SOTTO LA PARETE NORD DEL MONTE CAMICIA IN RICORDO DI PIERGIORGIO DE PAULIS

 

 

 

Non c’è parete che valga una vita, ma ci sono vite che non possono stare senza pareti, che rispondono solo a un richiamo ineluttabile. Piergiorgio De Paulis aveva appena 20 anni, ma sul ghiaccio volava. Il 23 dicembre 1974, insieme a Domenico Alessandri e Carlo Leone, per la prima volta in inverno provarono a scalare la temuta Parte Nord del Camicia. Solo alcuni attimi, una svista, e poi il volo. Piergiorgio non c’è più, ma il suo ricordo è vivo. Ogni anno, il 26 dicembre, il Cai di Castelli lo ricorda con una messa sotto quella parete, seguita da una bellissima fiaccolata ritornando al borgo di Castelli.
Ventisei dicembre 2015, trentatreesima edizione. La partecipazione è ampia, circa 70 persone, unite nel ricordo di Piergiorgio. Ci sono tanti ragazzi, molti bambini e qualche quadrupede. Negli altri anni – dicono – c’era molta neve (anche le foto lo dimostrano). Quest’anno, però, il sentiero è pulito, almeno nella prima parte, fino a “Fosso Morto”, quota 887 metri. Da qui proseguiamo verso il Fondo della Salsa, dove si comincia a intravedere una coltre bianca e, davanti a noi, la parete nord del Camicia. Alcuni tratti leggermente impegnativi, ghiacciati, è necessario fare attenzione. C’è comunque il supporto di una corda. Al nostro arrivo c’è un fuoco, lì intorno i posti sono limitati. Il freddo è pungente, e dobbiamo stare fermi per circa mezz’ora. C’è una messa da celebrare, per Piergiorgio e tutti gli amanti della montagna che non ci sono più. “Preghiamo perché la montagna e il nostro stare insieme – dice Don Franco nell’omelia – sia sempre più sicuro. Questo è possibile solo se ognuno di noi dona un pochino del proprio tempo all’altro. Dobbiamo imparare a valutare il tempo che viviamo, perché facciamo tante cose ma in quello che noi viviamo riusciamo a far felici gli altri? O vogliamo che gli altri facciano solo felici a noi? Allora doniamo il tempo per gli altri perché quel tempo è la fonte della nostra felicità”.
Iniziamo a scendere, piano piano in piccoli gruppi, la notte incombe. Ci ricompattiamo a 300 metri da Castelli. Ognuno di noi ha una fiaccola in mano, per Piergiorgio e per tutti gli amanti della montagna che hanno perso la vita per amore di questa meraviglia della natura. La montagna dà e toglie. A Castelli tante persone attendono il nostro passaggio con le fiaccole, un’emozione unica. La giornata non è finita però. C’è il convegno “Alpinismo e dintorni”, e poi la cena, tutti insieme.
Filippo Di Donato, Presidente Cai della Tam (Tutela ambiente montano) nazionale, è il moderatore. “Questa sera trovandoci lì al Fondo della Salsa la grande parete nord e i colori del tramonto erano un qualcosa di inimmaginabile e non raccontabile, neppure con delle immagini. In montagna bisogna starci per viverla. In una realtà dove dominano le immagini, globalizzata, stiamo perdendo il senso dell’avvicinamento diretto al territorio. L’alpinismo è un’esperienza piena: non è solo la scalata di una parete ma un percorso interiore. Oggi, tornando a Castelli, abbiamo percorso il ‘Sentiero Italia’, che collega tutto l’arco alpino e l’appennino. Tutelare il paesaggio non vuol dire alzare la paletta rossa quando si vede un’emergenza, ma essere quotidianamente vicini al territorio”.
L’incontro inizia con i saluti di Marino Di Claudio, Presidente del Cai di Castelli, Gaetano Falcone, Presidente Gr Cai Abruzzo, e il Sindaco di Castelli, Rinaldo Seca. C’è poi il racconto, con un breve contributo video, di Roberto Giancaterino, istruttore nazionale di alpinismo, e Carlo Assogna che, insieme, hanno scalato la parete nord del Camicia il 23 e 24 agosto 2013, per la “Via Vacanze Romane”. “Scalai questa parete 21 anni fa – dice Roberto – con meno esperienza. Due anni fa, insieme a Carlo, ho riprovato ed ero più tranquillo, perché l’esperienza fa tanto in questo sport. Anche il compagno di cordata è importante, e con Carlo mi sono trovato subito in sintonia”.
Un’ascensione stupenda, emozionante, unica. Vedere le immagini certo non rende l’idea, è solo un assaggio. Alpinismo vuol dire sicurezza, conoscere determinate tecniche, i nodi, alcune manovre elementari, vuol dire conoscere la montagna.
C’è un legame tra Gran Sasso e Monte Bianco. Una storia, raccontata dal Direttore della scuola di alpinismo “Rosa dei Venti” di Tagliacozzo, Fabrizio Pietrosanti, quella di Gigi Panei, alpinista abruzzese trasferitosi a Courmayeur, amico di Walter Bonatti, suo compagno di cordata in molte scalate. Parlavano lo stesso linguaggio, animati dalla stessa passione. Si capivano anche con i silenzi. “Lassù in alta montagna – afferma Walter Bonatti in un video – le parole suonano quasi banali. Ci si parla con le stesse ansie, gli stessi entusiasmi, con le stesse sofferenze”. Un uomo rude, leale, schietto, ma nello stesso tempo infinitamente generoso e sensibile. Una storia lunga la sua, alpinista e maestro di sci, intrecciata con la politica, morto sotto una valanga nel 1967 sulla sua montagna, il Monte Bianco. Ascoltando la sua storia c’è molto da riflettere.
Finito il convegno ecco la cena, che conclude una giornata bellissima, emozionante, unica.
La grande lezione della montagna è che ciascuno deve arrivare con le proprie forze dove può. E raggiungere il proprio massimo è già di per sé come toccare la cima più alta del mondo.

Luca Venanzi

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo