Roio undici anni dopo

Sono passati undici anni da quel 6 aprile 2009. Adesso la nostra comunità si trova a combattere un’altra calamità altrettanto ostica, che non cancella la prima ma in un certo senso si aggiunge ad essa. Quella di oggi, in cui si commemorano le vittime del terremoto, è una notte in cui la domenica lascia il posto al lunedì. Proprio come accadde undici anni fa. Fu, un brutto lascito, quello di allora. Proviamo a fare un punto della situazione. La ricostruzione dei centri storici delle frazioni, che pare aveva finalmente imboccato la strada giusta, con questa emergenza mondiale del corona virus, ha subito un nuovo rallentamento. Qualche giorno fa mi sono ritrovato vicino casa con il giornalista Giustino Parisse che mi ha chiesto un piccolo contributo per fare il punto della situazione sullo stato della ricostruzione qui a Roio. Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo. Fu proprio qui, a giugno di undici anni fa, che incontrai per la prima volta Giustino, ero insieme al mio caro amico Renzo di San Pio delle Camere. Insieme, allora, calpestammo le macerie che coprivano ciò che restava delle case del Poggio antico, teatro naturale di uno dei presepi viventi più belli e conosciuti dell’aquilano e luogo in cui brulicavano studenti universitari che, fortunatamente, quella notte di primavera non erano presenti. Oggi quel palcoscenico è cambiato: non ci sono più macerie ma solo una collina priva di case, dove non si riconoscono più le vie e gli slarghi i quali ormai si confondono con la vegetazione ivi cresciuta spontaneamente. In questo desolante contesto villico emerge qua e là il perimetro murario che delinea per sommi capi quello che doveva essere l’assetto urbano del borgo. Un luogo simbolo, dunque, in cui la volontà di riappropriarsi dei paesi portando avanti la linea di recupero del dove era e come era ha mostrato tutti suoi limiti. Non è possibile resuscitare le case in pietra di un tempo, completamente inghiottite dal terremoto, che insieme ai suoi antichi portali, vignali, rue, aie disegnavano un meraviglioso scenario da fiaba e dove ogni cosa, ogni pietra, anche la più piccola, avevano una storia da raccontare. Mantenere questo impianto medievale sostituendo la vecchia tipologia edilizia con costruzioni in cemento armato che nulla avranno a che vedere con ciò che poteva raccontare un tempo il paese ai suoi abitanti, è un’operazione di recupero storicamente inutile che non tiene conto della sicurezza dei suoi abitanti con adeguate vie di fuga e una migliore vivibilità. Possiamo altresì affermare che in generale la ricostruzione pesante delle quattro frazioni di Roio è partita; poi ci sono i consorzi con i soliti ritardi dettati non solo dalla complessa macchina burocratica, ma anche dall’ingente mole di lavoro che i tecnici devono svolgere e che non viene sempre espletata tenendo conto dei tempi e dei modi dettati dalla ricostruzione e soprattutto dei proprietari alcuni dei quali, a volte a ragione e a volte a torto, sono eccessivamente pignoli o formulano richieste irricevibili. Per quanto concerne il lato religioso, tranne Roio Colle, le chiese delle frazioni ancora non sono tornate nella diponibilità della comunità (Il Santuario della Madonna della Croce del Poggio e la chiesa di San Marciano di Roio Piano e Santa Rufina). Una menzione particolare merita quella dei Ss. Nicandro e Marciano nella quale qualche anno fa furono fatti degli interventi di recupero che sembrano aver apportato poche migliorie se non poco più dell’imbiancamento della facciata. All’interno dell’edificio sacro permangono ancora le impalcature. Subito dopo il terremoto si tentò di realizzare una chiesetta di legno ma il progetto non andò in porto. Certo, il prefabbricato non avrebbe sostituito la chiesa originale ma avrebbe potuto servire i fedeli di Roio Piano e Santa Rufina senz’altro meglio del centro polifunzionale ubicato nei vicini MAP che nasce per un altro scopo e non come luogo di culto dove la sacralità è un valore spirituale irrinunciabile. Per oggi, giorno delle Palme, accontentiamoci della funzione religiosa celebrata nella chiesetta del Poggio da un solitario don Osman e trasmessa tramite social. Per un altro tipo di miracoli è bene rivolgerci a San Franco, nato a Roio Piano, del quale proprio quest’anno ricorrono gli ottocento anni dalla sua morte. L’anacoreta dedicò la sua vita alla preghiera e a compiere azioni inclini ad avvicinare l’uomo a Dio e alla natura che lo circonda. Mai insegnamento fu più profetico e attuale che questo santissimo uomo volle tramandarci.
- di Fulgenzio Ciccozzi -



 



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