FINO ALL’ULTIMO ORSO

- di Stefano Ardito -

 

Scrivere di orsi, in Italia, è un mestiere doloroso e frustrante. Nel lontano 1987, su “Airone”, ho raccontato di orsi ammazzati da pallettoni e altri vittime di trappole di cavo d’acciaio. C’erano anche delle foto terribili, di plantigradi sforacchiati e putrefatti.
Ho svelato i dati fasulli sulla consistenza della specie, ho denunciato la inutile guerriglia tra i ricercatori del Parco e quelli del Corpo Forestale. Speravo di essere utile agli orsi, invece si è scatenato un putiferio tra umani. Non ne ha fatto le spese chi aveva mentito sugli orsi ma Egidio Gavazzi, fondatore e primo direttore di “Airone”.
E gli orsi hanno continuato a morire. Anno dopo anno, su testate diverse, ho scritto dei bestioni uccisi dalle auto sulla statale Marsicana o dai treni della Sulmona-Carpinone (altro che “ferrovia dei parchi”!). Degli orsi uccisi da bocconi avvelenati e di quello morto a Tornimparte perché le reti della A24 (altro che “autostrada dei parchi”!) fanno schifo.
Ho riferito con gioia del ritorno dell’orso in Trentino, e dell’ottimismo dello zoologo Paolo Ciucci perché “tutte le femmine fertili di orso marsicano sono in zona sicura”. Ho scritto con noia dei convegni, e delle interminabili trattative tra gli enti.
Trent’anni fa, quando ho scoperto dei bracconieri nel versante laziale del Parco, io ho preso in mano la Nikon e uno di loro ha puntato il fucile. Dieci giorni dopo, proprio lì, i guardiaparco hanno fatto una retata.
In Trentino, dopo le feste iniziali, ho scritto delle catture e delle uccisioni colpose delle orse Jurka, Danika e K2J, ordinate da una politica incoerente e pavida. In Abruzzo, nel raccontare le tragedie (2010 e 2018) causate dalla vasca-killer, ho scritto che l’incuria di proprietari terrieri e pastori va di pari passo con quella dell’Ente Parco e dei Comuni.
Ho scritto che la Zona di Protezione Esterna dovrebbe entrare nel Parco, che ci vogliono autovelox a Villetta Barrea e sulle Cinque Miglia. E invece l’ANAS abbatte i pini, per consentire a chi va in auto di sfrecciare. Ho notato che tv e giornali, in questi giorni, dei tre poveri orsi (e della sopravvivenza dell’orso marsicano) se ne sono sostanzialmente fregati.
Non mi occupo abitualmente di politica, ma in quel che scrivo è evidente che nell’agenda di chi ci governa (ministri, sindaci, governatori dell’Abruzzo e del Lazio) la tutela dell’orso ha una priorità bassissima. Nelle scorse settimane, con un fastidio che sconfina nel disgusto, ho scritto delle beghe degli amministratori dell’Alto Adige e altre zone per riaprire la caccia a orsi e lupi.
Per salvare gli orsi ci vogliono interventi costosi, come delle recinzioni decenti sulle autostrade, e altri che richiedono conoscenza del territorio e buonsenso, come l’eliminazione di vasche-killer e fili spinati abbandonati. Poi servono interventi che disturbano qualche categoria di umani, come i cacciatori ciociari o i residenti del Trentino che portano i cani a spasso senza guinzaglio. E qui, quasi sempre, casca l’asino.
Scriverò ancora di orsi, perché è il mio mestiere e perché amo la natura e l’Appennino. Spero di non essere io a raccontare il giorno in cui l’incuria, la crudeltà, la burocrazia e la cattiva politica causeranno l’estinzione della specie. Spero che accada il contrario. Ma temo, e lo scrivo, che stiamo assistendo a una battaglia fino all’ultimo orso.



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