Una zona economica speciale per rilanciare l’economia aquilana

 

 

 

“Una zona economica speciale per la provincia dell’Aquila. Il ricorso all’Obiettivo 1, già sperimentato in passato, o ad altre forme di agevolazione “ad hoc” per rilanciare sviluppo e occupazione nel territorio”.

E’ la richiesta all’Unione Europea, emersa dal Tavolo delle categorie produttive che ha lanciato, nelle scorse settimane, la Vertenza aree interne.

L’idea è quella di lanciare una proposta concreta per evitare lo spopolamento del nostro territorio e per portare nuove iniziative imprenditoriali e di investimenti, che abbiamo una ricaduta occupazionale. Passaggio che non può prescindere, secondo i rappresentanti del Tavolo della categorie produttive “da una politica mirata a favore delle aree interne, che preveda risorse, tempi certi di erogazione delle stesse, individuazione della tipologia di intervento e servizi, anche infrastrutturali. Politica che si traduce nell’individuazione di misure specifiche per la provincia dell’Aquila, che possono essere l’Obiettivo 1, piuttosto che la zona franca o una zona economica speciale”.

“Anche il commercio”,  commenta Celso Cioni (Confcommercio) “segue un trend negativo, in una provincia fortemente penalizzata dall’emergenza sisma. E’ necessario mettere in campo strumenti di accompagnamento che, sulla scorta del bando Fare centro, incentivino l’apertura di nuove attività e il reinsediamento nei centri storici”.

Nel corso della riunione, i sindacati hanno fornito i dati relativi all’effetto-sisma e alla crisi occupazionale: in tre anni, in provincia dell’Aquila, si sono persi 16mila posti di lavoro. Nel 2008 l’export, in provincia, rappresentava il 20,5% del dato regionale. Nel 2016 la soglia è scesa al 5,6%. Nel 2012 gli occupati erano 124mila. Al 31 dicembre 2014 il dato è sceso a 107mila (-17mila occupati); a fine 2015 è salito di pochissimo, a 108mila. “Quello che sta accadendo all’Aquila”, hanno detto i sindacalisti Trasatti, Sangermano e Ciuca, “è un caso unico in Italia e come tale va trattato. Non si può pensare di utilizzare strumenti ordinari. Il territorio vive una fase particolare che necessita di una strategia mirata e di specifiche misure di accompagnamento”.


 



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