Gara di slalom gigante svoltasi sul ghiacciaio del Calderone - Precisazioni di Camillo Berardi

Precisazioni di Camillo Berardi sulla "Gara di slalom gigante svoltasi sul ghiacciaio del Calderone"

 


- di Camillo Berardi - Ho letto l’articolo sulla gara di slalom gigante svoltasi sul ghiacciaio del Calderone, molti anni fa, che ha scritto Paolo Boccabella, riportando gli appunti preliminari che gli avevo inviato, anticipandogli la mia intenzione di pubblicare un servizio sull’evento, dopo aver fatto opportuni approfondimenti, ma la pubblicazione dell’articolo ha preceduto le mie intenzioni e gli approfondimenti che ho fatto nel frattempo e che riporto in questa nota, avendo parlato anche con il Presidente dello Sci Club 18 che ha autorizzato la pubblicazione del servizio, con alcuni illustri atleti che hanno partecipato alla gara di sci estivo sul Calderone e avendo raccolto le testimonianze della guida Alpina Gigi Mario che in quegli anni gestiva il rifugio Franchetti. Nella conversazione che ho avuto con lui, ci ha tenuto ricordarmi che per i frequentatori del Gran Sasso lui era "Giggi, chillu frignu dellu rifuggiu"..

 La competizione si svolse il giorno di Ferragosto del 1963, non del 1965, e fu preceduta da una gara sciistica effettuata nel mese di luglio del 1962. La competizione del 1962 partiva dal ghiaione sottostante la morena del ghiacciaio del Calderone, nei pressi del rifugio “Il Buco” realizzato da Andrea Bafile e dai “Negri” del Gran Sasso nel 1949, e arrivava alla conca ubicata sotto il rifugio Franchetti.

Per la gara di Ferragosto del 1963, organizzata dallo Sci Club 18 sul ghiacciaio del Calderone, si salì a piedi perché la storica seggiovia monoposto che collegava Prati di Tivo alla “Madonnina” non esisteva ancora (fu realizzata successivamente e inaugurata il 12 dicembre 1965, all’inizio della stagione sciistica invernale di quell’anno) e il materiale necessario per lo svolgimento della gara (fune e motore della sciovia, strutture per fissaggio dell’impianto sul ghiaccio, carburante, pali di legno per segnare le porte della pista di slalom gigante, e quant’altro) fu portato sino alla “Madonnina” con l’ausilio di muli e nel tratto successivo - fino al ghiacciaio del Calderone - a spalla, dagli organizzatori della competizione e dai partecipanti alla gara.

La competizione organizzata dallo Sci Club 18, unica nella storia, effettuata sul ghiacciaio del Calderone, fu vinta dal noto campione di sci Daniele Cimini e vide la partecipazione di altri autorevoli atleti, come Preger Miro e Preger Edoardo.

Fu un evento straordinario e riuscitissimo che rimane bene impresso nei miei ricordi.

Dopo questa manifestazione, nel 1964, la guida Alpina Gigi Mario che gestiva il Franchetti, per far praticare lo sci estivo agli ospiti del rifugio, montò nei pressi del medesimo una piccola sciovia costruita dal suo amico alpinista e istruttore di sci alpinismo Andrea Bafile e questo avvenimento mi porta a ricordare la costruzione del rifugio “Il Buco” realizzata nel 1949 da Andrea Bafile, con l’aiuto dei “Negri”, nella morena del ghiacciaio del Calderone.

Un enorme masso che usciva a sbalzo dalla morena, fu chiuso perimetralmente da pietre localmente disponibili e fu realizzato un bivacco, noto con la denominazione “Il Buco”, che s’integrava perfettamente nel paesaggio naturale del Gran Sasso. Nel piccolo rifugio furono realizzati una cucina e uno spazio per dormire, con attrezzature e materiali che venivano portati a spalla da “I Negri”, partendo a piedi da Pietracamela.

Il piccolo rifugio rimase attivo sino al 1960 ed era un’ottima base per le arrampicate sulle maestose vette circostanti. Veniva utilizzato anche per le sciate estive sul Ghiacciaio del Calderone, e per le risalite veniva utilizzata una piccola sciovia smontabile costruita da Andrea Bafile.

Ancora oggi “Il Buco” si trova in ottime condizioni.

La qualifica di “Negro”, coniata dall’artista Pino Zac, “Negro” anche lui, era un passaggio obbligato per i giovani che iniziavano a frequentare la montagna.

 La “Nobile istituzione dei Negri del Gran Sasso” fu fondata da Andrea Bafile nel 1949, dette un contributo determinante per la realizzazione della Via Ferrata “Brizio” e per la Via Ferrata della Piccola Parete al Corno Piccolo, detta impropriamente “Danesi”: questa Via fu aperta nel 1926 dagli “Aquilotti del Gran Sasso”, Ernesto Sivitilli, Igino Panza, Bruno Marsili e Armando Trentini. Tra l’altro “I Negri”, nel 1949, collaborarono attivamente con la troupe sul set del film “La Roccia Incantata” che in parte fu girato sul Gran Sasso e, nelle scene di arrampicata, le controfigure furono Andrea Bafile e Marcello Vittorini.

Allego alla presente una foto dello Sci Club 18  e un bellissimo disegno di Pino Zac con le vignette de alcuni “Negri del Gran Sasso”.

Tornando alla gara di slalom gigante organizzata dallo Sci Club 18 il giorno di Ferragosto de 1963, non possiamo passare sotto silenzio le pionieristiche attività sciistiche effettuate sul ghiacciaio del Calderone dall’alpinista Andrea Bafile e dai “Negri”.

Tornando allo Sci Club 18, la storia e le innumerevoli attività sportive di quest’ammirevole associazione, che non si limitano soltanto alle gare di discesa con gli sci, possono essere conosciute nel dettaglio collegandosi con il sito del prestigioso sodalizio:


https://sciclub18.it/

 

     SLALOM GIGANTE SUL GHIACCIAIO DEL CALDERONE 15 AGOSTO 1965

- di Paolo Boccabella -

 

Nel 1930, 18 studenti appartenenti alla Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano (SUCAI), determinati ad apprendere le più recenti tecniche di discesa con gli sci, fondarono un Club di Sciatori Universitari, che proprio in quell’anno, per ordine delle autorità dell’epoca, la SUCAI fu sciolta e tutte le attività sportive giovanili furono fatte confluire nel GUF (Gruppo Universitari Fascisti). I 18 amici, già promotori del Club Sciatori Universitari, non si persero d’animo, decisero allora di dare origine a un nuovo club indipendente e, in una birreria di Roma, nacque lo Sci Club 18 dove, tra i soci fondatori, figurava il noto fortissimo Alpinista Aquilano: Giuseppe Bavona. Lo scopo dell’Associazione era la promozione dello sci e dello sport in genere, e l’elevazione morale della gioventù. Il barone Carlo Franchetti, insieme ai figli Giorgio e Mario, favorì la migrazione dello Sci 18 che da circolo romano divenne sempre più “cortinese” (Carlo ne fu presidente dal 1947 al 1955 e Mario dal 1960 al 1961). Infatti, nel 1939 Carlo Franchetti inaugurò la funivia che collega Cortina al monte Faloria la quale cambiò totalmente la vita sportiva di quel tempo. I poderosi impianti portavano in vetta gli sciatori che affluivano dall’intero territorio nazionale e Carlo Franchetti coinvolse il gruppo degli amici romani che pochi anni prima avevano fondato lo Sci Club 18. Questi temerari si lanciavano giù dal Faloria, in discesa libera, alla ricerca di nuove piste, cosicché la più ardita fu battezzata SC18, in loro onore.
Negli anni ’60 furono organizzate moltissime gare di sci e le sedi dello SC18 diventarono tre: Cortina, Roma, dove i soci gareggiavano prevalentemente sugli Appennini e Milano dove i soci gareggiavano a Cortina, Sestriere e Cervinia.
Nell’immediato dopoguerra, l’ammissione allo Sci Club era consentita soltanto agli atleti con importanti meriti sportivi, naturalmente i soci dovevano essere in grado di scendere disinvoltamente la difficile discesa SC18. Tra il 1940 e il 1970 gli affiliati diventarono 150 con un 40% di atleti azzurri ed altri di I, II e III categoria, mentre i “diciottini” cominciarono a mietere successi, anche a livello internazionale. All’inizio degli anni ’80 il Club venne aperto alle donne e il numero dei soci ebbe un incremento notevole. Veniamo a quel che ci riguarda: Il giorno di Ferragosto del 1965, lo Sci Club SC18 organizzò una gara di slalom gigante sul nostro Ghiacciaio del Calderone, riservata agli studenti universitari del Centro Italia, in gran parte provenienti dal bacino Romano, gli unici atleti abruzzesi furono Camillo e Roberto Berardi.
La seggiovia monoposto, costruita qualche anno prima, aveva messo in collegamento il piazzale dei Prati di Tivo alla "Madonnina"/”Arapietra”, quel giorno, la sfortuna volle, che non funzionasse; sia i paletti di legno per la gara, la sciovia smontabile per la risalita e le attrezzature occorrenti per la competizione sciistica estiva, furono trasportati fino alla “Madonnina” con l’ausilio di muli. Nel tratto successivo, fino alla morena frontale del ghiacciaio del Calderone, il materiale fu portato a spalla dagli organizzatori della gara in questione e dagli atleti partecipanti. Fu un giorno memorabile attraverso anche una organizzazione impeccabile, dove un validissimo contributo fu dato dai pionieri del Gran Sasso, meglio conosciuti come: “I Negri”, già realizzatori del Rifugio “Il Buco” di Andrea Bafile, posizionato sotto la morena del Calderone. Anche su questi valorosi personaggi torneremo a raccontare la loro storia......... (Tratto dalla viva voce di Camillo Berardi)



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