L’OLIGARCHIA DEL DOLLARO

 

 

 




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- di Emanuela Medoro - Steve Bennon, Consigliere, Rex Tillerson, Segretario di Stato, Gen. James Mattis Ministro della Difesa, Betsy De Vos, Ministro della Pubblica Istruzione, Steve Mnuchin, Ministro del Tesoro, Gen. Micheal Flynn e Gen. John Kelly Ministri per la Sicurezza. Sono solo alcuni dei ministri che comporranno il governo del 45° presidente degli USA, Donald Trump. Ora non più Presidente Designato, ma Presidente a tutti gli effetti, dopo il voto dei grandi elettori, che, votando nelle capitali dei singoli stati, hanno formalmente confermato i risultati noti. Nonostante la richiesta di rinviare questa votazione per consentire ulteriori approfondite indagini sull’interferenza russa nel voto americano per il presidente; nonostante il voto popolare sia stato largamente a favore della Clinton che ha perso per la distribuzione geografica dei voti; nonostante la richiesta di riconta dei voti in alcuni stati chiave, la votazione non ha riservato sorprese.
I nomi sopra citati hanno un atteggiamento in comune, la volontà di distruggere i risultati e l’eredità della presidenza precedente. È il trionfo del mega privato, degli uomini dell’oligarchia del dollaro, quella ristrettissima casta che Trump aveva promesso di combattere e distruggere in nome del populismo e dell’antipolitica. Nel gruppo una sola donna notoriamente amante dell’istruzione privata, sarà Ministro della Pubblica Istruzione.
\r\n  Ivanka Trump, figlia di Donald, bionda, ha preso posto negli spazi della Casa Bianca riservati alla First Lady, poiché l’attuale moglie del Presidente per ora resterà nella grandiosa reggia della Trump Tower nella V Avenue, decorata e riempita di stucchi dorati, mobili maestosi ed esibizione di ricchezza da incubo. “Finalmente, ha detto qualcuno, una vera signora come First Lady, non più una scimmia con i tacchi”. (N.B. Riporto questa frase per dovere di cronaca, senza alcuna condivisione).   
Presto i mega miliardari sopra citati compariranno nelle nostre cronache, tra poco l’Europa ed il resto del mondo saranno investiti dal ciclone Trump, che si servirà di loro per fare l’America di nuovo grande. Evidentemente, secondo lui, qualcuno l’ha rimpicciolita.
A questo punto ricordo che, riguardo all’impoverimento delle zone ad alta densità di fabbriche, Trump fece una solenne promessa ai lavoratori, la classe media bianca delle praterie: “Avete perduto il lavoro, avete perduto tutto, io vi restituirò le fabbriche”. Gente che si riteneva dimenticata e trascurata dalla precedente amministrazione ha creduto in lui, sebbene questa avesse esteso l’assicurazione malattia a 20 milioni di americani che l’hanno avuta per la prima volta in vita loro.
Trump promise di riportare negli USA le fabbriche delocalizzate in Asia. Ci può riuscire con gli sgravi fiscali, ma sarà interessante vedere come farà ad ottenere che i padroni rientrati negli USA assumano lavoratori umani e li retribuiscano come prima dell’espatrio, invece di installare robot che, silenziosi ed ubbidienti, svolgono lavori di centinaia di persone, giorno e notte.
Insomma per ora siamo ad una rivoluzione che dà potere politico a pochissimi ultraricchi, la oligarchia del dollaro, fatta in nome della democrazia, cioè del potere politico del popolo, in questo caso della classe media impoverita e senza lavoro.



 



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