Abruzzo, l’inverno dei nuovi rifugi – di Stefano Ardito

Abruzzo, l’inverno dei nuovi rifugi – di Stefano Ardito

Il primo, il Garibaldi del Gran Sasso, è stato inaugurato nel 1886, centotrentatré anni fa. Quattro anni dopo è arrivato il secondo, realizzato dal CAI di Roma sulla Majella e dedicato a Vittorio Emanuele II. Qualche decennio più tardi, con la nascita del Parco Nazionale d’Abruzzo, il suo presidente Erminio Sipari ha promosso la costruzione di altre otto strutture. Con queste premesse, l’Appennino abruzzese dovrebbe essere il regno dei rifugi. Non è così.  

I problemi dei ricoveri di montagna in Appennino sono molti, e ne abbiamo scritto più volte. Una clientela più ridotta che sulle Alpi, strade che non vengono pulite dalla neve anche quando sarebbe possibile, Enti Parco e Comuni che non aiutano a risolvere i problemi, e anzi ne creano di nuovi. E poi i terremoti, che hanno dato un colpo durissimo alle strutture dei Sibillini e dintorni.

Il primo, il Garibaldi del Gran Sasso, è stato inaugurato nel 1886, centotrentatré anni fa. Quattro anni dopo è arrivato il secondo, realizzato dal CAI di Roma sulla Majella e dedicato a Vittorio Emanuele II. Qualche decennio più tardi, con la nascita del Parco Nazionale d’Abruzzo, il suo presidente Erminio Sipari ha promosso la costruzione di altre otto strutture. Con queste premesse, l’Appennino abruzzese dovrebbe essere il regno dei rifugi. Non è così.  

I problemi dei ricoveri di montagna in Appennino sono molti, e ne abbiamo scritto più volte. Una clientela più ridotta che sulle Alpi, strade che non vengono pulite dalla neve anche quando sarebbe possibile, Enti Parco e Comuni che non aiutano a risolvere i problemi, e anzi ne creano di nuovi. E poi i terremoti, che hanno dato un colpo durissimo alle strutture dei Sibillini e dintorni.

In Abruzzo, per i motivi che abbiamo citato, restano chiusi quest’inverno i rifugi Lago Racollo e del Monte al Gran Sasso. Lo stesso vale per il rifugio Bruno Pomilio della Majella, che dopo l’ottimo restauro da parte della sezione di Chieti del CAI era ridiventato un crocevia del massiccio.  

Nonostante i problemi, però, da qualche anno i rifugi dell’Abruzzo hanno iniziato ad aumentare. E molti, lontani dalle zone più ripide del Gran Sasso, sono aperti anche nella stagione invernale. Qualcuno si raggiunge in auto, per altri occorrono camminate più meno lunghe, con ai piedi le ciaspole e gli sci.  

Il primo, il Garibaldi del Gran Sasso, è stato inaugurato nel 1886, centotrentatré anni fa. Quattro anni dopo è arrivato il secondo, realizzato dal CAI di Roma sulla Majella e dedicato a Vittorio Emanuele II. Qualche decennio più tardi, con la nascita del Parco Nazionale d’Abruzzo, il suo presidente Erminio Sipari ha promosso la costruzione di altre otto strutture. Con queste premesse, l’Appennino abruzzese dovrebbe essere il regno dei rifugi. Non è così.  

I problemi dei ricoveri di montagna in Appennino sono molti, e ne abbiamo scritto più volte. Una clientela più ridotta che sulle Alpi, strade che non vengono pulite dalla neve anche quando sarebbe possibile, Enti Parco e Comuni che non aiutano a risolvere i problemi, e anzi ne creano di nuovi. E poi i terremoti, che hanno dato un colpo durissimo alle strutture dei Sibillini e dintorni.

In Abruzzo, per i motivi che abbiamo citato, restano chiusi quest’inverno i rifugi Lago Racollo e del Monte al Gran Sasso. Lo stesso vale per il rifugio Bruno Pomilio della Majella, che dopo l’ottimo restauro da parte della sezione di Chieti del CAI era ridiventato un crocevia del massiccio.  

Nonostante i problemi, però, da qualche anno i rifugi dell’Abruzzo hanno iniziato ad aumentare. E molti, lontani dalle zone più ripide del Gran Sasso, sono aperti anche nella stagione invernale. Qualcuno si raggiunge in auto, per altri occorrono camminate più meno lunghe, con ai piedi le ciaspole e gli sci.  

L’Ecorifugio Cicerana, nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, è stato inaugurato da due anni ed è già una meta classica. A 1560 metri, affacciato sul pianoro omonimo e il Monte Turchio, è stato ideato dalla cooperativa Ecotur di Pescasseroli. A gestirlo è Cesidio Pandolfi, accompagnatore di media montagna, che anni fa ha ideato il bearwatching, le escursioni serali alla ricerca dell’orso. La camminata verso il rifugio inizia dal Passo del Diavolo, e segue una comoda stradina innevata. Proseguendo per boschi e pianori si raggiunge la Selva di Moricento, una delle più belle faggete vetuste del Parco. La zona è frequentata dall’orso, che a volte esce dal letargo anche d’inverno. Il rifugio è aperto e gestito nei weekend invernali. Informazioni su www.ecotur.org o allo 0863 912760. 

Un po’ più remoto del precedente (da un’ora e mezza in su, a seconda dell’itinerario scelto), il rifugio di Terraegna sorge a 1780 metri, nei pressi del pianoro omonimo, nel cuore selvaggio del Parco. Nonostante la posizione remota, offre il comfort di un albergo. A gestirlo è la Wildlife Adventures di Pescasseroli 0863.1856566, www.wildlifeadventures.it, un’altra organizzazione specializzata in escursioni nella natura e alla ricerca della fauna.  

Per esplorare i boschi e le valli del Parco, un’altra buona base è il rifugio Selva Bella, 1600 metri, accanto alla strada di Passo Godi, in una zona dove a ottobre risuonano i bramiti dei cervi. Con la neve ci si può inoltrare nella faggeta di Selva Bella, raggiungere il pianoro del Ferroio di Scanno o salire verso il Monte Godi. Il rifugio è aperto per gran parte dell’inverno. Per informazioni e prenotazioni si può contattare la proprietaria Maria Felicia Coppola al 338.3962952, o attraverso il sito www.rifugioselvabella.it.



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