Il Beato Jean Bassand è tornato a Collemaggio

Ieri pomeriggio, alle ore 15, alla presenza del Cardinale Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo Metropolita di L’Aquila, sono state ricollocate nella sua urna di marmo, all’interno della Basilica di S. Maria di Collemaggio, le venerabili spoglie del Beato Jean Bassand (Giovanni Bassando).

La ricollocazione delle reliquie insigni del beato monaco francese, è stata effettuata, dopo aver chiesto ed ottenuto le necessarie autorizzazione dalla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi.

Dopo il sisma del 2009 che, come noto, causò gravissimi crolli proprio nel transetto della basilica celestiniana dove erano custodite anche le spoglie del Bassand, si rese necessaria la traslazione delle stesse in un luogo sicuro. Successivamente, le reliquie insigni di Jean Bassand sono state ricomposte e oggi ricollocate nell’urna posta sull’altare laterale sinistro della basilica di S. Maria di Collemaggio in L’Aquila.

 

Si allega una breve biografia scritta dal compianto Filippo Murri, Canonico del Capitolo Metropolitano Aquilano.

GIOVANNI BASSANDO, SACERDOTE (1360-1445)

Nella cappella che è in cornu evangelii dell’altare maggiore di S. Maria di Collemaggio, dentro una piccola arca di marmo intarsiato, riposa il sacro corpo di Giovanni Bassando, così chiamato perché  oriundo di Besançon, città della Francia dove nacque nel 1360.  Di indole mite ma di spirito pronto, egli ebbe come prima educatrice la stessa sua madre che cercava di circondarlo di precauzioni particolari per farlo vivere sempre in un ambiente sano e profondamente religioso.  Ed in questo ambiente così pieno di calda spiritualità, il piccolo Giovanni foggiò facilmente la sua anima alle più alte idealità dello spirito e la sua intelligenza agli studi delle scienze umane, che considerò sempre come mezzo per una maggiore conoscenza di Dio.  Nel 1378, a 18 anni di età, con grande gioia dei suoi pii e nobili genitori, che vedevano con santo orgoglio un loro figlio consacrarsi a Dio, vestì l’abito religioso fra i Canonici Regolari Lateranensi, nel monastero di san Paolo, nella stessa Besancon.  Si può facilmente immaginare con quale spirito indossasse quel sacro abito!  Fin dal primo giorno del suo noviziato, egli giurò a se stesso che avrebbe osservato con estrema precisione la regola del Padre Sant’Agostino da lui professata.  E così fu.  La sua promessa fu mantenuta scrupolosamente, tanto da essere di riverente ammirazione anche ai vecchi padri, che non si vergognavano affatto di seguire l’esempio di un così giovane maestro di perfezione monastica.  Non è da meravigliarsi, quindi, se, appena trentenne, lo creassero Priore di quella stessa casa, carica che egli accettò solo perché gli fu imposta dall’ubbidienza.  Era evidente, però, che il Signore lo chiamava ad una vita più perfetta, e precisamente tra i Celestini di Parigi, che egli aveva conosciuti e che altamente apprezzava per la rigidezza della regola e per la santità di vita dei suoi membri.  Giovanni, divenuto celestino, fece tale progresso nella virtù e nell’acquisizione delle scienze sacre da essere subito considerato uno dei più qualificati monaci di quella provincia. Fu nella pace di una cellua celestina, che Giovanni trovò finalmente l’appagamento di un grande desiderio: la possibilità di poter risalire più facilmente a Dio con uno studio più profondo  e una preghiera più metodica. Questa vita così conforme alla sua natura durò circa quindici anni, ”quindici anni di Paradiso”, come egli diceva. Il Signore però non permise che una fiaccola così viva rimanesse sotto il moggio. Dal 1408 la sua attività non fu soltanto spirituale, contemplativa, ma anche operativa. Per sola ubbidienza ai suoi superiori, accettò la carica di di vicario del famoso Monastero di Santa Maria di Parigi. Da superiore dei monasteri a più volte superiore provinciale, da fondatore di nuovi conventi a sapiente riformatore di altri già esistenti, l’operosità di Giovanni non conobbe soste e, dovunque andasse, portava sempre con sé il profumo della sue grandi virtù, l’eroismo della sua grande carità, carità che conquistava sempre, ed infallibilmente. La Francia, la Spagna, l’Italia conobbero per esperienza diretta quest’uomo straordinario e così santo. Ma forse chi ebbe la fortuna di conoscerlo più e meglio fu la città di L’Aquila, che lo accolse, due mesi prima che morisse San  Bernardino da Siena, fra le sue mura come inviato del papa Eugenio IV a riformare e dare nuova vita al monastero di S. Maria di Collemaggio.  Nonostante la sua età avanzata, aveva 83 anni, Giovanni amava pregare vicino alla tomba del suo grande padre San Pietro Celestino, e da questa tomba attinse nuove forze per nuove lotte e nuove vittorie.  Giovanni trovò tale corrispondenza nei monaci che questi furono spinti a imitarlo nello zelo e nella bontà della vita.  Anche i cittadini Aquilani, soddisfatti della sua santità, incominciarono a recarsi da lui per visitarlo e per raccomandarsi alle sue preghiere. Quindici mesi durò la sua ardua missione, ma anche in così breve tempo egli raccolse frutti veramente abbondanti.  S. Maria di Collemaggio ridivenne un luogo di studio e meditazione, un luogo di profonda perfezione religiosa. Vi morì il 26 agosto 1445. Dire del dolore non soltanto dei monaci, ma anche dell’intera cittadinanza con a capo il vescovo Amico Agnifili ed il Magistrato, non è cosa facile.  Nonostante che gli Aquilani fossero abituati a vedere morire dei santi, per Giovanni Bassando, come l’anno innanzi per S. Bernardino, vollero che la salma fosse esposta per più giorni alla pubblica venerazione.  Gli storici affermano che, dinanzi alla bara, sfilarono molte migliaia di persone, venute anche da lontano per l’occasione della Perdonanza Celestiniana.  S. Giovanni da Capestrano, che era in L’Aquila per la costruzione dell’Ospedale di S. Salvatore, incominciata appunto in quell’anno, tessé di Giovanni un magnifico elogio.  La sua morte fu poi rivelata miracolosamente in molte città della Francia, dove la sua memoria era più viva.  Il suo corpo, sepolto nella calce, come era costume farsi per quelli che morivano d’estate, molti anni dopo fu trovato ancora intatto. Tuttora esso è nel suo sepolcro di marmo, meta di devozione ed oggetto di culto fiducioso.



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