ASSERGI, LA LAVORAZIONE DELLA CANAPA NELLA VITA CONTADINA

La coltivazione e lavorazione della canapa è stata per anni protagonista della vita contadina di Assergi, oggi, solo le persone anziane ne preservano il ricordo. Faceva parte di quel processo di approvvigionamento autosufficiente che caratterizzava l’economia rurale: la famiglia patriarcale di una volta traeva dall’agricoltura e dall’allevamento quanto era necessario per vivere, tra questi la canapa, la materia utile per la confezione di stoffe e vestiti. Con i tessuti ottenuti si realizzavano indumenti e biancheria per la casa. La coltivazione della canapa è andata scomparendo nella prima metà del Novecento con l’arrivo in quantità dei prodotti tessili industriali.
Parlare del suo ciclo di lavorazione significa penetrare nella realtà del lavoro contadino, delle classi povere e soprattutto delle donne. La lavorazione della canapa consisteva in un procedimento lungo e faticoso. Il prodotto finale però era resistente e poteva durare tutta una vita. Corredi, lenzuola, asciugamani, capi d’abbigliamento, in gran parte costituiti da questa fibra vegetale, erano caratterizzati dalla ruvidezza tipica della canapa. Ora questo tipo di tessuto si trova solo più nei bauli e negli armadi delle nostre bisnonne. Non si produce e non si usa più e con esso si è estinto anche una lavorazione tradizionalmente femminile.
VI RIPROPONIAMO UN VIDEO REALIZZATO DALLA GIORNALISTA GIUSI FONZI PER TELEABRUZZO NEL 2001. LA TRADIZIONE ERA GIA’ SCOMPARSA, MA E’ STATA RICOSTRUITA PER L’OCCASIONE CON LA PRESENTAZIONE DI DELLA COMPIANTA LUCIA SCARCIA:


 

Vogliamo aggiungere una poesia in dialetto assergese di Angelo Acitelli che descrive la coltivazione e lavorazione della canapa.


‘NU LINZORE PE’ NONNA
Pe’ le prata, se somentéa la cannavina,
èra sott’acqua e de sicùre venia bboòna;
prima se carpìa lo spaone e cchiù tarde lo cannavìcce piéne;
le reportèane all’are cchiù assolàte
pe’ seccàlle e po’ èsse battùte;
tutti i mazzi preparàti
a ju massàle èrane curàti;
ce ju tenèane ‘nu mèse e ‘na vòta maceràti
i restennèane a ju sòle e rassugàti;
co’ la macinela, acciaccàta e racciaccàta,
dalla rischia la stòppa recapàta;
co’ la còsta se levèane l’ùreme schiarìghe
pè falla diventà e sènza pughe;
la stòppa raffinàta ch’èra pettenàta
co’ ju fuse e la chenòcchia èra filàta;
po’ co’ j’aspe, vinnele e filarèjjj
se m’mbjìane mazzi de cannèjji,
se passèa a ju sùbbie, a j’ordetore
po’ alla trùa dentre a ju tolàre
finarmènte …scìa ‘na tèla
longa, rambelosa e scura;
bagnàta, renfossa e reschiaràta
co’ acqua, sòle e tanta tanta bbucàta.
Pe’ fa’ ‘nu linzore bianche e ricamàte ,
quànte suvore e quànte nottàte…!

 



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