Roio Piano, un'estate diversa sfogliando l’album dei ricordi con l’amarezza in corpo

- di Fulgenzio Ciccozzi -

E sono 10. Sono passate 10 estati in cui il volto di un paese è cambiato. Agli schiamazzi dei ragazzi e all’allegro vociare della gente che riempivano quei vicoli, quelle aie e quelle case si sono sostituiti sottili fili d’erba e alberi che danno anche buoni frutti.

 

 

Le prugne che ha raccolto mio padre erano davvero saporite, genuine. Frutti che, in verità, preferiremmo raccogliere nella vasta campagna circostante invece di prenderli a ridosso, o addirittura, dentro le case distrutte. Abitazioni ai cui tetti si è sostituita l’immensità del cielo. Mio padre ha quasi novant'anni, mia madre qualcuno di meno anche se la sua mente e il suo corpo hanno da tempo smesso di ricordare. Due parole, però, la mia cara mamma ripete spesso: “Mamma, forza rejiemo a casa, a Roio”. Forse inconsciamente sa che solo sua madre potrà farla tornare a casa. Quale madre, anche se è lassù in cielo, potrebbe mentire a sua figlia facendogli promesse che non sarebbe in grado di mantenere! In mezzo alla tristezza di vedere un paese che non è nemmeno la più pallida idea di quello che era solo quasi dieci anni fa, si intravede qualche timido segnale di ricostruzione. Però, le case in cui abitava la gente che viveva pienamente il borgo, giorno dopo giorno, notte dopo notte, stagione dopo stagione, stanno ancora lì, a osservare altre case sorelle più fortunate che sono state ricostruire; anche se poi hanno le imposte e le porte chiuse e invece dei vasi fioriti, che le adornano, hanno appesi cartelli con la scritta vendesi. Forse non avevano poi tutta questa fretta di essere rimesse a nuovo come ne hanno invece alcune sorelle più sfortunate che avrebbero reso, se non felici, almeno un po’ più sereni gli animi dei loro figli. Caro papà, cara mamma, caro amato paese anche quest’estate dovete passarla così, sfogliando l’album dei ricordi e con l’amarezza in corpo che un’altra stagione è passata e troppo poco è stato fatto, soprattutto per voi. Ma per favore gridatelo forte in modo che tutti i protagonisti della ricostruzione (nessuno escluso), il sindaco e tutti gli organi competenti possano sentirlo forte e chiaro. Cari amministratori, lasciate per un attimo i vostri impegni e, magari, fate a meno di qualche presenza alle inaugurazioni per dedicare un po’ di tempo alla vostra gente che abita nelle vicine periferie. Andate dai miei genitori, e ad altri come loro, e ditegli che li state deludendo, che li avete lasciati soli in questo deserto di macerie e di silenzio!

 



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