La Festa del Corpus Domini tra Storia e Poesia

 

 

- di Giuseppe Lalli -

Il giorno del Corpus Domini, ad Assergi, fino a qualche decennio fa, alla messa del mattino seguiva una processione che, muovendo dalla piazza, si snodava lungo le vie del paese costeggiando le mura di cinta dell'antico castello.
Dalla "strada ritta" si attraversava "ju post na porta" per arrivare fino alla "Pisterola" e alla "Port ju coll", sfiorando la "Cimosca" e ridiscendendo per le scalette della "Costa" , fino a rientrare alla Chiesa passando per la "Porta Ranna".
Un piccolo inciso.

La "Pisterola" è una località nei pressi della porta del Colle così chiamata perché,  secondo quanto tramandato dalle passate generazioni, in quel punto, dove sorse una piccola edicola dedicata alla Madonna, per intercessione della Vergine, si sarebbe arrestato il contagio della peste (da qui il nome) che colpì il nostro borgo sul finire del 1700. Si tratta di una delle tante pestilenze che nei secoli passati funestavano periodicamente la vita delle comunità. Le più note furono quella del 1348 (la peste nera), che colpì particolarmente Firenze e quella del 1628 (di manzoniana memoria), che colpì il Milanese. Non sarà un caso che entrambe queste sciagure collettive fecero da sfondo a due capolavori della letteratura italiana quali "Il Decamerone", (1300), e "I Promessi Sposi", quella (1600), a riprova del fatto che la sofferenza è il miglior carburante della creazione artistica e poetica. Le ricostruzioni prendono l'avvio sempre dal cuore...
Per tornare alla processione del Corpus Domini, c'è da ricordare che lungo il percorso, dalle finestre, pendevano coperte dai mille colori, mentre le bambine gettavano sulla strada petali di fiori raccolti in eleganti canestrini. Era l'omaggio regale che dalle case si tributava a Gesù che passava nella forma di una bianca ostia che faceva bella vista in un ostensorio argentato che il sacerdote teneva nelle mani sotto un baldacchino portato da quattro uomini.
Suggestioni di un piccolo mondo antico, dove le feste religiose scandivano, insieme al ritmo delle stagioni, la vita della comunità e trasmettevano, insieme ai tesori del passato, i presentimenti dell'avvenire.
Nella poesia che segue, Franco Dino Lalli trae spunto da un vivo ricordo dell'infanzia (la processione del Corpus Domini) per comunicarci il senso profondo di una tradizione. Nelle parole di Franco Dino immagini e pensieri si fondono, passato e presente si rincorrono.
L'ostia bianca che naviga tra la folla come nave che solca il mare è il Cristo che si immerge nella storia degli uomini. I mille colori dei fiori sono i mille colori della vita. Lo sforzo per strappare i fiori è il lato opaco dell'esistenza che anela alla pace liberante dell'amore.
I poeti, come i mistici, sanno andare all'essenza delle cose senza attardarsi sulle lungaggini del ragionamento. Le loro visioni sono frutto di una febbre, non si sottomettono alle freddezza della logica e usano le parole come le note di un pentagramma.
C'è nelle parole di Franco Dino una musica che viene da lontano, senza tempo e senza luogo, una musica che ci parla dell'uomo e di Dio, una musica che ci avvolge senza soffocarci.
Sentiamola.

Corpus Domini.

Fioriranno l'asfalto e il selciato
di un manto di fede e di fiori
nel giorno in cui il sole
si perderà sulla terra
in un gioco di odori e colori.

Si animeranno vicoli e strade
e la gente affannata
traccerà simboli di luce
su cui un ostensorio d'argento
navigherà come una barca su un fiume.

Primavera,
abbiam rubato i tuoi fiori
con le mani che quasi fan male,
abbiam strappato petali di sole
alla ginestra montana,
ai lillà i fragili calici,
ai papaveri il vino fumoso,
alle acacie spinose i grappoli di neve...

E questo fiorire di strade e di muri
durerà soltanto un momento,
il tempo di un semplice andare,
poi tutto sarà calpestato e svanito,
ma tu, primavera, torna a farci fiorire
con il simbolo della salvezza dell'uomo
che su questi fiori è passato.

(Franco Dino Lalli)

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