Il Bambinello Gesù - Ricordi Degli Anni 1930 - di Eugenia Vitocco

Cari amici di "Assergi Racconta", Eugenia Vitocco Sacco (uno dei nostri lettori che ci seguono da oltroceano) ci ha inviato dall'America un ricordo da bambina negli anni 30:
Il Bambinello Gesù - Ricordi Degli Anni 1930  -  Assergi (Natale 2019)

 
Ho novant’anni, li ho appena compiuti e vivo di ricordo della mia infanzia, vissuta in Assergi con i miei genitori, fratelli, sorelle, e tanta buona gente attorno. Ero bambina negli anni 1930, in quella età, quando la mente comincia a ricordare e a ritenere gli avvenimenti della vita e giornalieri. Le feste Natalizie stavano concludendosi e tutti stavano festeggiandone l’ultima ricorrenza “L’EPIFANIA.” Una mia sorella mi disse “andiamo in chiesa a baciare il bambinello, perché adesso ritorna a dormire nel suo ripostiglio e lo rivedremo il prossimo Santo Natale”. Il bambinello era una bellissima statuetta, scolpita e ben modellata che rappresentava Gesù bambino. Le feste erano finite e tutte le statuette del presepio, ben conservate dovevano tornare nel loro ripostiglio. Era costume per noi bambini, accompagnati dai nostri famigliari di andare a baciare il bambinello, come un atto di rispetto e buon riposo e lodi a lui e a Dio Onnipotente. “Oh, che carismatici momenti, gli innocenti che baciavano i piedini di Gesù”!
 
In quel sacro istante, baciando quei piedini nacque in me una ferrea fede in Dio e Gesù Cristo, che mi ha accompagnata in tutto il percorso della vita, dandomi il senso dell’amore, la forza e il rispetto per tutti e specialmente per quelli meno fortunati, alienati e oppressi nel mondo. Tutto ciò l’ho rimesso al Bambinello, è stato lui ad inculcarlo nel mio cuore ma anche con l’aggiunta di un agglomerato di cose e persone: “i miei genitori, il nostro paese (o il più accettabile e speciale dono di Dio, o la nostra Chiesa con la sua sacralità) dove entravo sempre con riverenza facendomi il segno della croce con la mano intinta nella piletta vicino la porta secondaria, conservatrice di acqua Santa per tutti. Lì a sinistra sotto le campane c’era un lungo banco, solo e isolato da tutti gli altri ed era padronale. Allora i banchi erano proprietà privata, non era permesso agli altri inginocchiarcisi eccetto per speciali occasioni. I più benestanti del paese li ereditavano o se li facevano costruire a loro spese, ed erano privilegiati anche nello scegliersi il posto dove allocarli. I meno abbienti, non potendone usufruire uno, anche loro attendevano le funzioni religiose inginocchiandosi al centro della navata centrale, gli uomini in piedi attorno all’altare e le donne in piedi dove c’era posto.
 
Soltanto ricordandolo mi si stringe il cuore, come mi si stringeva da bambina quando ci dicevano “lì non ci si può sedere perché i banchi sono padronali!”. Sapeste quanto amare erano quelle parole! A quella nostra età di bambini innocenti che non riuscivamo a darsene una risposta o una spiegazione. In una chiesa, in un luogo di preghiera dove è supposto che c’è Dio, un Dio uguale per tutti, ci regnavano ingiustizie, frustrazioni per i meno abbienti, ma a sua volta i più credenti fra tutti quei boriosi e autoprescelti in piccole comunità come il mio Assergi.
 
In quel banco, quasi sotto le campane noi bambine, pronte in età per la prima comunione, di giovedì, nel dopo scuola ci raccoglievamo per la Dottrina Cristiana, con il nostro Parroco di fronte che aveva sempre con se, nella mano destra una bacchetta, forse lunga un metro e mezzo. La usava in segno di autorità, battendola sulla testa di qualche bambina disinteressata ad imparare e interrompeva la lezione per tutti. Una bacchettata in testa, come segno per ridestarle la sua attenzione su quelle preghiere che in coro ripetevamo per memorizzarle. L’elenco era: “il segno della croce, il Padre Nostro, l’Ave Maria, l’atto di dolore, i Dieci Comandamenti, l’Angelo Custode, il Credo e la Requiem Eterna per i nostri defunti.” Una lunga lista come vedete!!
 
Io li ricordo tutti anche perché ero al secondo studio in quanto una mia sorella di due anni maggiore di me, me li aveva fatti memorizzare quando li stava imparando lei stessa. Ed adesso continuo a ripeterli tutte le sere come allora, sempre alla stessa ora; mi conciliano Dio e il mio riposo notturno. Tornai ad Assergi tanti anni fa, rientrai alla mia chiesa con un gran senso di riverenza, ma un po’ commossa e titubante nel sedermi nei banchi, perché ricordai quando essi erano padronali. Noi non avevamo un banco. Una mia sorella mi disse, inginocchiamoci, preghiamo per mamma e papà. Io chiesi, a quale banco? Non ricordi quando era proibito sedersi perché erano padronali! Ancora intimorita come quando ero bambina esitai un po’ aspettando la risposta di mia sorella. Si, mi disse, ma ora sono anche nostri. Sono di tutti, non ci sono padroni, ognuno può sceglierne uno a sua volontà per pregare. Ebbi un soffio di respiro in più ricordandomelo.
 
Ne feci lodi a Dio che, finalmente anche nella mia chiesa, da me tanto amata e sacra, con i suoi banchi e diventata uguale ed imparziale con tutti e per tutti. Son tornata tante altre volte e sono andata come prima sosta alla mia chiesa, trovandone le porte chiuse. Ho pregato fuori e mi sono fatti più di un segno di croce, perchè la nostra madre così ci diceva per aumentare la nostra meditazione nel conversare con Dio e Gesù Cristo. Adesso vengono a visitarla per la sua antichità e per la sua monumentalità, ma per me è sempre quel Santuario dove baciai i piedini di quel Bambinello da cui attinsi la mia fede per amare e lodare Gesù Cristo che non è Dio, ma Dio è Gesù Cristo. Due in uno solo.
 
Grazie alla nostra Chiesa di Santa Maria Assunta per questi meravigliosi ricordi della mia infanzia.
 
Eugenia Vitocco, USA
 
Il commento di Giuseppe Lalli
Bellissimo e commovente racconto di una assergese emigrata negli U.S.A. 
C'è in queste memorie una saggezza e una sensibilità che difficilmente si trovano in questa nostra modernità piena di superficialità e di risentimento. Racconti come questo sono il miglior antidoto contro il nichilismo imperante ai nostri giorni, in questo nostro mondo formalmente scolarizzato e sostanzialmente analfabeta.

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo