L’AQUILA ADDIO. IL SALUTO DI UNO STUDENTE UNIVERSITARIO

 

 

 

E’ notte fonda. Un ragazzo universitario  ha terminato gli studi. Scrive di getto, di pancia, gli occhi stanchi, sta per andare via. Vi ricordate Miss Spotted a febbraio 2016 come si lamentava di noi? Bene, siamo di fronte ad un altro tenore di saluto, autentico nel suo andare avanti e tornare indietro,  sempre sullo stesso sito Spotted ” Univaq” – L’Aquila. Lo pubblichiamo integralmente, ci siamo permessi solo di sostituire i bip a qualche espressione. Gli auguriamo colori e fiori, forse un giorno tornerà qui con la sua futura famiglia. Noi, nel frattempo, rimaniamo a L’Aquila,  nell’età dell’attesa, aspettando la nostra città, un’Itaca che torna al suo Ulisse come lui,  nella sua trovata, e fino allora inconsapevole empatia,  ha perfettamente percepito.

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“L’Aquila, addio.

Sono arrivato a Settembre 2014. Non ti conoscevo, L’Aquila. Ignorante come ero, a stento sapevo che eri il capoluogo di regione dell’Abruzzo. Appena ho messo piede qui volevo andarmene. Durante il primo mese di prigionia aquilana, contavo i giorni che mancavano alla fine del mio percorso formativo… I giorni che mancavano ad oggi… a Dicembre 2016.

Incredibilmente, sono ancora qui e sto per andarmene. La nostra relazione si interrompe qui, ma come le più belle relazioni, ci siamo tanto odiati prima di amarci.

Ma partiamo con ordine… e con calma.

L’Aquila, dire che tu mi abbia amato è esagerato. Io si però… e l’ho capito solo ora. Per le persone che hai messo nel mio cammino; in quelle che ho incrociato nelle vie del centro, in via Salaria Antica Est, su viale Corrado IV, su Viale della Croce Rossa, al Tropical, all’Aquilone, alla palestra del Torrione, e così via.

Sono state tante le persone incontrate e non con tutte è finita bene. Ma bene o male ti ho vissuto intensamente, L’Aquila. Ero arrivato anche a percepirti come la mia casa nel 2015. Poi, pochi mesi fa, ho scoperto che non lo potevi essere. Ero convinto che fosse la tua città vicina, Roma. No, nemmeno lei…. nemmeno la mia Roma, dove mi rifugiavo per scappare da te, dalla tua banalità, dalla tua morsa che mi rendeva infelice come lo sono sempre stato da quando ho messo piede in questa città.

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MA… c’è un MA. Il 2016 mi ha insegnato molto.

Se c’è, fra le tante cose che il 2016 mi ha insegnato, una cosa più di tutte è stata importante per me e che mi ha destabilizzato totalmente è stato l’allontanarmi da tutto ciò che rappresentava il mio mondo: amicizie, ex ragazze -‘tacci tua, st’anno mi hai fatto ricevere una delusione al mese; assurdo… fanne do’ calcoli, lmt…- luoghi, situazioni, quotidianità ormai radicate nella mia mente, tutto.

Mi appresto al nuovo anno con una consapevolezza però: ho terminato il mio percorso formativo qui, dove MAI prima dell’Agosto 2016 avrei pensato, e sei stata fondamentale per la mia crescita come Uomo. E non parlo solo di crescita di barba e capelli.

Sono cresciuto tantissimo in questa città. Ve lo confesso: appena arrivato, nei primi mesi, ho visitato di nascosto moltissime case abbandonate, distrutte dal terremoto; ho conosciuto realtà assurde, viste solo in televisione durante la mia adolescenza filtrate da quella gran donna che è la D’Urso e bip vari.

Parlai con molta gente che aveva “subito” il terremoto. Ci sono stati sguardi che ancora oggi non dimentico…

Ho visto poi le macerie, ci ho camminato sopra, sentendo dentro di me un gelo, un freddo che mi ghiacciava il cuore, e non la pelle. Non sapevo minimamente cosa fosse un terremoto, e per fortuna non lo so ancora, ma so le conseguenze che ha sulle persone. Ed è stato massacrante conoscerle.

Ho conosciuto tantissime storie di dolore, di solitudine, di persone che hanno perso TUTTO.

Perdonatemi se quando mi raccontavate, non ho saputo mai cosa dire, se non avevo risposte, se vi guardavo con un’aria da pesce lesso senza dire nulla.

Stavo male anche io, soffrivo nel ricostruire nella mia mente i vostri racconti.

È stata la prima volta in cui il mio cervello ha smesso di pensare al mio bip e si è soffermato “sull’altro”, sulle persone intorno. E credetemi Aquilani, a volte ho pianto nell’ascoltare molte vostre storie -che dovevo conoscere per motivi lavorativi- ma che mi hanno fatto stare spesso con una faccia persa nel vuoto, persa nelle vostre parole e nelle immagini che ricostruivo da me nella mia testa.

Però non l’ho mai detto a nessuno questo.

Vorrei aver fatto di più in questi anni per L’Aquila, ma me ne vado con un concetto della città totalmente cambiato; pronto a difendere questo luogo da tutte le persone che lo deridono o lo insultano dicendo “che città de bip”, perché so che non è una città di bip. Ma manco per il bip.

Si, alla tenera età di 23 anni, L’Aquila, nel 2014, mi hai insegnato a essere meno egoista.

Infine ho visto i cantieri che hanno costruito di più in questi due anni che son stato qui, che in cinque anni (dal 2009 al 2014) prima che arrivassi nella città; ho visto spuntare palazzi come funghi, edifici uno dopo l’altro riprendere vita e colorare le vie della città.

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L’Aquila ha tutto quello che dovrebbe avere una città, con i pregi dei luoghi di montagna, ma senza i difetti (tranne quando si gelano le strade, le macchine… lmv).

É vicina ai monti, alla neve, ai luoghi più romantici che ci possano essere in Italia.

È completa, avete tutto… o quasi.

E una cosa che ho riscontrato l’anno scorso con un’indagine sociologica sui giovani a L’Aquila, è che molti aquilani… non vogliono andarsene da qui. Come diceva il titolo di una mostra fotografica sui giovani aquilani condotta giusto un anno fa… “L’Aquila, il mio futuro è qui”.

L’Aquila, hai ‘sto bip immenso nel sapere che molti giovani ti vedono come il luogo dove crescere, sposarsi, invecchiare e vivere appieno la propria vita.

Se si dovesse rifare la stessa indagine in altre città (per esempio in una a caso… Lecce!) possiamo notare l’esatto opposto. E ve lo dico da leccese.

Le persone amano questo posto, ve lo ripeto, avete un bip pazzesco.

Noi amiamo la nostra città ma sogniamo un futuro lontano dalla nostra terra.

E poi c’è una frase che è stata nella mia testa per oltre due anni e mezzo.

Una ragazza (di cui non so niente, nè nome nè altro… tranquilli, non la sto “spottando” :D) una volta mi disse testualmente (cito l’intervista e ho ancora il file audio originale):

“IO HO SEMPRE DETTO CHE L’AQUILA SARA’  L’ORIZZONTE DELLA MIA VITA. Da vecchia voglio fare la vita che mia nonna fa qua, a L’Aquila, seduta in piazza, a chiacchierare con le amiche. Alla puglietta, come si chiama a L’Aquila, che è la parte assolata della piazza.”

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Chiunque tu sia, voglio che tu sappia che questa è stata una delle frasi più belle in assoluto che ho sentito in questi anni sulla città. Grazie.

Credetemi, sono sempre stato un superficiale del bip. Sempre. A volte insensibile e strafottente, menefreghista ed egoista. Ma sono sincero nel dire che voglio che questa città rinasca, e ci credo fortemente. So che diventerà bellissima. Ha un potenziale pazzesco.

E se un giorno dovessi avere una famiglia mia, vorrei portare qui mia moglie e i miei figli e vorrei commuovermi nel vedere una città NUOVA, ricostruita, COMPLETA.

Vorrei poter vedere via XX Settembre, le vie del Centro, i palazzi non più distrutti della zona rossa e dire: “a Dicembre 2016, quando me ne sono andato, ti sognavo così. Mi avresti reso la permanenza più figa lo ammetto, ma non mi avresti insegnato tutto quello che so ora”.

Ti odiavo L’Aquila, ma ora non più.

Grazie, e a presto.

PS: scusate, ma ci tenevo troppo a scrivere questa “dedica”. So che è lunga, ma oh, questo pensavo. E mi sono anche dovuto contenere. Grazie in anticipo a chi la leggerà tutta fino alla fine.

PPS: scusate gli errori, ma è notte fonda mentre sto scrivendo ‘sta dedica con un occhio chiuso e uno aperto 😀

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le foto in bianco e nero sono di Stefano Di Scipio



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