BRIGANTAGGIO AD ASSERGI NEL PERIODO POSTUNITARIO 1861-1870 Coinvolgimento del filettese Gambacurta

          BRIGANTAGGIO AD ASSERGI NEL PERIODO POSTUNITARIO
       (1861-1870). Coinvolgimento del filettese Enrico Gambacurta


- di Giovanni Altobelli -

 


Nel 1861, mentre veniva dichiarata “L’Unità d’Italia” e la parte meridionale del paese abbandonava il vecchio dominio “Borbonico”, in tutto il meridione nasceva il “Brigantaggio”. Il piccolo paese di Assergi era ancora privo di milizie regie. Il 9 settembre 1861 si verificarono alcuni episodi di brigantaggio. Il paese fu assalito da bande di briganti, armati di fucili e varie armi, che provenendo da Pietracamela, Isola del Gran Sasso, compirono saccheggi e devastazioni, gridando “Viva, viva Francesco II e morte ai Carbonari.!”. Alcune famiglie, fra cui quelle di Vito Carrozzi e Giovanni Sacco Mugnai, vennero derubate e le loro case devastate. Vi furono poi alcuni scontri fra la popolazione civile e i briganti in località “Pietra Guardia”, nella montagna fra Assergi e Filetto. Durante i saccheggi e le devastazioni a carico della popolazione civile di Assergi, alcuni cittadini parteciparono in complicità con i briganti, favorendone l’opera devastatrice e le ruberie varie. Sempre nell’anno 1861 furono arrestati Daniele Massimi, Enrico Gambacurta ed Eleuterio Faccia, accusati di favoreggiamento e complicità con i briganti durante i fatti accaduti ad Assergi. Fra il 1861 e il 1863, presso la Corte di Assise dell’Aquila si tenne il processo dei malfattori per brigantaggio. Daniele Massimi ed Enrico Gambacurta furono condannati a 10 anni di reclusione ciascuno e alla sorveglianza speciale, mentre il 28 novembre 1863 Eleuterio Faccia venne condannato ai lavori forzati a vita. Il filettese Enrico Gambacurta, nato a Filetto intorno al 1826 dal fu Giovanbattista, svolgeva la professione di falegname. Secondo quanto riferito da Don Demetrio Gianfrancesco nel suo libro :Filetto, Enrico Gambacurta era sposato con la vedova Domenica Faccia di Assergi. Qualche vecchio di Filetto racconta che Enrico Gambacurta abbia parteggiato da giovane a favore dei francesi contro gli spagnoli. Insomma ad avviso di chi scrive, pare che Enrico Gambacurta fosse un po’rivoluzionario. Don Demetrio Gianfrancesco racconta anche “Che il Gambacurta dopo aver espiato la pena a dieci anni venne scarcerato dopo il 1870”. Enrico Gambacurta era un appassionato cacciatore e chi scrive suppone che vendesse la propria selvaggina al mercato a L’Aquila. Durante un’escursione sotto Pizzo Cefalone, insieme a due amici di Assergi Giacobbe Giacobbe e Giambattista Lalli, mentre andava alla ricerca di nidi di aquile, Enrico Gambacurta cadde alle coste di una rupe sotto uno scrimone di Pizzo Cefalone. Morì l’8 luglio 1877, sfracellandosi sulle roccie sottostanti. Fu sepolto ad un lato della Chiesa di S. Maria dell’Assunta di Assergi. Secondo quanto riferito da Don Demetrio nel suo libro Filetto, “L’incidente della morte di Enrico Gambacurta diede origine ad un singolare proverbio assergese”, ripetuto amaramente dalla gente di Assergi, quando i cacciatori stanchi, a tarda sera, tornavano dalle montagne a carniere vuoto o con appena uno scarno pennuto. Rivolgendosi ai cacciatori, gli Assergesi solevano abitualmente dire: “Vo’ siete come Ricuccie Gambacurte, che pe’ nu passere s’ha morte”. Questi racconti dell’800, sono storie del passato, parte integrante della vita delle genti di una volta, che le future generazioni dovrebbero conoscere e non dimenticare…

Bibliografia: Filetto, Don Demetrio Gianfrancesco, Eco editrice, 1985; Archivio di Stato, Corte d’Assise, processi 1862-63
 



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