La nostra storia, Cinquanta anni fa scoppia: “Il Caso Defregger”. Anno 1969

Nella memoria per non dimenticare

di Giovanni Altobelli

La Seconda Guerra Mondiale



La seconda guerra mondiale scoppia il 1 settembre 1939 con l’invasione della Polonia da parte dell’esercito tedesco. Si costituisce con il nazifascismo l’asse (Roma-Berlino).  L’Italia fascista con Benito Mussolini entra in guerra a fianco della Germania il 10 giugno 1940. Le truppe italiane e tedesche operano unite nei vari fronti: (fronte russo-fronte greco albanese e nei balcani e in nord-Africa) contro gli alleati”. Mentre gli stati europei vengono invasi con prepotenza  dall’esercito tedesco, capeggiati dal loro dittatore nazista Adolf Hitler insieme ai suoi gerarchi. La guerra continua con devastazione e morti.  Per l’Italia le cose si stavano mettendo male.  Quando accadde improvvisamente  l’8 settembre 1943 la firma dell’armistizio in quanto l’Italia doveva cessare le ostilità contro gli alleati Anglo-Americani. Con l’armistizio l’Italia non è più a fianco della Germania. L’Italia viene interamente invasa dall’esercito tedesco ed ha inizio la resistenza contro il nazifascismo. La guerra in sei lunghi anni provocò circa 25 milioni di morti di soldati e 24 milioni di morti di civili. La guerra finisce il 25 aprile 1945, in tutta Europa incomincia la ricostruzioni.  La disfatta di Filetto dell’Aquila. Siamo alla metà di maggio del 1944, ormai la guerra si sta quasi per concludere. Le truppe tedesche del fronte: “Castel di Sangro-Cassino” si preparavano man mano al rientro verso il nord direzione Pescara-Bologna. Nella zona dell’aquilano ancora c’erano diversi distaccamenti militari tedeschi. A Filetto durante il mese di maggio del 1944 erano arrivati quattro militari e un maresciallo che formavano un piccolo raggruppamenti di fanteria. Alloggiavano nell’antico palazzo: “Facchinei” in via Romana. Li erano ammassati vettovagliamenti, armi e munizioni e refurtive varie. Il Comando della piccola guarnigione si trovava in fondo alla medesima strada in casa di “Mariano Moro” dove era installata una radio-trasmittente e una stazione telefonica. I mezzi militari da trasporto erano piazzati all’aia di sopra in mezzo a folti olmi dietro un  pagliaio per non essere avvistati dagli alleati.  Secondo alcune testimonianze i tedeschi erano stati informati dalle milizie fasciste di Paganica e L’Aquila, che a Filetto c’erano partigiani che si nascondevano nei boschi e nelle grotte. I tedeschi dovevano contrastare le azioni partigiane, arrestare i soldati inglesi  nascosti dalla stessa popolazione di Filetto e rastrellare il più possibile viveri e derrate alimentari. La piccola formazione di soldati tedeschi rivendeva merci ai cittadini in cambio di prosciutto, salame, formaggio, pane e vino. I tedeschi sempre secondo testimonianze dei sopravvissuti del dopo guerra, avevano istaurato un buon rapporto con la popolazione anche se a volte c’erano tensioni come in occasione per la vendita di una macchina da scrivere da parte dei tedeschi a due cittadini di Filetto. Ai primi di giugno 1944 la situazione si evolve. A Filetto c’era il timore che i tedeschi prima di partire fossero pronti a saccheggiare il paese portando via il bestiame e derrate alimentari che gli abitanti avevano nascosto e conservato nelle grotte e cantine.   La popolazione di Filetto nei primi di giugno 1944, prima che i tedeschi abbandonassero il paese per la partenza, si preoccuparono che venisse saccheggiato di tutti i loro averi.  Un gruppo di cittadini con a capo Antonio Palumbo la notte del 6 giugno 1944,  si riunì segretamente in una casa, preparando una lettera da inviare a Monte Archetto dove erano stanziati i partigiani della banda Giovanni di Vincenzo per chiedere aiuto. La mattina di bon’ora parte il giovane studente filettese Angelo Cupillari a portare la missiva in montagna. Arrivato in tarda mattinata consegnò la lettera al colonnello degli alpini Aldo Rasero, comandante della formazione partigiana. Dopo una lunga discussione decisero si scendere a Filetto verso le ore 13. Azione Partigiana. Il gruppo di partigiani avevano pensato d fare una: “operazione sorpresa”. I partigiani giunti in paese verso le ore 17 al centro del paese si predisposero in tre gruppi di attacco. Mentre stavano per entrare negli alloggi dei tedeschi in Via Romana nel palazzo :Facchinei”, alcune donne impaurite si misero a gridare, ma furono calmate e rassicurate dal seminarista filettese Silvio Settimio Marcocci. L’operazione andava avanti. Ad un certo punto nell’aia di centro, vicino la stazione radio telefonica nella casa: “Moro”, si sentirono i primi spari, mentre altri colpi di mitra ed esplosioni di bombe a mano si sentirono nell’androne del palazzo “Facchinei”. Nella sparatoria e vennero uccisi due tedeschi. Ormai “l’operazione sorpresa” era fallita e i partigiani ripiegarono verso la periferia e la montagna di Filetto. Mentre il maresciallo tedesco Schaefer saltò dal balcone della residenza di Via Paganica e con un altro militare in sidecar si recarono a Camarda e Paganica a chiedere i rinforzi. Mentre alcuni capi famiglia che avevano combattuto in guerra nei (Balcani e fronte greco-albanese), intuendo quello che stava per succedere, si diedero alla fuga nei boschi e nella montagne. Nel tardo pomeriggio da Paganica saliva verso Filetto l’autocolonna militare tedesca della 114 Divisione Cacciatori delle Alpi che in precedenza durante la guerra aveva compiti di fare terra bruciata dove passavano. La rappresaglia. L’autocolonna militare tedesca, arrivata a Filetto, si fermò in Via Paganica e Piazza della Chiesa. I soldati tedeschi effettuarono subito un rastrellamento. Qualche abitante di Filetto riferisce che ad accompagnare i tedeschi in mezzo al paese ci fossero delle persone che parlavano italiano con accendo locale: (pare che fossero della frazione di Paganica). Al centro del paese, in Via del Forno, mentre usciva dalla propria casa, venne freddato da un sottufficiale tedesco con un colpo di pistola Antonio Palumbo di 65 anni (considerato il capo del paese). Il maresciallo tedesco Schafer  che era andato a chiamare i rinforzi, disapprovò l’uccisione di Palumbo e fra i due sottufficiali nelle vicinanze di Via Castello, nacque un litigio che si concluse con l’uccisione del maresciallo: “buono” dallo stesso sottufficiale che aveva colpito a morte il cittadino Palumbo. Tra il maresciallo ucciso Schafer  e Palumbo era nata in precedenza una buona amicizia. La morte del maresciallo tedesco aveva avuto come testimone da una finestra un ragazzo di 17 anni: “Mario Marcocci” il quale fu catturato e ucciso dai tedeschi. Mentre era già iniziato il rastrellamento di uomini nella parte alta del paese, venne ucciso un altro cittadino di Filetto: “Ferdinando Meco”, colpito a morte nella piccola aia del castello nella parte superiore di Via Salere. Successivamente i tedeschi cominciarono ad ammassare donne, bambini e vecchi al di sopra 65 anni da una parte. Nell’aia di centro, distante 100 metri vennero raggruppati gli uomini: “validi”. Poco prima delle ore 22 il gruppo di donne, bambini, ragazzi e vecchi furono  trasferito in località: “Volanella” lungo la strada proveniente da Camarda, distante 800 metri da Filetto. Secondo le testimonianze, pare che gli uomini da fucilare fossero una quindicina. Furono portati in un terreno all’ingresso del paese in prossimità l’attuale monumento lungo la strada che porta ai Piani di Fugno. Da quando ricostruito dai sopravvissuti: “Mariano Morelli, Amedeo Ciampa, Basilio Altobelli e Luigi Marcocci”, i soldati tedeschi al comando del tenente Ehlert, dopo aver ricevuto gli ordini dal capitano Defregger. Verso l’una di notte gli ostaggi, vistosi spuntare le mitragliatrici e i mitra, pensarono che venivano portati alla morte. Alcuni di essi gridarono: “Noi non abbiamo fatto niente”… Approfittando della confusione e ribellione alcuni cominciarono a fuggire, mentre l’ufficiale diede il via alla fucilazione degli ostaggi rimasti. Pare che l’ufficiale tedesco Ehlert, fece cessare il fuoco per favorire la fuga di alcuni ostaggi, ma ne rimasero uccisi dieci cittadini. Finita la carneficina ad alcuni ostaggi gli fu ordinato di trascinare i cadaveri  in direzione della stalla di Giocondo Zinobile nelle vicinanze dove vennero dati alle fiamme. I quattro cittadini di Filetto che avevano effettuato il trasporto degli uccisi, vennero legati alle mani e portati a 80 metri all’incrocio della strada presso la casa di Domenico Massaro e fucilati e poi bruciati. Insomma durante la notte vennero uccisi e massacrati quattordici cittadini, mentre tre dei quali erano già stati uccisi durante il rastrellamento.  Al momento della  fucilazione del gruppo più cospicuo rimasero feriti e si finsero morti: “Mariano Morelli, Amedeo Ciampa, Luigi Marcocci e Basilio Altobelli”. Nelle prime ore del mattino dell’8 giugno 1944, Mariano Morelli, ferito gravemente alle gambe, fu portato all’ospedale San Salvatore a L’Aquila e si salvò.  Amedeo Ciampa, ferito gravemente ad una mano, raggiunse faticosamente la vicina frazione di Pescomaggiore, dove accompagnato da un suo amico con un asino, raggiunse l’ospedale per essere medicato e si salvò. La notizia dell’eccidio di Filetto si diffuse in un baleno. I primi ad arrivare dalla vicina frazione di Paganica, furono il dottor Attilio Cerone e un suo collaboratore. Ciò che si presento ai loro occhi fu terribile. C’era odore di morte dappertutto. Durante la notte i soldati tedeschi avevano dato alle fiamme tutto il paese. Nella mattinata dell’8 giugno, le donne, i vecchi i bambini,  tornarono in massa piangendo i loro morti dalla località: “Volanella” verso Filetto, trovando un paese  bruciato e distrutto. Nei successivi giorni vennero ricomposte le salme e con la collaborazione del falegname filettese Giuseppe Scarsella e Domenico Pietrangeli di Paganica, vennero allestite le casse di legno  per il seppellimento al cimitero. Caso Defregger.  Appena finita la guerra nel 1945 a Filetto inizia la ricostruzione. All’epoca il paese contava 700 abitanti, c’era tanta miseria e tanta povertà. In paese si faceva la fame. Molti capi famiglia avevano  costituita una cooperativa di consumo in via Romana, dove si vendevano i generi di prima necessità e si trascorreva il tempo libero, per gli uomini e giovani e si poteva giocare con le carte. Mentre dalla prigionia tornavano i soldati che si erano salvati  dalla guerra. A Filetto si era creato un piccolo teatro di giovani che cercava durante l’inverno  con le varie rappresentazioni teatrali di risollevare il morale dell’intera popolazione. Noi ragazzi: “figli della guerra” della seconda generazione del 900, nelle lunghe serate d’inverno sentivamo raccontare dai nostri genitori e dai nostri nonni gli avvenimenti della guerra e dei morti di Filetto del 7 giugno 1944. Ancora non capivamo bene di quello che era successo al nostro paese. Io personalmente man mano che sono cresciuto ho assimilato come un mosaico i racconti dei vecchi e della gente in generale, memorizzandoli  nella mia mente.

                      Cinquanta anni fa scoppia: “Il Caso Defregger”.  1969

 Premesso che il fatto criminoso di guerra nell’uccisione di inermi cittadini di Filetto, seguito dal massacro e il saccheggio e la distruzione quasi totale del paese. Era rimasto per 25 anni largamente ignorato nel dopoguerra. Venendo alla luce l’anno 1969, dopo le rivelazioni del noto giornale tedesco: “Der Spiegel” in un articolo pubblicato durante l’estate 1969, affermava che ad ordinare la: “Strage di Filetto” fu il capitano Matthias Defregger, divenuto successivamente vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga. Va ricordato che il noto scrittore austriaco Simon Wiesenthal di origine ebraica ha dedicato una vita a fare il cacciatore di nazisti in latitanza, soprattutto in sud America. Anche grandi giornalisti del “Der Spiegel” si impegnarono alla ricerca dei gravi fatti commessi dai nazisti nella seconda guerra mondiale.

Breve biografia di Matthias Defregger.

Nasce in Germania il 18.2.1915 è nipote dell’artista tirolese Franz Von Defregger e figlio del luogotenente  colonnello Herman Defregger, studia da ragazzo presso il collegio gesuitico: “Stella Matutina di Feldkirch nel Vorarbeg”. Durante il servizio militare divenne capitano della Wehrmacht della 114 Divisione Cacciatori delle Alpi, venne scelto dal comandante superiore colonnello Boelsen per compiere un crimine a carico di 17 inermi cittadini di Filetto il 7 giugno 1944. Venne chiamata la “Strage di Filetto”, una azione di rappresaglia contro la popolazione civile del paese, a seguito di un attacco compiuto dai guerriglieri-partigiani italiani provenienti da Monte Archetto, ove causarono la morte di due soldati tedeschi. Il capitano Defregger dopo la rappresaglia con l’uccisione di 17 cittadini di Filetto venne promosso al grado di maggiore. Non venne mai sottoposto ad alcun giudizio da parte dei tribunali alleati o di Norimberga. Matthias Defregger dopo il 1945 riprese gli studi ecclesiastici, universitari in filosofia e teologia. Il cardinale tedesco Faulhaber  lo consacrò prete nel 1949. L’anno 1961 Matthias Defregger prese parte a un raduno con ex commilitoni della 114 Jaegerdivision Cacciatori delle Alpi tenutasi presso Bad Tolz in Baviera, celebrando nell’occasione la messa. Il 14 settembre 1968 fu un grande giorno per il reverendo Matthias Defregger.  Il cardinale Julius August Dopener lo nominò vescovo.

Paolo VI sommo pontefice, illustrò le doti umane di Sua Eminenza Defregger. 

Il papa Paolo VI, poveretto, ignorava che la Procura di Stato di Francoforte sul Meno da oltre un anno indagava su un massacro di ostaggi avvenuto con la cooperazione del suo “diletto figlio”. La notizia era stata data dal famoso giornale tedesco Der Spiegel. Scoppiando in Germania come una bomba.

Cinquanta anni fa scoppia: “Il Caso Defregger”.

Siamo all’anno 1969, verso i primi di luglio cominciarono a venire giornalisti e televisioni da tutto il mondo. Mi ricordo il 7 luglio 1969  uno dei primi giornalisti austriaco a venire a Filetto fu Carlo Belihar inviato del giornale “De Spiegel”. Fece un ottimo servizio ed intervistò i sopravvissuti della strage e tanta altra gente del paese. In tutta l’estate di quell’anno, arrivarono decine e decine di giornalisti a chiedere i racconti sulla: “Strage di Filetto”. All’inizio la gente sembrava riservata e restia, ma poi a poco a poco ognuno era disponibile a raccontare le proprie storie dei fatti di guerra. Filetto dell’Aquila con il “Caso Defregger” fra l’anno “1969 e 1972” con la stampa e la televisione fu conosciuto da tutto il mondo. In quegli anni a Filetto si crearono due posizioni: “Il perdono” capeggiato dall’ora parroco Don Demetrio Gianfrancesco e “L’estradizione” capeggiata dal deputato comunista Eude Cicerone. Per qualche anno le polemiche furono tante. Matthias Defregger non fu mai processato e condannato perché il caso era caduto in prescrizione. Matthias Defregger morirà all’età di 80 anni il 23 luglio 1995 a Monaco di Baviera. Su questa storia nel 1969/70 fu realizzato anche un film: “Quel Giorno Dio non c’era” del regista Osvaldo Civirani. Un film girato a Filetto e in montagna con la massima economicità. Quell’anno in agosto del 69 arrivò a Filetto anche il regista bolognese Carlo Lizzani che voleva raccontare la vita di Defregger da: “ragazzo-giovane seminarista, capitato nazista e vescovo”. Ormai il regista Civirani era arrivato per prima e realizzò il film… Successivamente vennero scritti due libri: “Morte a Filetto” dal colonnello Aldo Rasero comandante dei partigiani. L’Altro libro intitolato: “Filetto” fu scritto nel 1985 da Don Demetrio Gianfrancesco parroco di Filetto all’epoca. Gli abitanti di Filetto ogni anno commemorano i loro martiri il 25 aprile festa della liberazione e il 7 giugno ricorrenza dell’eccidio. Osservazioni dell’autore di questo lungo racconto. La guerra è guerra porta distruzione e morte. Primo: il gruppo di cittadini di Filetto non doveva chiedere l’aiuto dei partigiani in montagna. Secondo: i partigiani non dovevano scendere in paese. Terzo i tedeschi forse potevano vendicarsi con la rappresaglia per i due soldati morti, ma umanamente non si dovevano accanirsi al massacro e a bruciare i cadaveri. Le ricorrenze annue negli ultimi tempi da parte delle istituzioni e della gente del paese sono meno sentite e quasi dimenticate con il passar degli anni. Anche le ultime generazioni che non conoscono bene la storia di questi avvenimenti, sono poco sensibili a quello che è stata la seconda guerra mondiale. Mi auguro invece che nessuno dimentichi mai quello che è stato il 900 fra due grandi guerre. Di questo lungo racconto mi auguro che l’ambasciatore tedesco in visita a Onna il giorno 11 giugno di pomeriggio a commemorare le 17 vittime della guerra del 1944 e i 40 morti del terremoto del 6 aprile 2009. Faccia quel giorno una visita fugace anche al monumento dei 17 martiri di Filetto del 1944. Gli abitanti di Filetto hanno sempre perdonato questo efferato crimine di guerra. L’anno 2010 il portavoce dell’allora ambasciatore tedesco Michael Steiner aveva promesso un piccolo aiuto di 80 mila Euro per l’allargamento della piazza al centro del paese. Realizzando, infine un’epigrafe marmorea di riconciliazione fra i due paesi (Italia e Germania).

Cittadino di Filetto.

Foto tratte dalla collezione storico fotografica di  Giovanni Altobelli


Giornali e settimanali all’epoca “1969” che hanno scritto sul “Caso Defregger”:
De Spiegel – Messaggero- Tempo – L’Unità – L’Aquila 7 – L’Espresso – Il Resto del Carlino – Il Giorno – Settimanale Gente – Settimanale La Domenica del Corriere – Settimanale Panorama – L’araldo di Volterra –
Famiglia Cristiana – Il Munchen Und DrumHerum e tanti altri…



EPIGRAFE AL MONUMENTO  DI– FILETTO-L’AQUILA -RECITA:


IL NOME DEI MAGNANIMI MARTIRI CHE DA PRODITORIO TEUTONICO PIOMBO EBBERO RECISA LA VITA NELLA FATALE NOTTE DEL 7-6-1944 VOLLERO QUI ETERNARE I NOSTRI CONCITTADINI D’AMERICA PERCHE’ LA LORO MEMORIA SIA DI SPRONE AI POSTERI PER LA GLORIA DI DIO LA GRANDEZZA DELLA PATRIA L’ONORE DELLA FAMIGLIA

N. 1904 ALLOGGIA GRADITO (40)
N. 1903 ALTOBELLI CESIDIO (41)
N. 1919 CELESTINI ANTONIO (25)
N. 1887 CIALONE LORETO (57)
N. 1899 CIALONE PASQUALE (45)
N. 1905 CIAMPA CLEMENTE (39)
N. 1902 CIAMPA RAIMONDO (41)
N. 1912 GAMBACURTA GIOVANNI (32)
N. 1894 MARCOCCI CARLO (50)
N. 1908 MARCOCCI DOMENICO (36)
N. 1914 MARCOCCI LUIGI (30)
N. 1927 MARCOCCI MARIO (17)
N. 1924 MARCOCCI TITO (20)
N. 1880 MECO FERDINANDO (64)
N. 1879 PALUMBO ANTONIO (65)
N. 1896 RICCETELLI SABATINO (48)
N. 1900 SPEZZA AGOSTINO (44)

 

 

 



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