La storia Tra Ginevra e l\' Infn del Gran Sasso

 (DAL CORRIERE DELLA SERA) - La storia Tra Ginevra e l' Infn del Gran Sasso, confronti e racconti degli scienziati coinvolti nella ricerca. E nel team scientifico anche molti giovani «precari» Sei mesi tra dubbi e divisioni al Cern I due fronti dei cacciatori di neutrini I dissidenti: servivano più misurazioni. La direttrice: eravamo pronti Divulgare o aspettare A marzo i risultati del test, in estate la decisione di rompere gli indugi per battere la concorrenza degli americani - GRAN SASSO - Mille e quattrocento metri di montagna sulla testa, il respiro dell' universo sigillato fuori da queste grotte dove viene spontaneo abbassare la voce. «I figli di qualche collega adesso ci dicono: "Visto? Mica valeva la pena di studiarlo tanto, Einstein!". Ma non è così. Qui non stiamo buttando via Einstein, la relatività ha avuto infinite prove. Potrebbe essersi aperto uno spiraglio che ci costringe ad andare oltre: questo, sì», sospira Lucia Votano, che dirige il laboratorio. Dentro la caverna C, tra portelloni d' acciaio e cunicoli ad aerazione forzata, il rivelatore dell' esperimento Opera continua a immagazzinare dati nel silenzio artificiale, acciuffando neutrini coi suoi 150 mila mattoncini di piombo ed emulsioni orientati come una ciclopica macchina fotografica verso il Cern di Ginevra, a 730 chilometri da qui. Paure? «Beh, qualcuna... Vede, la velocità tutti la capiscono. Che la massima velocità sia quella della luce è un concetto abbastanza radicato. Quanto più una scoperta ci costringe a cambiare il nostro modo di vedere la realtà, tanto più ti dici: mamma mia, avrò sbagliato?». Ma se il Padreterno è un centometrista, i neutrini sono le sue orme. Questa pare grosso modo l' idea, tra Ginevra e Gran Sasso. «Pensa se abbiamo appena preso un tau!», bisbiglia Chiara Sirignano, poco più che trentenne come molti dei ricercatori che lavorano al Gran Sasso con la Votano. I cacciatori di neutrini più bravi si trovano quaggiù, protetti dal massiccio abruzzese, dentro tre grotte gemelle che paiono cattedrali, ciascuna lunga cento metri e alta venti, 180 mila metri cubi di pura sapienza tecnologica voluti da Antonino Zichichi a fine anni Settanta: oggi, pochi fondi, tanto precariato e tuttavia quindici esperimenti di fisica delle particelle in contemporanea, 900 scienziati da tutto il mondo che s' alternano a macchinari grandi quanto un' intera parete della grotta. L' orgoglio d' Italia sta qui, un po' nascosto. L' esperimento Opera braccava da tre anni i neutrini tau, i più sfuggenti, per dimostrare che mutano e dunque hanno una massa: molte teorie sulle nostre origini muterebbero con loro. Majorana e Pontecorvo ci si ruppero la testa. La Collaborazione (si chiama così l' associazione temporanea di ingegni dietro ogni esperimento, e questa conta 11 nazioni, trenta istituti, 160 scienziati ed è guidata da Antonio Ereditato - un napoletano che insegna a Berna e spruzza ogni frase di understatement ) è incappata strada facendo in una scoperta che, salvo abbagli, potrebbe relativizzare la relatività di Einstein: c' è qualcosa di più veloce della luce. Sparati a decine di miliardi dagli acceleratori del Cern attraverso la crosta terrestre, i neutrini sono arrivati quaggiù battendo i poveri vecchi fotoni di 60 nanosecondi. Insegui il tau e magari inciampi nel Nobel, gli americani chiamerebbero serendipity quest' imbattersi in meravigliose sorprese sul cammino. I ragazzi del Gran Sasso distolgono lo sguardo, amano poco i riflettori. «La misura della velocità è stata un risultato secondario dell' esperimento», ammette il responsabile del settore Scanning , Nicola D' Ambrosio, tra i computer del laboratorio esterno disteso come un mantello grigio sulle pendici del Gran Sasso vicino al paesino di Assergi. A Ginevra si può afferrare naturalmente l' altro capo di questo filo. Il direttore delle ricerche Cern, Sergio Bertolucci, attutisce con bonomia l' eco degli ultimi fuochi d' artificio dopo l' annuncio della scoperta: «Beh, magari i neutrini non sono più veloci della luce, magari hanno preso una scorciatoia». Non è necessariamente una battuta, perché, da Zichichi in giù, non c' è fisico che escluda l' esistenza teorica di chissà quante altre dimensioni e... scorciatoie. Il capogiro non è effetto dell' aerazione forzata. «Quando a marzo siamo arrivati a questa misurazione della velocità, ho pensato: ehi, calma, ragazzi!», ricorda Lucia Votano. Invece la storia ha accelerato di botto. E dentro lo spiraglio aperto nella relatività einsteniana si sono infiltrati fama e potere, spifferi di rancore, dubbi e divisioni dolorose. Nell' ultimo scorcio degli anni Novanta, sono in tre i fondatori, quelli che propongono l' esperimento tra il laboratorio dell' Infn (l' Istituto nazionale di fisica nucleare) al Gran Sasso e quello del Cern al confine tra Svizzera e Francia: il napoletano Strolin, il giapponese Niwa e l' allora giovane e già brillante Ereditato, che col passare del tempo prenderà la guida della Collaborazione. «Io non ho un briciolo di merito», dice adesso, esagerando nel giochino al ribasso: «Mi quoti, lo scriva: la scienza non è un uomo solo al comando». La spesa iniziale è di cento milioni di euro, quella annuale di un milione. Tra il 2006 e il 2008 si mettono a punto le macchine. Chiara Sirignano rammenta con tenerezza i turni «dalle sei di mattina, qua sotto, al freddo, davanti ai robot che assemblavano i 150 mila mattoncini del rivelatore». Perché, vale la pena di ricordarlo, quest' esperimento, che resti come trionfo o flop, non sarebbe stato neppure immaginabile senza i giovani fisici precari che hanno lavorato negli ultimi anni al Gran Sasso. Gente come Chiara. O Adriano Di Giovanni, ora alle relazioni esterne, che riesce a scherzare: «Un sogno? Tornare indietro nel tempo e cambiare corso di laurea». O Fabio Pupilli, che non scherza mai e dunque dice verità banali e grandi assieme: «Un sogno? Continuare a fare bene il mio lavoro». E qui si lavora sull' oscillazione del neutrino, l' esperimento a quello mira. Il 31 maggio dell' anno scorso si stappano bottiglie nei laboratori del Gran Sasso per festeggiare l' appearance , l' apparizione certa del primo neutrino tau derivato da un neutrino muonico sparato da Ginevra. «Altri cinque o sei eventi così, e sarà una grande vittoria», pensano in molti. La vittoria, o qualcosa che per ora le somiglia parecchio, arriva invece d' improvviso lo scorso marzo. «C' è stato questo evento, sì, ma noi abbiamo passato i dati a Dario Autiero», dice D' Ambrosio, con modestia degna di Ereditato. Da Lione, Autiero, responsabile delle misurazioni, si mostra cauto da subito: «Abbiamo riscontrato un neutrino che ha superato la velocità della luce, ma c' è bisogno di prudenza, non per la veridicità o meno della notizia ma perché occorrono analisi più approfondite con sistemi diversi», dirà. La voce però corre nella comunità scientifica. «È un segreto di Pulcinella», riconoscono in molti. Corre anche la voce che in Minnesota gli americani stiano accelerando il loro esperimento Minos: obiettivi simili anche se con margini d' errore molto più alti. «La misurazione per noi era matura, stop. Poi, certo, non volevamo che un gruppo concorrente arrivasse prima», spiega con franchezza la Votano. «Bando alle ciance», diventa il mantra dell' estate. «Qui si cambiano le leggi di natura...», bisogna divulgare la scoperta o aspettare? Più d' uno scienziato è incerto. Questo dei «dissenzienti» è l' unico argomento che appanna l' amabilità di Ereditato: «O mamma mia! Non mi faccia arrabbiare! Non siamo macchine, e io stesso ho detto a ciascun collaboratore, visto che il risultato era così ground breaking , di pensarci bene, secondo coscienza!». Quanti sono i perplessi? Una trentina, forse, azzarda all' inizio qualche fonte. Non c' è riscontro, chissà. Certo il numero si riduce di molto a Bologna, dove dal 6 al 9 settembre Opera tiene i suoi stati generali. «Ereditato ci propose una scaletta di tempi sui seminari e le pubblicazioni, aveva la maggioranza. Ma, in verità, disse anche: chi non è convinto non firmi, non verrà di certo espulso per questo dalla Collaborazione», racconta Piero Monacelli, dell' Aquila, uno dei sette che alla fine non sottoscrivono il pre print , base della futura pubblicazione: «Non faccio polemica, mi creda. Prima di mandare in soffitta Einstein avrei voluto controllare le misurazioni, tutto qui». Sono giorni convulsi, s' inverte la procedura d' adesione: normalmente vale la vecchia regola del chi tace acconsente, qui si chiede invece di esplicitare l' assenso. I perplessi ricordano l' esplosione di una supernova osservata nell' 87, quando luce e neutrini arrivarono assieme. «Coi calcoli usati per Opera, i neutrini dovevamo scoprirli tre anni prima...», mormorano. Amicizie antiche vacillano. «Io sono stato molto angosciato nel non firmare», dice Monacelli: «Mi addolorava non riconoscere il lavoro dei miei colleghi, e l' ho detto apertamente. Benché non abbia firmato, mi auguro che la scoperta sia confermata». Ma farebbe la figura di chi ha scambiato il Graal per una lattina di birra... «Uffa, d' accordo, un pochino mi dispiacerà, allora, non aver firmato». Il board della Collaborazione vota, il dado è tratto. L' ovazione che saluta la relazione di Autiero al seminario di Ginevra consegna al passato gli ultimi dubbi. I ragazzi del Gran Sasso vanno avanti senza pensarci troppo: «Il Nobel mica lo danno a 160 persone...». Il Nobel è una parola vuota come un fotone. Ma qualcosa di buono può uscirne. Può capitare che l' Italia si accorga infine di questi trentenni chini a studiare duro per due soldi, così lontani dalla melassa tv. Così ironici sui luoghi comuni che ci portiamo in testa. «D' accordo, lo scriva: non c' è solo la generazione del Grande fratello...». Se persino i neutrini diventano visibili, perché loro non dovrebbero? Goffredo Buccini RIPRODUZIONE RISERVATA - Non siamo macchine. Aderire? Ho detto a tutti di agire secondo coscienza Antonio Ereditato è coordinatore di Opera ( AP Photo ) - Magari non sono più veloci, ma hanno preso una scorciatoia Sergio Bertolucci è direttore delle ricerche del Cern - Non accettare il lavoro dei colleghi mi addolora. Ma volevo più controlli Piero Monacelli professore di fisica ( Contrasto ) - Se una nuova scoperta cambia la realtà dici: mamma mia, avrò sbagliato? Lucia Votano dirige i Laboratori del Gran Sasso - La scheda Einstein Mentre lavora a Berna, nel 1905, Einstein annuncia la Teoria della relatività: stabilisce che la luce viaggia alla velocità di 300.000 chilometri al secondo. Nel 1916 estende la Teoria: la massa dei corpi celesti influisce sullo spazio deformandolo




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