Abruzzo, cercasi fornai disperatamente
Posted by Antonio Giampaoli | 2011-08-31 | Commenti: 3 | Letto 988121 volte
IL PANE TIPICO ABRUZZESE - Le preoccupazioni di Ruccolo nascono dalla necessità di difendere il «pane tipico regionale, basato su grani autoctoni e famoso per la sua bontà (rinomato per le sue caratteristiche ad esempio è il pane casereccio dell’Aquila, ndr)), che ora rischia di scomparire. Messo in crisi dalla mancanza di manodopera qualificata e dalla concorrenza della grande distribuzione». Lo stato dell’arte dei panettieri, in Abruzzo, è una medaglia a due facce: da una parte indica che mancano figure professionali in grado di preparare panini, dolci, torte e grissini e, soprattutto, disponibili a lavorare di notte, dall’altra evidenzia le difficoltà dei piccoli esercizi a contrastare l’avanzata degli iper investendo in tecnologia o in marketing. «Come facciamo – s’interroga Ruccolo – a combattere chi garantisce aperture domenicali e vende a prezzi ribassati il pane o addirittura se lo fa venire precotto dalla Puglia? Le istituzioni dovrebbero sostenerci maggiormente». E intanto i piccoli panificatori si ingegnano come possono, cercando di realizzare nuovi prodotti e pani speciali. Come fa appunto Ruccolo: con le noci, con le olive, con la zucca, con le fibre...
I PROBLEMI DELLA CATEGORIA - La carenza di personale, tuttavia, resta la vera spina nel fianco delle ditte del settore: «In Abruzzo – prosegue il presidente dell’assopanificatori - sono tanti i forni artigianali che non trovano manodopera e il problema, che esiste da anni, ora si è accentuato. Un fornaio con la qualifica ottiene circa 2.500 euro netti al mese in busta paga. Uno stipendio che, con gli straordinari e la produttività, arriva facilmente a tremila. È vero che si lavora nelle ore notturne, di solito da mezzanotte alle otto, ma c’è anche chi finisce prima e inizia prima. Quasi sempre, invece, rispondono alle offerte di lavoro solo gli extracomunitari e, ultimamente, neanche quelli». L’appello dei panificatori abruzzesi è raccolto idealmente dall’assessore regionale alle Politiche del Lavoro Paolo Gatti, 35 anni, avvocato, che della difesa dei mestieri tradizionali (o introvabili) ha fatto una specie di battaglia personale: «È un retaggio del dopoguerra – sostiene - il fatto che i figli debbano essere per forza tutti diplomati o laureati e impiegati, possibilmente nella pubblica amministrazione. Bisogna superare i pregiudizi culturali legati a professioni considerate poco qualificanti. È vero, quello del fornaio è un mestiere duro ma, come accade anche per altre figure molto richieste, consentirebbe di avere uno sbocco lavorativo immediato e sicuro e uno stipendio non trascurabile».
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