L'ERA VOLGARE

- di Giuseppe Lalli -

 

Viviamo nell'era volgare. Ce ne accorgiamo ogni giorno guardando le trasmissioni televisive o affacciandoci sui cosiddetti 'social network'.
Nei dibattiti televisivi si grida, ci si sovrappone con la voce, si proferiscono parolacce, ci si insulta persino, e il conduttore di turno fa finta di richiamare i 'contendenti', ma in realtà spesso non fa altro che avallare uno scontro che assomiglia molto ai duelli dei gladiatori nella Roma antica.
Un sistema di informazione che fa leva sugli indici di ascolto, in mancanza di un codice morale, fa sì che la concorrenza si svolga ad un livello sempre più basso, quello che solletica le componenti meno nobili del carattere umano, giacché l'uomo, con buona pace di Jean-Jacques Rousseau, non è buono per natura.
'Panem et circenses' : è questa è la filosofia di tante trasmissioni televisive.
La volgarità imperante, poi, è la spia di un'epoca che al ragionamento ha sostituito lo sproloquio e all'argomentazione articolata lo slogan sbrigativo. Il populismo e la demagogia, che sembrano dominare la scena pubblica italiana, sono in gran parte figli di questa degenerazione. È la stessa logica delle notizie 'gridate', che, alle orecchie degli ascoltatori, finisce per trasformare un avviso di garanzia in una sentenza di condanna.
Bisognerebbe ripartire dell'adozione di un codice di buona educazione, che sancisse severamente, tanto per cominciare, l'uso delle parolacce nelle trasmissioni radio-televisive.
"La cortesia - diceva Giovanni XXIII - è un ramo della carità", parole che sembrano lontane anni-luce.
L'era volgare, a ben riflettere, non è iniziata con la nascita di Gesù Cristo.



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