Il mistero del Corno Piccolo – di Stefano Ardito

Fino a poco fa il Corno Piccolo, la più bella vetta rocciosa del Gran Sasso, non sembrava custodire dei segreti. I frequentatori del massiccio sanno che sulle sue pareti (la Est con il Monolito, la Nord, le Spalle della cresta Ovest) sono state tracciate centinaia di vie di arrampicata. Grazie a circa 500 tra itinerari indipendenti e varianti, il calcare del Corno Piccolo è stato esplorato palmo a palmo. 

Anche sulla prima salita della montagna, documenti, articoli e libri (compresi quelli di chi scrive) non sembravano lasciare spazio al dubbio. I primi ad arrivare sui 2655 metri della vetta, l’8 settembre del 1887, sono il romano Enrico Abbate e la guida Giovanni Acitelli da Assergi.

In salita, i due percorrono un canale della parete Nord, a sinistra delle Spalle. In discesa utilizzano le rocce e le ghiaie del versante meridionale, traversando un foro nella roccia. Sono due arrampicate di primo grado, con passi di secondo se ci si allontana dall’itinerario più facile. 

Un anno prima della salita di Abbate e Acitelli, per facilitare esplorazioni di questo tipo, la Sezione di Roma del CAI ha inaugurato il rifugio Garibaldi. Nel 1888, anche per celebrare la conquista, Enrico Abbate dà alle stampe la sua Guida del Gran Sasso d’Italia. 

Qualche giorno fa, sul numero di novembre 2018 di Montagne 360, la rivista del CAI, un articolo firmato dall’architetto e alpinista Dario Nanni ha buttato all’aria queste certezze. 

Secondo i documenti da lui raccolti, la prima ascensione del Corno Piccolo, in realtà, è stata compiuta ben 47 anni prima di Acitelli e Abbate. L’autore dell’impresa del 1840, secondo Nanni, è Antonio Orsini, geologo, naturalista di Ascoli Piceno, frequentatore del Gran Sasso e degli altri massicci dell’Appennino.  

Antonio Orsini, da Montagne 360

Sorprende che i responsabili della testata e il CAI non abbiamo annunciato una notizia così importante con adeguata enfasi, lasciando che fosse “buttata lì” in un pezzo che dal titolo (Lo scienziato che amava la montagna) sembra una semplice biografia. Stupisce che i redattori di Montagne 360 non abbiano proposto approfondimenti e discussioni. 

Per capire la portata della scoperta di Nanni si possono fare due paragoni. Anticipare la prima salita del Corno Piccolo dal 1887 al 1840 è come sostenere che il Cervino non è stato salito da Edward Whymper e compagni nel 1865, ma da qualcun altro intorno al 1820. O scrivere che il K2 non è stato salito da Compagnoni e Lacedelli nel 1954, ma da Fritz Wiessner nel 1939, o dal Duca degli Abruzzi e dalle sue guide valdostane trent’anni prima. 

Dario Nanni, oltre che un forte alpinista, è stato presidente della Sezione di Ascoli Piceno del CAI, una delle più importanti dell’Italia centrale. Da due anni, come presidente dell’Ordine degli Architetti di Ascoli, si occupa della ricostruzione ad Arquata del Tronto e negli altri centri colpiti dai terremoti del 2016. 

Nell’articolo su Montagne 360, a permettergli di “affermare con certezza che Antonio Orsini effettua nel 1840 la salita in questione” sono due testimonianze del geologo Mario Canavari (1855-1928), nato a Camerino e vissuto a lungo in Toscana. 

Nel 1884, in un’adunanza della Società Toscana di Scienze Naturali, Canevari spiega di aver rinvenuto, nel Museo Geologico dell’Università di Pisa, dei campioni e dei fossili raccolti da Orsini nel 1840 sulla vetta del Corno Piccolo. 

Chi ebbe la ventura di conoscere l’Orsini” scrive Canavari, “non si meraviglierà al certo sapere ch’egli, dopo aver esplorato buona parte dell’Appennino, si avventurasse eziandio, con esito felice, di raggiungere e scrutare il punto più aspro e più difficile di tutta la catena”. 

Nel 1889, in un’adunanza della Società Geologica Italiana ad Ascoli Piceno, Mario Canavari ribadisce l’affermazione. Stavolta, oltre a rivendicare la primogenitura di Orsini, scrive che l’ascensione del Corno Piccolo “era ritenuta inviolabile fino a pochi anni fa”. 

Un’affermazione motivata dal fatto che, nel 1887, sono saliti alla cima Enrico Abbate e Giovanni Acitelli. Invece, anche se “la memoria di una simile escursione non ci fu tramandata da nessuna pubblicazione”, il primo salitore secondo il professor Canavari è stato Orsini.

Quest’ultimo, aggiunge Dario Nanni, è noto ai contemporanei per la sua “consuetudine di lasciare ad altri fama e gloria”. Più volte, ricercatori come Antonio Bertoloni lo invitano a non lasciar pubblicare ad altri le sue scoperte, e a rivendicarle in prima persona. Un modo di fare che può spiegare perché la salita del 1840 al Corno Piccolo non sia stata raccontata dal protagonista. 

Per commentare questa storia è bene ricordare alcune cose. La prima è la differenza tra l’Italia del 1840, dove l’Appennino centrale è diviso tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, e quella del 1887 che è uno Stato unitario, e nel quale i soci del CAI (nato nel 1863) si scambiano relazioni e notizie. 

Il secondo è che tra Ascoli Piceno e Teramo, separate da un confine, nei primi decenni dell’Ottocento è attivo un bel gruppo di appassionati e studiosi dei monti. Accanto a Orsini, include Ignazio Rossi, che nel 1838 fonda la rivista Il Gran Sasso d’Italia, e Raffaele Quartapelle, che nel 1849 dà alle stampe un Manuale pel viaggiatore naturalista al Gran Sasso d’Italia. Dopo l’Unità questo gruppo si disperde.  

I campioni di fossili di Orsini, Gran Sasso o Corno Piccolo, foto Montagne 360

Va detto che, accanto alle quattro fotografie di campioni di fossili raccolti da Orsini, conservati all’Università di Pisa e pubblicati da Montagne 360, si legge “Vetta del Gran Sasso” senza menzione del Corno Piccolo. Ma questo, confidiamo, è solo un errore nella scelta delle foto da parte della redazione. 

Nella storia dell’alpinismo ci sono pochi casi di ascensioni rivendicate e poi ufficialmente smentite (su tutte quella del McKinley-Denali), e molte altre messe seriamente in dubbio ma per le quali una risposta definitiva non c’è. E’ il caso dell’ascensione del 1959 al Cerro Torre rivendicata da Cesare Maestri, e smentita dalle ricerche in parete di Rolando Garibotti e di altri. 

Quello di Antonio Orsini e di Mario Canavari, per quel che sappiamo, è il primo caso di un’ascensione non rivendicata dal protagonista, e che gli viene attribuita decenni più tardi da altri. Forse, in qualche archivio, qualche riga scritta di suo pugno da Orsini esiste, e leggerla potrà svelare il mistero del Corno Piccolo. 

Intanto, ringraziamo di cuore Dario Nanni per la sua ricerca e la sua passione per i Sibillini e il Gran Sasso. La storia dell’esplorazione dei monti si costruisce anche mettendo in discussione le versioni più accettate e diffuse.

Stefano Ardito  



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