Il mito della cenere conservata come reliquia.Il 17 gennaio



- Testo e fotografia di Vincenzo Battista -

 


"Dove gli si fa notte": una frase ad effetto, essenziale, senza tanti convenevoli, che sembra evocare proprio lo spirito antico, di solitudine, del rifugio infine raggiunto, per ripararsi, come nel deserto della Tebaide . . .raccontano. Ma qui si tratta, nell'Alto Aterno, di un maialino che doveva trovare un posto, per la notte interminabile, al riparo, tutelato, con la sua trasfigurazione popolare nelle sembianze di un santo, avocato a sé, trattenuto anche per un istante nei pressi dell'abitazione, della stalla, di un fondaco, in quella cosmologia contadina, in quel mondo della continua richiesta di protezione e di fascinazione della diversità che si fa mito. Il maialino assumeva così, nella metamorfosi narrativa, le sembianze di un santo, non uno qualunque, ma il padre del monachesimo, iniziatore della vita anacoretica, figura che più delle altre è entrata plasticamente nel pantheon dei sentimenti della cultura popolare: Sant'Antonio Abate, detto "il Grande".

Nacque nel Medio Egizio, a Cuma, nel 250 secondo alcune fonti, e già durante la sua lunghissima vita (morì ultracentenario il 17 gennaio 356) era oggetto di culto. La ricerca e il desiderio estremo di solitudine furono interrotti solo poche volte in nome della fede cristiana prima di stabilirsi definitivamente nel deserto della Tebaide, dove visse l'ultimo periodo della sua vita. Ma torniamo nell'Alto Aterno, dentro i paesi, "dove gli si fa notte".
È il mese di gennaio, della memoria e dei saperi antichi, dei riti propiziatori che vengono rigenerati, e del culto di Sant'Antonio Abate. Un maialino, già dai mesi precedenti, narra la tradizione, veniva allevato dall'intero villaggio. Quando, lasciato libero, entrava nelle case contadine, era segno di buon auspicio, nella sua trasfigurazione appunto.

"Era come se entrasse un santo e benediceva la casa" raccontano, anche per la protezione degli animali, la sera veniva ospitato in una delle tante stalle del paese. Il giorno della vigilia dedicato al santo, il maiale veniva macellato. Le zampe, "gli zampitti", venivano messi all'asta e chi si aggiudicava il palio, il 17 gennaio appunto, preparava le carni, offerte poi alla comunità con la minestra di farro, la "quagliata", le rape rosse, i tagliolini ammassati con le uova e i fagioli.

Gli animali, nella ricorrenza, venivano ricoperti con nastri colorati, ghirlande, e benedetti fuori le chiese. Gli uomini portavano cesoie e tenaglie: incrociate, simbolicamente, preservavano gli animali. Ai cavalli e ai buoi la peluria veniva tagliata a forma di croce sulla groppa con una forbice: proteggerli, in quel rapporto privilegiato, secondo la tradizione. Gli animali domestici invece entravano in chiesa e venivano benedetti.

l comitato del paese, un mese prima, iniziava la questua, la raccolta di prodotti alimentari per la chiesa e i poveri. In giro per i paesi i gruppi di "sacerdoti laici" venivano annunciati da alcune strofe: "Siam venuti a ricordare che domani è Sant'Antonio. Se avete le pecorelle, cresceranno forti e belle. Se avete cavalli e buoi, Sant'Antonio ve li consola. Non ci state a trattenere, ad altre case dobbiamo andare, Sant'Antonio a ricordare. Son finite le orazioni, c'è qualcosa signora padrona?". E molti saranno i fuochi, i falò che si alzeranno questo 17 gennaio in varie località della conca aquilana, fino alla Marsica e alla Valle Peligna in una consuetudine antica e lontana nel tempo che nelle varie forme locali di solennizzazione dell'evento legato al santo tutore di un mondo rurale, dismesso, ritrova un linguaggio comune: i fuochi, un "itinerario" arcano, di memoria, un passato che non ha più le parole per ricordare, che risale, dalle viscere di un'umanità il tempo, lontanissimo, quando il fuoco si prestava e mai veniva spento. Da quel fuoco qualcuno, forse, trarrà le ceneri per conservarle come reliquie, per avere ancora memoria di una condivisione, solidarietà, ma per poco, prima che tutto questo venga ingoiato da un globalismo unilaterale, senza identità, passioni e quasi niente da raccontare, nella notte dei fuochi antichi. Questa che verrà.



Condividi

    



Commenta L'Articolo