STORIA DEL FORNO DI FILETTO

- di Giovanni Altobelli -
 
 
 
Premessa.  Fin dall’antichità le famiglie nei paesi hanno avuto l’esigenza di cuocere il pane per sopravvivere.  Nel corso della storia esistevano varie forme per cuocere il pane, i vecchi forni erano costruiti in mattoni refrattari  o tufo e un piano di cottura di circa 120 centimetri da terra. La parte superiore del forno era fatta a cupola, aveva una porticina quadrata d’ingresso di circa 60 X 60 centimetri e vicino c’era l’imbocco della canna fumaria.  Mi limito a raccontare del forno di Filetto dell’Aquila.  Agli inizi dell’800 quando la frazione di Filetto ancora non faceva parte del Comune di Camarda  il paese era  amministrato dal  “Decurionato”  sotto il Regno di Napoli e delle due Sicilie, i decurioni erano delle persone esperte di amministrazione che sapevano leggere e scrivere. Pensarono all’epoca di costruire con i cittadini il forno in un piccolo appezzamento di terreno vicino l’antico palazzo Cialone-Palumbo.  La strada col tempo venne denominata Via del Forno angolo con Via della Chiesavecchia. Appena dopo il periodo borbonico, con l’Unità d’Italia il forno di Filetto venne amministrato dal Comune di Camarda, poi passato al Comune dell’Aquila nel 1927. Nel corso di oltre 150 anni il forno ha avuto le dovute manutenzioni, l’ultima fatta negli anni 80 da parte della ditta Luigi Scarsella di Filetto. Dagli anni 30 il Comune dell’Aquila affidò la riscossione dei tributi alla famiglia filettese di Sabatino Marcocci il vecchio classe 1874 passata successivamente al figlio Umberto Marcocci classe 1907 fino alla sua morte nel 1992. Gli ultimi tempi ogni persona doveva pagare circa 3.000= vecchie lire a persona. Dopo il 1995 gli eredi restituirono le chiavi al Comune perché non c’era più con la modernità la necessità di cuocere il pane. 
COME VENIVA ORGANIZZATA LA COTTURA DEL PANE NEL PASSATO? 
Da ragazzo dopo gli anni 50,  ricordo due brave donne del 900 che venivano chiamate: “Le fornare di Filetto” (Cecilia Marcocci classe 1903 e Ascenza Altobelli classe 1901).  Queste due grandi “donnone,”  organizzavano  quando l’una e quando l’altra la cottura del pane per le famiglie del paese. Prima si formavano le cosiddette squadre,  formate ognuna di 8 o 10 gruppi di donne che decidevano anticipatamente il giorno stabilito per la cottura del pane.  Una volta deciso il giorno della cottura del pane, la sera o la mattina  precedente le donne portavano nel locale del forno il cosiddetto “scallime”: spini, frasche secche ed altro. Le fornare a volte ad alta voce richiamavano le donne ritardatarie che ancora non provvedevano allo “scallime”. La mattina presto la fornara, provvedeva a ripulire il basamento del forno col “monnero” ossia un grande straccio imbevuto d’acqua attaccato alla pala per togliere le scorie e la polvere prima di accendere lo “scallime”.  Quando le donne erano tutte presenti, prima si cuocevano le pizze. Poi si faceva alla conta, le prime infornavano davanti, le seconde al centro e le terze verso la porticina mettendo a cuocere il pane. Ogni donna contrassegnava i filoni con una sigla di riconoscimento. Per chiudere  lo sportello non avendo una giusta  guarnizione, si metteva un pò di pasta ammassata ad esso intorno per la tenuta del caldo e alla fine della cottura venivano ricavati  saporiti maritozzi. In tempo di povertà alle due donne organizzatrici: (Cecilia e Ascenza) per ricompensa davano una piccola porzione di pasta per pagamento, riportandosi anche loro un paio di filoni di pane  per sfamare le famiglie numerose. Queste due grandi donne del passato “Cecilia e Ascenza” scomparse fra il 1963/73, lasciarono la loro eredità del mestiere alle nuove generazioni di donne che diventarono  autonome nella gestione della cottura del pane nel forno di Filetto. Ogni volta alla fine della cottura si sfornava il pane  e  le donne si avviavano contente a riportare i caldi filoni  con le tavole spianate  in testa nelle proprie case.
CONCLUSIONI DI QUESTO RACCONTO. Il forno del paese di una volta era un punto d’incontro e di aggregazione, oggi con la modernità tutto è scomparso. Il  locale del forno attualmente è abbandonato a se stesso,  forse con la ricostruzione del terremoto del 2009 verrà restaurato. Un appello ai cittadini del paese: dal mio punto di vista, nell’immediato futuro il locale dell’ex forno potrebbe diventare un deposito di attrezzi antichi e vecchi cimeli di vario genere dell’800/900  per ricordare la cultura contadina e pastorale del passato. Lasciando anche delle documentazioni  di storia del nostro paese,  insomma un luogo da essere visitato per vedere anche come si cuoceva il pane nel passato. Questa è una storia come tante altre del nostro paese che le future generazioni  possono ricordare.
                   Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli

 



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