Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico - CNSAS ricorda il tragico anniversario

Ore 7:40 del 30 ottobre 2016, dove tutto finisce e tutto ebbe inizio. Una testimonianza del CNSAS Umbria, con loro in quei giorni diversi servizi regionali provenienti da tutta Italia.

"Eh no, non era finita. Mancava il colpo di grazia. Alle ore 7:40 del 30 ottobre veniamo svegliati da una violenta scossa di terremoto.

I telefoni squillano all’impazzata, le notizie che arrivavano sono sconcertanti, si parla di paesi rasi completamente al suolo, di ponti e strade crollate e la zona dell’epicentro è sempre la stessa.

Immediatamente organizziamo le squadre dei soccorritori umbri che si mettono subito in moto. Intanto la Centrale Regionale 118 ci manda la prima richiesta per una persona rimasta sotto alle macerie della propria abitazione nella frazione di Forca Canapine nel Comune di Norcia. Viste le condizioni della viabilità, decidiamo subito di far decollare l’elicottero del 118 Icaro02 con a bordo un medico anestesista rianimatore e un tecnico di elisoccorso del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico - CNSAS. Date le prime disposizioni, decidiamo di partire in direzione Norcia, con noi altri soccorritori del Soccorso Alpino e Speleologico di altre Regioni.

Col passare dei minuti le richieste di intervento da parte della Centrale Operativa 118 si accavallano l’una con l’altra. A Norcia e tutte le frazioni risultano isolate perché sulla Valnerina sono cadute molte frane. Non si segnalano vittime ma solo molte richieste di soccorso per persone colpite da malore a causa dello spavento per la violentissima scossa. Arriviamo a Norcia con qualche problema a causa dei molti crolli sulle strade e installiamo subito il nostro Centro di Coordinamento dei Soccorsi perché anche il Centro Operativo Comunale è inagibile.
Sui volti della gente c’è la disperazione, il clima che si respira è disarmante, le persone sembrano in uno stato catatonico, dopo due mesi di scosse, e quando pensi che sia finita,ne arriva una più forte di tutte, la più forte degli ultimi 30 anni e devi ricominciare tutto da capo.

Non possiamo lasciarci coinvolgere.

Molte frazioni di Norcia sono ancora isolate e devono essere raggiunte, anche a piedi se necessario. Il nostro tecnico dell’elicottero del 118 Icaro02 di ritorno da una missione di soccorso ci segnala che sulla piazza di Castelluccio ci sono una ventina di persone e che la maggior parte delle abitazioni sono crollate. Decidiamo subito di mandare una squadra a bordo di un fuoristrada, ma la strada non c’è più, dobbiamo cercarne una alternativa.

Nel frattempo le richieste di supporto da parte della centrale operativa 118 sembrano diminuire ma aumentano invece le richieste di aiuto per gli abitanti delle frazioni isolate per l’approvvigionamento di beni di prima necessità e, in molti casi, per evacuarli da quei posti non più abitabili. E’ una corsa contro il tempo, la terra continua a tremare sotto i nostri piedi. Percorriamo le strade sempre con uno sguardo verso l’alto, cerchiamo di non pensare che quei massi in equilibrio precario potrebbero staccarsi da un momento all’altro. Intanto le ore passano e ancora nessuna risposta dalla nostra squadra in ricerca della strada alternativa per Castelluccio. Decidiamo quindi di optare per l’elicottero.

Di concerto con il Dipartimento della Protezione Civile chiediamo un elicottero del reparto volo della Guardia di Finanza che, con a bordo i nostri tecnici, trasporterà beni di prima necessita a Castelluccio. Completiamo gli interventi a notte fonda, poi rientriamo a Norcia, un pasto caldo nel parcheggio diventato la nostra base e via a riposare nei mezzi. È freddo e cala la nebbia, con l’imbrago ancora in dosso, siamo tutti lì, 70 tecnici schierati, in attesa, la felicità per il fatto che il terremoto più forte degli ultimi 30 anni non ha mietuto vittime, lascia il posto ad un misto di apprensione e angoscia, la viabilità non esiste più, molte frazioni si raggiungono con difficoltà, la stessa strada per Norcia è franata in più punti e potrebbe succedere ancora. Siamo uomini e donne di montagna, sappiamo che lassù tra i monti devastati e irriconoscibili dopo l’ultima feroce scossa c’è un mondo, fatto di uomini e animali che non sono riusciti a scendere a valle e che potrebbero aver bisogno di noi.
Negli oltre 50 giorni di emergenza la nostra casa è stato il camper parcheggiato sempre lì, nel parcheggio che sarebbe diventato poi il Centro Operativo Avanzato Regionale della Regione Umbria.

Abbiamo inventato strade ogni giorno diverse per arrivare nelle frazioni isolate. Abbiamo raggiunto ogni giorno Castelluccio, con molte difficoltà, approvvigionando uomini e animali di cibo, medicinali e generi di prima necessità, accompagnandoli fino all’ultimo giorno di permanenza. Abbiamo recuperato quel poco che potevamo dalla loro Chiesa e dalle loro case e trasportato a valle le poche cose che gli erano rimaste. Ci siamo inventati contadini e pastori per aiutarli a recuperare le loro attrezzatture e i loro prodotti, a caricare animali nei camion ed a transumare a valle pecore, cavalli e vacche. Abbiamo accompagnato giornalisti, politici e tecnici fin lassù, per dare voce alla disperazione della gente, visibilità ad un luogo a noi familiare e speranza alla ricostruzione. Abbiamo vigilato sulle montagne a noi tanto care, abbiamo controllato i “nostri” sentieri e i “nostri” rifugi, abbiamo sfornato ogni giorno un pasto caldo per chi lavorava al COAR di Norcia, fino al 20 Dicembre, quando anche l’ultimo abitante ha lasciato Castelluccio e a Norcia sembrava si fosse ricreata una certa normalità. Quando arrivò l’emergenza neve, eravamo provato, stanchi, ma ancora una volta pronti ed operativi.

In questo lungo anno il legame con il territorio e le persone si è rafforzato, perché dall’emergenza, poi, siamo passati all’urgenza: quella delle persone di questi luoghi che devono tornare a vivere.

Quando è arrivata la primavera, abbiamo portato studiosi che dovevano sondare faglie e depressioni, mentre raccontavamo loro come la terra non avesse mai smesso di tremare ed i nostri telefoni squillare: le persone avevano bisogno di sentirci, fosse anche solo per essere tranquillizzati. Gli agricoltori erano tornati a seminare, ma con le strade ridotte in quel modo e le ditte a lavorarci, bisognava garantire un presidio di emergenza per soccorrere eventuali necessità, soprattutto quando la strada per Castelluccio è stata riaperta per dare un po’ di respiro ai ristoratori che potevano così accogliere i turisti.

Nel frattempo abbiamo effettuato anche operazioni insolite: aiutare una vacca a partorire, tubi dell’acqua da riparare, mezzi agricoli da recuperare dalle macerie E mentre non mancava mai la nostra presenza e supporto lassù, gli interventi in ambiente impervio continuavano senza sosta. In un anno di sisma e post sisma ne abbiamo quantificati oltre cento.

Ora è tornato l’autunno, il freddo, di nuovo sarà la neve. Noi siamo ancora qui come le aquile a vigilare dall’alto questa, ormai nostra, gente che sta riprendendo lentamente la sua vita, faticosamente e dignitosamente, pronti a scendere in picchiata per intervenire in caso di necessità.

Ci chiedono il perché di questo legame. Noi quelle montagne le conosciamo palmo a palmo: sono i luoghi dove ci addestriamo da sempre e dove più spesso interveniamo per soccorrere. È dove respiriamo quell’odore familiare, quello di casa nostra"


 



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