''SPORCHIAMOCI MANI DI FRONTE A SFIDE'', MESSAGGIO NUOVO RETTORE SAN BERNARDINO

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“Sporchiamoci le mani come il buon samaritano, troviamo il coraggio di osare non rimaniamo immobili di fronte alle sfide che la vita ci consegna”.

È il messaggio di rinascita che vuole lanciare a tutti gli aquilani il rettore della Basilica di San Bernardino, Padre Daniele Di Sipio, originario di Orsogna (Chieti), da sempre vicino al capoluogo abruzzese, in cui nonostante le ferite ancora aperte del sisma del 2009 “si respira un’aria di rinnovamento”.

Di Sipio, per tutti Fra’ Daniele, quel 6 aprile di 9 anni fa si trovava all’Aquila e ha deciso di restare in città per sostenere i cittadini, per aiutarli nel momento forse più difficile: il post-terremoto.

A guardarlo sembrerebbe un “Sant’Antonio” per la sua corporatura, ma nel parlare con AbruzzoWeb Fra’ Daniele si mostra semplice e allo stesso tempo un frate rigoroso che, sull'esempio del suo fondatore San Francesco, propone con umiltà e spirito evangelico una via spirituale per la città. Partendo dalla coscienza di ogni aquilano.

Chi era Padre Daniele prima di essere sacerdote?

Ero un ragazzo come tutti. Terminata la scuola, la mia famiglia aveva investito denaro per un'attività per cui mi dedicavo a tempo pieno. Avevo anche una ragazza, dei sogni da condividere. Ero molto vicino all’ambienteecclesiastico e mi definivo un cattolico praticante. Poi per un certo periodo ho cominciato ad essere critico su alcune posizioni della Chiesa e quindi come capita spesso ai giovani ho cominciato a provare attrazione e repulsione verso ciò che essa ci propone.

Poi sente una chiamata.

Un giorno mi capitò tra le mani un fascio di fogli dove ad un certo punto lessi la frase 'Dio non esiste'. Esclamai a gran voce che non era affatto vero. Così ho sentito dapprima la chiamata di Gesù e il desiderio di seguirlo nello stile di vita di san Francesco. Tuttavia non sono diventato subito frate francescano, ma compiuti gli studi teologici al seminario di Chieti, sono stato   ordinato sacerdote diocesano e dopo alcuni anni sono entrato a far parte dell’ordine dei frati minori. Questa scelta nel lasciare tutto e tutti per seguire Cristo e il poverello di Assisi, è stata vista da molti come una pazzia e questo mi ha fatto soffrire ma non desistere.

Quant'è difficile vivere il messaggio di Cristo e di San Francesco in un mondo preso dal consumismo, dalle nuove tecnologie e dalla frenesia?

Premetto che Cristo è il sole e Francesco è la luna. Se un credente accoglie questa verità, cioè che Cristo per primo illumina tutti, accoglie anche il messaggio di Francesco. Un frate mi diceva sempre che Francesco è un santo più da ammirare che da imitare, perché quello suo è stato un messaggio molto forte ed inizialmente incompreso. Ciononostante continua ad affascinare tutti, credenti e non perché anche in un mondo caratterizzato da uno sfrenato consumismo e da un esasperato individualismo San Francesco ci richiama all’essenzialità e sobrietà.

Veniamo alla notte del 6 aprile 2009, da quel momento forse qualcuno credeva soltanto nel buio della morte. La fede, in questi casi, sembra un concetto vano.

In molti hanno detto dove fosse Dio in quella terribile notte. Continuo a chiedermi, a distanza di anni, dove sia stato l'uomo con le sue responsabilità. Sono cadute case e sono morte troppe persone, il nostro campanile vacillava, parte del convento è crollato e anche noi frati abbiamo quasi sfiorato la morte. La fede, in questi casi, è l’unica vera risposta del credente di fronte alla schiacciante realtà della morte e alle domande di noi sopravvissuti.

Tuttavia, dopo un periodo di trasferimento, lei è tornato all'Aquila, stavolta come Rettore di una Basilica importante come quella di San Bernardino. Con quale realtà si deve confrontare oggi L'Aquila?

Innanzitutto tengo a precisare che la Basilica di San Bernardino non è un museo, bensì un luogo di culto. Questo aspetto va rimarcato. Siamo abituati a vedere una città-museo, dove molti turisti scattano fotografie a non finire. Non metto in dubbio che il turismo serva per contribuire al buon andamento econmico di una città, ma bisogna anche pensare che dentro le pietre di una chiesa, sui marmi della tomba di San Bernardino c'è un messaggio teologico stupendo.

Ci vorrebbe oggi all’Aquila un altro San Bernardino. Dovrebbe oggi L’Aquila riscoprire la grandezza di una figura come quella di San Bernardino?

Certamente, già San Giovanni da Capestrano diceva che come Assisi aveva San Francesco e Padova Sant'Antonio, così L'Aquila doveva avere San Bernardino. Questo umile santo, instancabile messaggero di Cristo, era giunto all'Aquila per portare il suo messaggio di pace. E quì trovo la morte nel 1444. Sin da subito gli aquilani cominciarono a costruire con tanta dedizione, quella che poi sarebbe diventata la nostra Basilica.

Ma oggi, mi chiedo, gli aquilani in primis hanno capito il vero significato della loro storia? Non dimentichiamo che, oltre a San Celestino V, abbiamo anche il corpo incorrotto di San Bernardino: questo non è gossip, ma devozione.

Come rettore quindi cosa si augura per la nostra città?

È stato fatto tanto per incrementare la movida in centro, aprendo ad esempio locali d'intrattenimento. Ma c'è bisogno anche di guardare la dimensione spirituale dell’uomo. Da maggio 2017 la nostra è divenuta un'unica provincia religiosa che va sotto il nome di San Bonaventura e riunisce le regioni de Lazio e dell'Abruzzo.

Il nostro Capitolo provinciale ha deciso sin dal primo istante di intervenire sull'Aquila in quanto città ferita. Noi come frati ce la stiamo mettendo tutta: anche l'Arcivescovo Giuseppe Petrocchi ci ha espresso profonda gratitudine per questo.

Abbiamo in programma molte attività, i nostri confratelli Padre Fabio e Padre Francesco, che si dedicano in modo particolare alla pastorale giovanile proponendo anche momenti di preghiera comunitaria e celebrazioni liturgiche. 

Certo bisogna ammettere che il centro storico è ancora per lo più disabitato e questo rimane un problema da superare. Ci auguriamo, quindi, che possa tornare a presto ad essere ripopolato e che la Basilica di san Bernardino torni ad essere per tante persone la chiesa dove ritrovarsi a pregare insieme.

In molti dicono che L'Aquila ora come ora stia ripartendo, ma ci vuole ancora troppo tempo. Il Vangelo c'insegna che se avessimo fede come un granello di senape, sposteremmo le montagne: vuole lanciare dunque un appello al popolo aquilano e alle istituzioni?

Mi sento di dire che come Chiesa stiamo lavorando molto. Persino Papa Francesco ha suggerito di essere 'Chiesa in uscita': la strada è in salita, ma ce la faremo. Guardiamo con speranza al futuro, soprattutto a quello dell'Aquila, dove bisognerà fare uno sforzo grande per far ripartire subito tutta la città. L’invito che mi sento di fare a tutti è proprio questo: sporchiamoci le mani come il buon samaritano, troviamo il coraggio di osare se necessario ma con onestà e sobrietà, soprattutto non rimaniamo immobili di fronte alle sfide che la vita ci consegna.

"Immota manet", ma non del tutto.

Esattamente, sì. Ricordandoci che la roccia su cui posare tutto è Cristo.



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