La palma benedetta nelle contrade aquilane della valle dell’Aterno. La Domenica delle Palme.

 

 

 

 

Testo e fotografia di Vincenzo Battista*

Ocre, valle dell’Aterno. "Palma benedetta che vieni una volta l'anno sammi dire se muoio quest'anno; se muoio fai tre zumpetti e se no statti fitta…". La palma e il fuoco si danno appuntamento e incrociano i “destini”, secondo la tradizione popolare, il giorno della Domenica delle Palme (conclusione del lungo periodo quaresimale iniziato con il mercoledì delle Ceneri), nell'antico rituale domestico, popolare, solitario ad Ocre, che sembra guardare indietro, tanto da evocare i simboli dell'immortalità, gloria e vittoria della Dea Palmaris: i riti propiziatori romani a cui gli eroi si sottoponevano, nei templi, avvolti dai fumi delle spezie aromatiche e dalle litanie di buon auspicio delle ancelle e dei sacerdoti officianti le cerimonie. La palma benedetta e il fuoco, il bene e il male secondo l'usanza rituale della tradizione nella frazione di Valle, comune di Ocre, valle dell’Aterno, si affrontano in una prova: verdetto che stabilisce la vita e la morte, la misura dell'esistenza umana affidata al passaggio temporale di questa ricorrenza, al dinamismo di un'azione e al suo epilogo.

"La Domenica delle Palme – raccontava Angelina Castellani nella frazione di Valle - si prendono due foglie di palma benedetta dell'anno precedente ormai secche. Si riuniscono fino a formare una croce e si gettano al camino o alla stufa. Se si sta zitta la palma, non zampetta e non crepita, significa che si vive ancora un altro anno; invece, se fa rumore, se crepita, allora arriva la morte . . .mentre se la giornata è chiara, l'annata agricola sarà buona, ricca di raccolti; se invece sarà piovosa, ci sarà un'estate asciutta, magra, scarsa di raccolti ( Fontecchio)".
La domenica dell'ulivo la pianta, sacra per il suo senso allegorico di mansuetudine, misericordia, è affidata al rito familiare del vessillo di pace così come si racconta in alcuni passi delle Sacre Scritture. L'ulivo è preparato, intrecciato con nastri, infine conservato dentro il perimetro della casa poiché la protegge. Scambiato, regalato per formare grandi croci e ricordare così nella Chiesa il trionfale ingresso di Gesù osannato dalla folla, con i mantelli stesi a terra, e i rami di ulivo agitati come vuole soprattutto la grande pittura Trecentesca che esalta la rappresentazione dell'evento "Entrata di Cristo in Gerusalemme". L'ulivo è luce divina, sapienza, raffigurato appunto negli affreschi: rigenerazione, castità e prosperità, significati che ritroviamo nelle tradizioni ebree, cristiane e musulmane almeno per questo, non in lotta tra loro.

La scheda.

Simbolico Albero della Vita, la palma, tra cielo, terra e inferi ( così rappresentata), si nutre della linfa dell'universo, simboleggia Cristo. Alla pianta sono attribuite virtù miracolose specialmente contro i temporali, le grandini devastanti i primi germogli, fino all'Ufficio funebre inteso da un residuale mondo contadino che lo custodisce: "Il rametto della palma - continua il racconto di Angelina Castellani, scomparsa nel 2007 - si conservava nelle case e ognuno lo portava alla veglia del morto, lo bagnava dentro l'acqua, con un segno di croce benediceva il defunto", come nel sarcofago di Giunio Basso del 359, conservato nelle Grotte Vaticane. Giotto, ( Cappella degli Scrovegni, Padova), e Pietro Lorenzetti (Basilica del Santo, Assisi), entrambi, dipingono “ L’Entrata di Cristo a Gerusalemme”; mentre i greci offrivano la palma ai vincitori dei giochi o ai guerrieri che si distinguevano nelle imprese militari.
La palma nell'antichità invece è sigillo di gloria, "bene supremo degli uomini" narra Pindaro, poeta lirico greco (518 - 438 a.C.) nella prima delle sue Odi dedicate alle competizioni olimpiche, e punto di riferimento delle grida di tripudio delle folle acclamanti, benedicenti; simbolo di vittoria e proiezione delle qualità personali, fisiche e quindi morali; mito dell'immortalità poiché proveniente da un regno vegetale che secondo gli stessi greci era il "principio", l'origine dei tempi più remoti, quando l'uomo e la natura s'incontrarono.

Da simbolo pagano la palma divenne dunque Albero della Vita per i cristiani, "disegno spirituale" delle prime iconografie nelle miniature, si espande con le sue fronde. E' segno distintivo, ancora, nel martirio dei santi del Cristianesimo. La palma di resurrezione tenuta in mano, mostrata, di nuovo torna come sigillo, ma in questo caso di un destino crudele cui erano andati incontro i martiri che trovarono la morte nella "missione" spirituale, per la fede.

Docente di liceo e scrittore*

Le immagini. Angelina Castellani nella sua casa a Valle di Ocre.


 



Condividi

    



Commenta L'Articolo