Onna: Il fagiolo bianco rotondo

(Di  Emanuela Medoro) - I fagioli bianchi e rotondi, più o meno come la o maiuscola di Onna, coltivati e prodotti su terreni posti a destra della statale 17 andando in direzione Sulmona, debbono essere distinti da quelli che si coltivano sui terreni e gli orti del paese di fronte, dall’altra parte della strada, Paganica, questi di un  colore beige rosato e, forse, più grossi. I fagioli bianchi sono stati i protagonisti indiscussi del convegno “A cominciare dalla terra, il valore del cibo  tra identità e tradizione” tenutosi sabato 27 agosto 2011 a Casa Onna, nel corso delle manifestazioni per la Perdonanza Celestiniana. Non solo  sono stati citati, sono stati anche assaggiati questi fagioli bianchi,  principale attrazione di un buffet generosamente allestito con pizze varie, salumi e vini. Li ha preparati Gregor Wenter, chef a cinque stelle dell’hotel Bad Schörgan dell’Alto Adige, ospite di Onna per poche ore,  cotti al dente e serviti in bicchierini di carta, quelli normalmente usati per il caffè, conditi con una salsetta verde, fatta con gli aghi di pino mugo, pianta che cresce abbondante fra i monti dove Gregor abita e  che lui usa come materia prima per originali manicaretti. Altri protagonisti della giornata gli orti, descritti e lodati dagli oratori come mezzo di recupero della nostra cultura atavica, strumento di aggregazione  sociale, mezzo di produzione di cibo buono, pulito e giusto per chi lo produce, per chi lo mangia e per l’ambiente. Insomma è la riscoperta del  valore degli orti, di quei poveri orti da cui tanta gente d’Abruzzo fuggì oltreoceano negli anni cinquanta per rincominciare dal nulla su territori ignoti: “Manco na preta ci trovi su ‘sti terreni”, dicevano i nostri vecchi emigrati in Canada, quelli che ricordavano terreni tosti e sassosi, mentre lavoravano lì terreni sabbiosi, morbidi e fertilissimi. Oggi dunque gli orti  tornano ad essere considerati uno strumento di primaria importanza per combattere i mali che ci affliggono, siano essi di natura economica e finanziaria o semplicemente umana, psicologica. Ben vengano i tempi nuovi, qualcuno degli oratori pensa addirittura che i nostri ampi terreni ancora fertili possano attrarre l’attenzione di giovani del nord, il cui territorio è stato completamente cementificato in nome del progresso e della spietata competizione economica priva di controlli,  interessati ad un’agricoltura che nella innovazione resa necessaria dal passare del tempo riesca ad usare la cultura antica che ancora rimane.

Ma davvero? L’Abruzzo montano, spopolato, povero, arretrato rispetto alle grandi città del nord, all'improvviso può diventare una ambita terra d’immigrazione da parte di quella gente del nord che recentemente ci ha fatto sapere per bocca di un suo ben noto rappresentante che siamo un peso per l’Italia. Sarebbe una bella soddisfazione. O anche un grosso pericolo, come ogni forma di invasione di un territorio da parte di gente più abbiente economicamente, che parla dialetti incomprensibili. Problemi di produzione, distribuzione, valori nuovi ed antichi, significati  sociali, culturali, possibilità di migliorare la comunicazione con il mondo esterno, tutto è stato trattato dai relatori con una disperata volontà di superare il blocco post sisma, in vista della rinascita di Onna, dell’Aquila e del cratere del sisma, per creare una nuova realtà urbana ed agricola solidale, accogliente, pacifica e, soprattutto, verde. Verde in questo caso significa, oltre a tante altre cose, che tutte le rotonde spartitraffico e le aiuole del centro storico siano curate, sempre,  come il prato di Collemaggio alla vigilia della Perdonanza. C’è qualcuno in  città capace  di capire tutto questo ed anche di farlo?







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