in quella direzione di marcia, a tacere degli antirevisionismi di maniera.

   A monitorare la situazione, passibile di stalli burocratici e rimpalli di responsabilità, per lungaggini di appalti sulle luci, piuttosto, che sul bar, eb-bene, oltre il volontarismo del Supporters’trust, stanno gli studenti dell’Istituto per Geometri e Territorio, nell’ambito degli stage per il progetto MIUR., alternanza scuola-lavoro.  C’è, al di là del peso effettivo di simili vigilanze, una più forte attenzione pubblica in argomento, e, agli uffici tecnici di palazzo Fibbioni, la nuova sede comunale post sisma, nel passaggio di consegne in materia di Lavori Pubblici, fra Di Stefano e Capri, matura la convinzione che bisogna ultimare i cantieri, affidati alla ditta pu-gliese Spes., a partire, per il controllo dei 6.763 posti a sedere, dalle oltre cento videocamere, quasi ad emulare il numero di torri della cinta muraria trecentesca.

    Superato quest’ultimo ostacolo, la strada appare in discesa, per la risoluzione della faccenda, tanto più che, paradossalmente, causa retrocessione dell’AS.L’Aquila, la serie D contempla meno vincoli per l’apertura ridotta dell’Acquasanta, che giunge in dirittura e con il sorprendente recupero della titolazione ad Acconcia, in abbinamento al plebiscito per la locuzione del “Gran Sasso d’Italia”; tale opzione, suscettiva di rilievi sapidi da parte di esteti della simbologia civica, visto che la consultazione popolare, fece registrare la quasi totalitaria contrarietà alla duplice intitolazione.

   Laddove fu eretta una delle tendopoli con annesso campo-scuola (cfr., Primaria “E.De Amicis” et Media”D.Alighieri”), perciò, carica di significati morali per il popolo aquilano, ora si prospetta un punto di nuova ag-gregazione civile. A corollario di un ciclo che si chiude virtuosamente, la particolare rimembranza di Arduini, che allo sgombro degli accampamenti, in loco, della Protezione Civile-Regione Toscana, ivi, scorgendo un pallone per ragazzi, promise all’allora presidente rossoblù Elio Gizzi, di rispolverarlo in occasione dell’apertura ufficiale dello stadio.

   Impone la moderna infrastruttura calcistica del capoluogo abruzzese alla pari e se non di più delle recenti architetture dei catini di serie A, tipo il cagliaritano”Sant’Elia”,  di corrispondere ad una concezione del primo sport italiano, che prevede stadi di proprietà o in regime concessorio durevolissimo, per reggere un calo di apporti finanziari vistoso, ovvero, ricavare introiti dagli spettatori anche da attività collaterali; il medesimo stadio del 1933, aveva un raccordo ideale alla configurazione dell’AS.Aquila 1931, visto, che il primo era diviso in tribuna, distinti, curva, e, la grande poli-sportiva era retta da un concorso di forze, fatto di azionisti pubblici e privati di riferimento, quindi, sottoscrittori di quote medie e piccole.

   Per cogliere i vantaggi del nuovo stadio, serve un corso societario, alieno da autoreferenzialità, coinvolgente ogni locale contribuzione ad un progetto di intrapresa sportiva che intercetti gli sviluppi della geolocalizzazione dei tifosi al club, tramite interattività multimediale e logistica infrastrutturale; qui, il livello di competenza è della politica, che oltre le procedure amministrative, deve rendersi  consapevole che il nuovo stadio, non è questione definitiva e da esibire per modelli di consenso, semmai, in senso identitario della comunità, prima che valore aggiunto di una mission agonistica. Al momento, il club del Gran Panorama, anela alla gestione d’impianto, senza riempirla di contenuti, oltreché reddituali di socializza-zione, da individuare in percorsi condivisi con la tifoseria ed istituzionalità, senonchè la municipalità palesa volontà di mantenere lo status quo, di-sponendo un’apertura parziale senza i Distinti (ancora off limits territorialità aquilana!?). Da settori dell’ambientazione sportiva, magari un tempo, di diverso avviso, in ordine alle barriere per spettatori, si reclama la concessione dell’agibilità totale da parte della Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, parimenti, la realizzazione delle tri-bune stampa ed autorità, dei finestroni retrostanti al settore ospiti, di un ta-bellone luminoso, infine, l’inaugurazione ufficiale, come meriterebbe simile dotazione infrastrutturale, il cui immediato modo di sfruttamento, potrebbe partire dalla diminuzione del canone di affitto comunale, sicché la quota risparmiata in rispetto, dal club rossoblù, destinabile alle migliorie, tipo, vada ribadito, la Casa Museo del calcio aquilano e che sarebbe un’originalità, in un panorama nazionale anche di top team, sguarnito.

   A fare da sintesi del passaggio di consegne, in una storia impiantistica comunale che vede attrezzamenti di rettangoli verdi a Paganica, San Gregorio, Arischia, e le criticità gestionali di Piazza D’Armi sino all’apprestamento del palazzetto a Centi-Colella, ebbene, la celebration degli antichi Commandos Rossoblù e sempiterni RBE78,  al termine dell’esordio dell’AS.L’Aquila in Serie D 2016-17 e all’Acquasanta, (1-1 con il Nuovo Monterosi di Viterbo, n.d.r.) con tanto di sciarpe, striscioni, bandiere e cori, allo stadio del 1933.

   L’auspicio è che i tornanti della storia, come altre volte in passato, possano fare rifluire, degli altri percorsi di mirabili stagioni sportive, sotto il versante Est della città capoluogo di regione, allo stadio designato col nome di “Gran Sasso d’Italia-Italo Acconcia”, ovvero, dell’Acquasanta… .


 



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