Storie di emigranti assergesi, - Un Ebreo, Un Nostro Vicino di Casa - di Eugenia Vitocco, USA -

Quando si lascia la propria patria, si lascia un po’tutto, si va altrove dove si incontrano genti diverse e nuove con una loro patria, con un’altra lingua, con una diversa cultura e tu che sei un nuovo arrivato non devi fare altro che lottare ed immedesimarti con loro, accettandole e a farti accettare perche` ai fini siamo tutti esseri umani.

 

Io venni in America molti molti anni fa. Incontrai e conobbi una famiglia Ebrea; erano i nostri vicini di casa, le nostre proprietà confinavano. Parlavamo spesso con loro e così avemmo il modo di creare una rara e confidenziale amicizia che si protrasse in un confidenziale, scambia ricordi, dell’ultima micidiale guerra (la seconda guerra mondiale). Il capo di famiglia ci si presentò dicendoci  <io sono Polacco>.  Era nato in quella Polonia che forse più di ogni altra nazione Europea fu quella che più soffrì ed ha trasportato e trasporta la parte più terrificante di quella terribile guerra. Io e mio marito lo vedevamo un po' sorpreso e confidente in noi, perchè finalmente aveva trovate un qualcuno con cui parlare in Italiano e raccontargli la terza parte della sua vita, vissuta in Italia su in Lombardia con una famiglia Buona e ricca di umanitò.

Li in Polonia, la sua famiglia nella sua infanzia contava una ventina di persone tra nonni, genitori, zie e zii, Fratelli e sorelle, e cugini. Il nonno ci raccontò era un fruttivendolo e il suo papà si arrangiava nell’arte della falignameria e tutti vivevano modestamente e in buona armonia in una piccola città Polacca. Lui sui sedici anni non sapeva che cosa fosse una guerra, di cui si parlava perchè i Tedeschi stavano invadendo la loro terra. Un giorno che stava scorrendo come tutti gli altri nel loro ritmo di vivere, videro un camion Tedesco arrivare dinanzi alla loro casa. Senza un documento, senza motivo, senza una spiegazione li spinsero ad uno ad uno a salire sul camion e li portarono via nei campi di concentramento. Io subito chiesi perche? PERCHE` ERAVAMO EBREI. All’arrivo li sparpagliarono tra centinaia di altri e non si rividero più. Rincontrò il fratellino in una fabbrica di armi a lavorare; un privilegio perchè erano giovani. Quando la guerra finì i Russi furono i primi ad aprire il campo di concentramento e li rifocillarnono con una tazza di brodo di pesce e un pezzo di pane nero. Liberi, ma scheletri che camminavano traballanti; soli senza una meta, senza una famiglia, senza più una patria, perchè distrutta. La Croce Rossa li prese in custodia mettendoli a scelta se volevano rimanere in Polonia o andare in Italia, posto più vicino ai porti per poi essere mandati, a loro scelta in America. Lui scelse l’Italia. In Italia, fu ospitato da una famiglia in Lombardia, ignaro della fine di suo fratello. Parlando di questa ospitalità interrompeva il suo respirare, era sfinito non riusciva a controllare la sua emozione e disse  "mi custodirono come un proprio figlio, mi dettero una stanza e poiche` non riuscivo a digerire e vomitavo mi consigliarono di mangiare soltanto pane tostato (che lei, la signora di casa mi preparava), perche` il mio stomaco non riusciva a contenere il cibo, si era ristretto e indebolito. Una dieta di pane tostato a cui ogni giorno aggiungeva un qualcos’altro in piccole porzioni fino a riregolare la mia digestione e riprendere a vivere."  Disse e in lacrime  "
quanto amore e dedicazione quella donna ebbe per me
."  Un giorno vista la mia nulla conoscenza dell’Italiano mi dette una grammatica, ridotta rispetto a quella che ho adesso e mi disse  "studiala io ti aiuto all’inizio e poi vedrai ce la farai da solo, non avrai piu` bisogno di me, quando l’hai studiata tutta, avrai imparato l’Italiano, e così fu".  Da quella casa partii per l’America. Qui ritrovai mio fratello ed ancore oggi dopo quaranta anni e piu` aspetto il ritorno di tutti i miei cari, che nonostante le ricerche internazionali non me ho ritrovato uno. All’ entrata della sua casa aveva un grosso quadro, la foto di un patriarca Ebreo con un cappello e barba lunga, vestito nell’uso ebraico, una persona che ispirava misticismo tanto quanto da farti inginocchiare e fargli riverenza, aveva santità negli occhi. Io gli chiesi: chi è quell’uomo?  Mi rispose "è l’immagine di mio padre e di mio nonno gli assomiglia tanto? Ecco che ho di loro, solo immagine e il ricordo di quel camion che ci divise per sempre." Essendo noi Italiani ci raccontò tutto in Italiano per santificare e ringraziare, in ASSENZA, quella famiglia Italiana che lo rimise a sesto dopo il concentramento. E` morto ora il suo ultimo commento fu  "adesso fanno filmi su di noi sul nostro passato e molti pensano che sono tutte false storie create da noi Ebrei. Ma se e` cosi` dove sono i miei nonni, mio padre, mia madre, le mie sorelle e fratelli, i miei zii e cugini? Me lo dicano cosi` vado a visitarli. Lo ricordo con questo mio scritto perchè era una persona degna di essere ricordata. Si chiamava, un Polacco, un Ebreo, un nostro caro vicino di casa.

Eugenia Vitocco, USA


 



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