LA NASCITA DELLA STAMPA CATTOLICA AQUILANA

LA NASCITA DELLA STAMPA CATTOLICA AQUILANA.
- di Enrico Cavalli -


 

Introduzione di Giuseppe Lalli

    "Il riconoscimento della porpora cardinalizia all’Arcivescovo dell’Aquila monsignor Giuseppe Petrocchi, nel tempo della ricostruzione post sisma 2009, è stata accolta con giubilo dalla comunità dei credenti ( e non solo da essi ), del capoluogo abruzzese.
   Il  professor Enrico Cavalli, nell’esemplare scritto che ho l’onore di introdurre per i lettori di “Assergi Racconta”, ci mostra come l’avvenimento si collochi al termine di otto secoli di religiosità aquilana virtuosamente intrecciata alla più generale vicenda civica della città.
  Un rapporto, quello fra metropolitana Chiesa e potere laico, che si è snodato entro ambiti dialettici importanti, come quelli inerenti alle forme di comunicazione, sin dal loro apparire nella storia locale.
   Sullo sfondo del breve saggio si colloca  la non facile convivenza, sul piano nazionale, tra il mondo cattolico e la classe dirigente del nuovo Stato unitario all’indomani del Risorgimento, rapporto che la stampa di provincia  registra, con i suoi alti e bassi, spesso con punte di polemica eccessiva dall’una parte e l’altra. 
  Due emblematiche figure, espressione del cattolicesimo locale, in particolare Enrico Cavalli richiama: quella del Vescovo dell’Aquila Monsignor Luigi Filippi, che seppe unire la difesa dell’ortodossia ad un illuminata visione sociale, e quella del gesuita Padre Domenico Marinangeli, che, su di un fronte squisitamente culturale, volle opporre al supponente scientismo positivista imperante in quel torno di tempo, la lezione imperitura di Tommaso D’Aquino, improntata ad una razionalità che ha per oggetto l’uomo tutto intero, giuste le raccomandazioni che Papa  Leoni XIII aveva fatto ai pastori con la sua l’efficace enciclica “ Aeternis Patris “.
    Si avverte altresì, in questa vicenda storica, - e Cavalli non manca di accennarvi - l’assenza, in campo ecclesiale, della eredità di quel cattolicesimo liberale che tanta parte aveva avuto nel Risorgimento, e che aveva espresso pensatori poderosi, quali il Gioberti, il Rosmini e lo stesso Manzoni. Una vena, questa, che avrebbe potuto svolgere una importante opera di mediazione in un confronto che, almeno per tutto l’800 si mantene per lo più assai aspro.
     Dobbiamo aspettare i primi anni del ‘900 perché la stampa cattolica, anche all’Aquila, diventi attenta, al di là degli orizzonti locali, a formare un cattolicesimo sociale in grado di esprimere una sua autonoma fisionomia, superando una funzione di mera difesa ; mentre nel 2° dopoguerra, all’ombra della luminosa guida del presule Carlo Confalonieri, la stampa cattolica sarà fucina di un giornalismo in grado di rapportarsi degnamente con le grandi tematiche nazionali.
    Lo scritto di Enrico Cavalli, su un tema cruciale quale quello della stampa cattolica tra otto-novecento, è di quelli che ci aiutano a capire meglio la storia della nostra città e della nostra Nazione"
. ( G. Lalli )



LA NASCITA DELLA STAMPA CATTOLICA AQUILANA
- di Enrico Cavalli -
  E’ forse noto ai più, che il primo quotidiano dell’Italia Unita fu l’”Osservatore Romano”, uscito dal Poligrafico Vaticano, il 1 luglio 1861.
Era, a ben vedere, il segno di un’attenzione alle forme moderne della comunicazione, caratterizzante un mondo ecclesiastico interessato a mantenere basi di consenso, dentro uno Stato giovanissimo e formalmente laico, dinanzi a scelte di profilo conservatore, quali quelle che si affermavano con il Sillabo di Pio IX del 1864.
Il foglio vaticano, dall’inconfondibile motto tratto dal “Digesto“ del giurista Ulpiano:”Unicuique suum”, non costituiva un unicum nel panorama della editoria religiosa della penisola, tanto meno dal punto di vista cronologico.
Il fervore dei credenti e delle guide pastorali aperte alle dinamiche socio-culturali, a dispetto di letture illuministe d’epoca e postume, avevano fatto sì che nella Diocesi aquilana già in era borbonica nascesse una stampa religiosa - e a rinascita della editoria municipale - assai celebre nel 1474 per la presenza di Adamo Da Rotweil, l’allievo di Johannes Gutenberg, creatore di preziosissimi e rari incunaboli biblici (un po’, come se a nostri giorni Bill Gates della Microsoft avesse inviato a L’Aquila il suo vice per impiantarvi una”Silicon Valley”).
Le stamperie diocesane legate alla tipografia Vecchioni, che fu rinomata anche nel secolo successivo, presero vigore dall’avvento di due vescovi di origine lucana :Michele Navazio e, soprattutto, Luigi Filippi, che seppe coniugare una certa intransigenza dottrinale con una grande apertura sociale, promotore quale fu, nel 1859, della Cassa di Risparmio dell’Aquila, seconda nel regno borbonico solo dopo quella napoletana.
Nella cornice unitaria, Monsignor Filippi, in difesa degli indirizzi ecclesiastici dagli eccessi liberali, che volevano edificare a San Bernardino un ‘tempio municipale’, pur dal suo esilio volontario di Rieti dal 1861 al 1866, infatti, pubblicò una serie di lettere pastorali, dando non poco lavoro agli stampatori diocesani.
Nel 1876, all’atto dell’elevazione al rango di Archidiocesi dell’episcopio aquilano, si assiste alla fondazione della testata ‘l’Aquila degli Abruzzi’, fortemente identificativa, già dal titolo, degli orizzonti municipali, secondo il plebiscito unitario del 1861.
La testata fece da cassa di risonanza, sulla scìa della “questione romana” del 1870 e del conseguente non expedit  papale del 1874, di tutto il cattolicesimo regionale, che nel 1879 ebbe un’assise importante ad Ortona, dove si distinse il neotomismo di padre Domenico Marinangeli, in risposta ‘razionalista’ alle esaltazioni del positivismo.
Le locali dispute fra laici e ecclesiastici vantavano un discreto pubblico di lettori, come avveniva per la diatriba sull’esatto motto da apporre nel gonfalone municipale, ovvero se l’”I(Y)HS” di San Bernardino Da Siena, oppure, il ”PHS” avanzato nel ‘700 dalle militanze anticlericali, o sulla clamorosa occupazione da parte dell’assessore comunale Francesco Cialente a cagione delle leggi eversive dell’asse ecclesiatico nel 1866  della chiesa di Santa Giusta (la prima cattedrale intramoenia), o sulla edificazione, nel 1876, del Real Liceo-Università-Biblioteca provinciale-Portici, in luogo del convento di San Francesco in Platea, ospitante dalla metà del’400 la cella bernardiniana.
Su quest’ultimo accadimento, vale ricordare che   Monsignor Filippi fece da scudo umano, a tutela della intangibilità della chiesetta della Concezione (poi, incastonata nel porticato su idea di Cesare Rivera), in quell’angolo urbano che per il topografo marsicano Bartolomeo Angelone doveva essere il “ tempio della scienza, unica divinità per la umanità negletta”,  frase allora di rito per i positivisti, che fu rimbalzata da ‘La Gazzetta di Aquila’ dell’8 dicembre 1875, assai scandalizzata dei “fervorosi credenti “ per il giubileo celestiniano.
Per il suo attivismo culturale, il nome di Filippi, e quindi di Aquila degli Abruzzi, avrebbe varcato i confini nazionali nel settore dell’educazione, in quanto promotore di una programmazione dei locali istituti d’istruzione di ispirazione cattolica, che a partire dal 1874 si strutturerà in alternativa a quell’umanesimo d’ispirazione ministeriale che andava dal cattolico liberale Francesco De Sanctis fino al radicale Luigi Credaro. Il sacerdote Francesco Bafile, per dare impulso agli studi seminaristici, li imposterà nell’ottica della lettura manzoniana del romanticismo e sulla base di un parallelo fra la latinità classica e quella cristiana.
Nel mondo giornalistico aquilano, che a fine ‘800  contava più di dieci testate stabili di diverso indirizzo politico, e che fu fucina di firme di assoluto rilievo nazionale, la stampa cattolica agiva ora ”in attacco” ora “in difesa”,  avendo come interlocutori ‘Il Corriere Scolastico’ di Ignazio Cerasoli per la lotta all’analfabetismo in campo abruzzese, il circolo “Galileo Galilei” volendolo persuadere a non assurgere lo scienziato pisano e credente a simbolo perenne dell’anticlericalismo al pari del domenicano filosofo Giordano Bruno, ‘La Gazzetta di Aquila’, portavoce dei radical chic, quest’ultimi imbarazzati censori degli aiuti che i patrizi aquilani accordavano ai collegi per poveri voluti da Maria Caterina Ferrari, Caterina Vicentini e Barbara Micarelli.
La dialettica fra ecclesialità e laicismo, anche a causa del venir meno della mediazione neoguelfa e, se vogliamo, cattolico-liberale, assunse sulla carta stampata contorni assai stonati : tra l’esaltazione, da un lato, degli inni scientisti di impronta carducciana; e, dall’altro, avviandosi su crinali assai polemici a seguito dei tumulti scoppiati a Roma intorno alle celebrazioni vaticane per Pio IX (il cardinale Giovanni Mastai Ferretti fu ospite a casa De Torres e strinse amicizia col neoguelfo Giulio Dragonetti).
Per volere del secondo arcivescovo aquilano, Augusto Antonio Vicentini, nel 1883 era la volta di ‘La Palestra Aternina’, dal chiaro respiro culturale, ivi apparendo un “inno” al Gran Sasso scritto dal presule a supporto non di una insospettata aspirazione lirica, bensì della ferrovia Roma-Aquila-Teramo; l’annuncio notevole di un osservatorio geodinamico nel 1884 e congresso sismico italiano nel 1889 ad Aquila; lo scambio di vedute fra il sacerdote Carlo Pietropaoli e il chimico Giovanni Parrozzani circa lo sfruttamento delle acque di Tempera ai fini della pubblica illuminazione cittadina, tanto agognata da Primo Levi alla sua scoperta d’Abruzzo; il recupero delle radici ecclesiastiche della municipalità aquilana, cui provvede la erudizione bibliotecaria del prelato Enrico Casti sull’esempio della corografia settecentesca di Anton Ludovico Antinori; i riferimenti alla grande politica internazionale. Su questo terreno, in riferimento alle crisi balcaniche ed imperialistiche in Asia ed Africa, ancora Carlo Pietropaoli, questa volta da solo cronista, richiamava alla pace fra i popoli.
La campagna crispina in Abissinia, che sollecitò un appoggio assai disinvolto da parte del Vicentini, e che finì per scavalcare la stessa Sinistra locale, ebbe per effetto la requisizione di molte chiese cittadine, utilizzate per acquartieramenti e come caserme, sicché, pur suffragando le truppe perite a Dogali, la”Palestra Aternina” prese le distanze dalla avventura coloniale. Il foglio arcidiocesano avrà toni molto critici nei confronti del governo all’indomani della sconfitta italiana ad Adua nel 1895, senza contare che nello stesso anno il nuovo pastore Francesco Carrano eviterà, diplomaticamente, di incontrare i Savoia in visita all’Aquila per le manovre dell’esercito.
In aderenza, più pratica che teorica, alla profetica enciclica “Rerum Novarum” di papa Leone XIII del 1891, i cattolici liberali e riformisti alla Marinangeli, Pietropaoli, Moscardi, Cifani, De Matteis, furono interpreti in ordine sparso dell’Opera dei Congressi e della Democrazia Cristiana di Radini-Tedeschi e Filippo Murri ( quest’ultimo peraltro scese ad Aquila ) iniziative che prelusero, nel 1899, alla fondazione di “ L’Eco degli Abruzzi”
A dispetto del titolo, questo foglio, però, più che alle tematiche locali,   si mostrò sensibile alla preparazione del clero e del laicato in funzione di un’autonoma fisionomia politica che affrancasse il cattolicesimo politico da una strumentale alleanza liberale in semplice chiave antisocialista. Si impegnò altresì, durante le crisi economiche, nella raccolta di contribuzioni a favore dei diseredati emigrati Oltreoceano, e delle stesse missioni, che vantavano l’esempio di luminosi in Oriente, quali Cesidio Da Fossa e Maria Della Pace.
“L’Eco degli Abruzzi” , dal 1898, farà da contraltare al socialista ”L’Avvenire” , diretto da Ciccio Donatelli, Cesare Falli, Emidio Lopardi, ed impegnato a coltivare propositi palingenetici in area marsicana, contro il prepotere dei principi Torlonia.  “L’Eco “ si farà paladino di un cattolicesimo sociale che propugna un armonico sviluppo economico, e che, per combattere il disordine materiale e sfacelo della classe operaia, punta al sindacalismo corporativo ed assistenzialismo efficientista, in questo rapportandosi ad un certo mazzinianesimo, ancora in discreta nell’Aquilano.
Il “secolo breve” segna un momento culturale in cui, al palazzo comunale di Santa Maria dei Raccomandati (dal 1840, Palazzo Margherita d’Austria è sede tribunalizia), la minoranza dei consiglieri propone la laicizzazione delle scuole municipali, come vanamente, cercheranno di fare le minoranze al Campidoglio romano.
La laicista stampa cittadina taccia di antimodernismo i colleghi cattolici che difesero il prete rocchigiano Domenico Argentieri, l’artefice di un originale mezzo radiotelegrafico, dalle reprimende, su “L’Avanti” , di un Benito Mussolini timoroso che quella invenzione cadesse in mani...straniere.
In tempi di stravolgimenti planetari, dall’Archidiocesi, col patrocinio dei Duchi Rivera, sortisce il settimanale “La Torre”, ad emancipazione politica dei cattolici e stessa cultura aquilana dalle ipoteche del liberal-nazionalismo e massimalismo montanti.
Perché critico delle dannunziane “radiose giornate” del maggio 1915, nonché ispiratore della veloce ricostruzione territoriale per il sisma marsicano del gennaio precedente ed “avvisato” dall’Osservatorio geodinamico, il periodico fu oggetto di trasversali strali ideologici.
Mantenne però il sostegno anche di libere sottoscrizioni, per merito di un fortunata formula editoriale, che oltre le informazioni religiose, presentava rubriche di svago, come quella di teatro dialettale (setacciata in anni a venire, dai cultori del genere) e quelle per le famiglie degli emigrati, quest’ultimi caldamente invitati a “rimettere” i denari ottenuti nelle Americhe ( a prezzo di immani fatiche e senza ricevere alcuna assistenza da parte dei Paesi di approdo ) in Patria, al fine di risollevarla socialmente.
Nella Grande Guerra, “La Torre” puntellò gli aiuti arcidiocesani ai senza casa, mentre al fronte si trovavano, assieme ai soldati, molti cappellani aquilani, tra cui l’insigne studioso francescano nativo di Lucoli, Aniceto Chiappini.
Dopo Caporetto, “sventolando da Udine fino alle terre di Venezia, la bandiera turca (alleata di Germania ed Austria-Ungheria)”, si evocò la croce della chiesa di San Giuliano, appartenuta a San Giovanni da Capestrano nella battaglia di Belgrado del 1456, per una curiale lettura di eventi, certo più sfumata rispetto ai moniti pacifisti di Benedetto XV, e nel segno di una forte italianità da parte di aquilani, che, pur cattolici, non erano disposti a farsi ammaliare da quegli Asburgo che intendevano riportare in auge lo Stato pontificio!
Tra vacanze arcivescovili, che riconducevano alla situazione deprecabile del post sisma 1703, ed il “biennio rosso” , che non poco preoccupava le coscienze dei fedeli, una volta caduta l’opzione politica del Partito Popolare Italiano di Don Luigi Sturzo, organizzata fra mille difficoltà dal patrizio Vincenzo Rivera, le pubblicazioni cattoliche riassunsero, col ‘Bollettino Arcidiocesano’, perfino, la stampa municipale, dinanzi all’incedere delle camicie nere, e a fronte della censura giornalistica del 1925.
Il contrasto tra regime fascista ed Azione cattolica del 1931 sul tema della educazione dei giovani, decantava ogni supposta vicinanza fra “aspersorio e littorio”, sebbene il moderatismo del nuovo arcivescovo, il novarese Gaudenzio Manuelli, aprisse, per la Perdonanza celestiniana, alla tensione podestarile di Adelchi Serena.
Questa rievocazione religiosa e laica ridava slancio alla editoria cattolica, conclamata da libelli celebrativi, come avvenne, ad esempio, con l’edificazione della Chiesa di Cristo Re alla Villa comunale, e con l’avvento dei Salesiani nel 1934 al quartiere popolare di San Pietro ed a via Dei Giardini.
Negli anni drammatici della IIa guerra mondiale il cattolicesimo aquilano, ridestato dall’avvento alla guida della Diocesi aquilana del milanese Carlo Confalonieri, rivendicò autonomia di coscienza e di prassi.
Colui che nella temperie bellica si atteggiò a “defensor civitatis” adoperò a tutela degli oppressi proprio i mezzi della comunicazione sociale, e dopo il 1945 ideava il periodico “Voce Amica”, programmaticamente attento alle questioni politiche nonché municipali, divenendo altresì la palestra di formazione di un più generale giornalismo aquilano che seppe degnamente rapportarsi all’informazione nazionale.
L’Archidiocesi stimolava le stesse A.C.L.I. alla fondazione di “Il Risveglio d’Abruzzo”, per un apertura culturale ed ai temi della ricostruzione postbellica, nel quadro di una dialettica fra cattolici e cultura laicista, certo scandita dalle logiche asperrime della “guerra fredda”, ma in un confronto quasi mai fuori dalla civiltà democratica.
Siamo alla riprova di una stampa cattolica emula della tradizione di settore aquilana, e che influirà sugli indirizzi pastorali e sociali del capoluogo degli Abruzzi nella contemporaneità.
 

 
 



Condividi

    



Commenta L'Articolo