Le rivelazioni del Vaticano sui 100 viaggi del pontefice tra i boschi e per sciare

Una sagoma bianca che punteggia il verde rigoglioso delle montagne abruzzesi o il provetto sciatore che sfreccia in incognito sulle piste innevate. Tra gli avvistamenti veri o presunti del pontefice c’è di sicuro la conferma che papa Karol Wojtyla è stato in Abruzzo almeno un centinaio di volte. La rivelazione arriva da un ex ufficiale della gendarmeria del Vaticano, marsicano d’origine, che preferisce mantenere l’anonimato. È stato il più stretto collaboratore di Camillo Cibin, l’“angelo custode” del papa.
 Le incursioni private in Abruzzo non sono mai state improvvisate. Ogni viaggio veniva preceduto da sopralluoghi accurati da parte della gendarmeria, il tutto coordinato da don Stanislao Dziwisz, segretario particolare del papa.
 La scelta di fiducia sull’accompagnatore marsicano è stata motivata dalla riconosciuta riservatezza e dalla sua passione per la montagna: ottime qualità di sciatore e di rocciatore.
 S. PIETRO DELLA JENCA. Quello che il 18 maggio diventerà ufficialmente un santuario, anni fa era una chiesetta abbandonata e malcurata. Fu l’ufficiale marsicano della Gendarmeria a notare per primo quel luogo isolato. «Venivamo spesso nella valle sotto il gruppo del Gran Sasso», ricorda, «e la prima volta a San Pietro della Jenca vidi questa chiesetta abbandonata e piena di mucche che pascolavano. Pensai che poteva essere il posto ideale, perché riservato, per fare un pranzo dove fermarci dopo le passeggiate in montagna. Accanto a lui c’era il teologo di Cracovia, monsignor Taddeus con il quale disquisiva per ore. Scoprimmo la prima volta questa chiesetta e ci tornammo varie volte. Il papa era innamorato dell’Abruzzo, ma anche il segretario don Stanislao lo spronava per tenerlo sempre su di morale. A mangiare a fianco alla chiesetta, sul prato verde punteggiato di margherite, ci fermammo almeno 4 volte. Allestivamo una piccola cucina e noi gendarmi ci mettevamo ai fornelli. Il venerdì non mancava mai il pesce cucinato al fornello. papa Wojtyla gradiva un antipastino e un pesce cotto. Non era un gran mangione, spizzicava e di sicuro non era un gran bevitore, anzi. Una volta, ma non era venerdì, recuperai un buon abbacchio che il papa gradì molto».
 IL PASTORE. «Un giorno, mentre scendevamo dal monte Jenca, sulla valle del Chiarino», rammenta, «il papa fece fermare l’auto e abbassò il finestrino. Un pastore si trovò davanti il pontefice e non riusciva a spiccicare parola. Il papa gli donò una coroncina nera del rosario. Lui corse a Camarda a raccontare dell’incontro, ma nessuno gli credette».
 L’ANGELUS SULLE PISTE. Un episodio significativo è avvenuto sulle piste da sci della Magnola, a Ovindoli, ma qualche volta si è ripetuto anche altrove. «Mentre sciavamo a Ovindoli», ricorda l’ex ufficiale, «all’improvviso il pontefice si fermava, si appoggiava al bastoncino da sci e recitava l’Angelus. Era così che mi accorrgevo che era mezzogiorno».
 IL MAESTRO DI SCI. Sulle piste a monte della Valturvema il papa era un habitué. «L’Anfiteatro era la sua pista preferita», continua il racconto, «e un giorno mi sono imbattuto in un maestro di sci di Celano, Enrico Ranalletta, che conoscevo benissimo. Eravamo fianco a fianco, ma io ero bardato con il passamontagna e neanche il Papa era riconoscibile. Stavano sciando e il papa, guardandolo mentre faceva lezione, mi disse: «È un bravo maestro».
 IL BAMBINO. Un ragazzino riconobbe il santo padre e gli urlò: «Tu sei il papa». «Si sparse la voce», ricorda l’ex componente della gendarmeria, che è un ottimo sciatore, «e così imboccai la Vetrina, una pista abbastanza ripida, con il papa che mi veniva dietro a razzo. Il bambino filò via verso il piazzale del Canalone a dare la notizia, ma io avevo preparato una via di fuga. Avevo fatto parcheggiare l’auto nel piazzale della Dolce Vita (pista a valle ndr). Arrivammo io, il papa e il segretario e andammo via in auto». A Ovindoli nessun abbonamento omaggio. Ogni volta venivano acquistate regolarmente le tessere e il gruppo al seguito del pontefice iniziava a sciare. «A Campo Felice», aggiunge, «mi mettevo d’accordo con Federico Iacovitti e cercavamo di andare sulle piste meno affollate. Una volta ne è stata riservata una solo per noi, ma è stato un caso. Il papa ha imparato a sciare in Polonia. Dal punto di vista tecnico-atletico aveva uno snodo di caviglie e di gambe notevoli. Solo in un paio di volte ricordo che il pontefice è caduto, ma è normale anche per i migliori sciatori. A Campo Imperatore non andavamo sulla Scindarella, ma a Montecristo sì, almeno una volta. Altre volte con il gatto delle nevi siamo stati in una valletta a Sant’Egidio, subito dopo l’incrocio di Campo Imperatore. Le piste venivano battute con il gatto delle nevi. Qualcuno dei nostri accompagnatori stupidamente iniziò a parlare e così cambiammo destinazione. Tante volte abbiamo sciato intorno a San Pietro della Jenca, soprattutto quando era tutto ghiacciato».
 L’OPUS DEI. Il papa spesso era ospite dell’Opus Dei, nel centro di San Felice d’Ocre. Si è fermato a Villa Torlonia a Ovindoli, al centro Elis. Il pontefice era molto legato all’Opus Dei.
 IL TRAFFICO A CELANO. Un momento di preoccupazione a Celano, dove il papa è transitato quasi sempre per salire a Ovindoli. Una volta, in piazza IV Novembre, l’auto fu costretta allo stop forzato a causa della sosta in doppia fila e al traffico conseguente. Nessuno se ne accorse.
 VILLAVALLELONGA. «Andammo nella Vallelonga per don Gaetano Tantalo», fa sapere l’ex ufficiale, «e il papa non lasciava mai il suo abito bianco. Amava passeggiare sui prati; un allevatore di cavalli si accorse della sua presenza e portò la notizia in paese. Quando uscimmo trovammo un po’ di gente ed è stato l’unico episodio in cui fummo scoperti. Va detto però che quello fu l’unico luogo senza via d’uscita alternativa».
 IL PARCO. Karol Wojtyla è stato ospite del rifugio del Diavolo nel parco nazionale. A Scanno, grazie al riserbo complice di don Carmelo, il pontefice si fermò all’ostello Prato rosso, a passo Godi, proprio dietro monte Godi. Rimase estasiato del panorama incantevole offerto dalla Camosciara.
 IL CAI DI TERAMO. Dai sopralluoghi preventivi non sfuggiva nulla e quando il papa arrivava non c’era mai nessuno in giro. «In Val d’Aosta, esattamente in Val d’Aiasso», rammenta l’ex gendarme, «ci eravamo fermati a mangiare e a un certo punto la polizia mi chiamò: “Ci sono 5-6 persone che devono transitare”. “Di dove siete?” chiesi al gruppo. “Del Cai di Teramo”, la risposta. “Stiamo facendo delle prove sui sentieri con dei sensori, se passate ci muovete tutto” li pregai. Furono gentili e andarono via. Incontrai uno di loro qualche tempo dopo, mi riconobbe e mi disse: “Lei è quel signore che ci mandò indietro e poi venimmo a sapere che c’era il papa”.
 ALTRE VISITE. Wojtyla fece tappa al rifugio Saifar, tra Tagliacozzo e la Santissima Trinità, poi sull’altopiano della Renga, dove 3-4 volte fu sorpreso da acquazzoni fortissimi e si riparò sotto una tenda. Ai piani di Arano andava d’estate per passeggiare. In autunno viaggio immancabile sui prati della Valle del Ceraso a Tornimparte ad ammirare uno spettacolo di colori, dal giallo paglierino al rosso acceso, e i cavalli al galoppo.

 



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