NEUTRINI VELOCISSIMI

(Di Marco G. Giammarchi) -  La notizia arrivata dal CERN di Ginevra e dal Laboratorio Nazionale del Gran Sasso ha fatto rapidamente il giro del mondo. Una misura di velocità dei neutrini pare indicare una violazione della Relatività Speciale: neutrini prodotti al CERN sono arrivati con 60 nanosecondi di anticipo rispetto alla velocità della luce nel vuoto.
Per essere completi dovremmo anche citare che ricerche di effetti superluminali hanno a volte dato risultati sorprendenti e spesso difficili da interpretare. Risultati che mettono in gioco la nostra comprensione della propagazione dei fotoni e di alcuni effetti non-locali delle particelle quantistiche. Mai però era stato osservato un effetto di questo tipo, riguardante non fotoni ma altre particelle, e una distanza di volo di questo tipo.
Il risultato di cui parliamo fa parte delle attività dell'esperimento OPERA, un rivelatore installato al Laboratorio del Gran Sasso, costruito e gestito da una collaborazione internazionale guidata da Antonio Ereditato dell'Università di Berna. Lo scopo primario dell'esperimento è la rivelazione di neutrini provenienti dal CERN di Ginevra allo scopo di confermarne le oscillazioni.
Per realizzare il programma sperimentale di OPERA, una nuova linea di fascio è stata costruita al CERN. Si tratta della linea di produzione di neutrini, che parte da un fascio di protoni. Grazie a questa tecnologia, un pacchetto ("bunch") di neutrini può essere inviato dal CERN al Gran Sasso. I protoni danno luogo a pioni e kaoni che poi decadono in muoni e neutrini in un tunnel di decadimento lungo un chilometro. I neutrini rimasti passano attraverso la crosta terrestre indisturbati (perchè interagiscono poco) e in soli 2 msec compiono il percorso tra i due laboratori.
L'idea dell'esperimento OPERA in fondo è stata semplice. Visto che un fiotto di neutrini viene emesso al CERN e alcuni di essi poi interagiscono al Gran Sasso, perchè non provare a misurarne la velocità? In realtà la cosa non è così semplice per vari motivi. Innanzitutto la durata temporale del "bunch" di protoni è di circa 10 microsecondi. In secondo luogo i protoni producono neutrini attraverso una cascata di particelle secondarie senza che sia possibile determinare il momento e il posto esatto di produzione del neutrino lungo il chilometro del tunnel di decadimento dei muoni. Di queste due incertezze, si può dimostrare che la seconda è del tutto trascurabile per via del fatto che si tratta di un fascio ad alte energie (17 GeV di media per i neutrini. Restano invece 10 microsecondi di indeterminazione sul momento di partenza del neutrino. Entro questi 10
microsecondi, il tempo di volo CERN-Gran Sasso dei neutrini non può essere misurato in interazioni singole perchè non sappiamo quale dei neutrini prodotti in questo tempo darà luogo a interazioni visibili in OPERA.
Non va dimenticato che la sezione d'urto di interazione dei neutrini nella materia è piccolissima. Per ovviare a questa problematica, la collaborazione ha usato un metodo statistico, studiando la forma temporale del bunch di protoni e determinandone accuratamente la distribuzione probabilistica, la sua densità di probabilità. E il tempo di volo di questa distribuzione temporale è stato confrontato la la forma statistica dei tempi di interazione osservati al Gran Sasso. La misura di questa differenza di tempi è stata riferita interamente al sistema GPS,
il Global Positioning System. Per questo motivo è stato necessario sincronizzare i sistemi GPS al CERN e al Gran Sasso in modo da migliorarne l'accuratezza temporale ben al di sotto della precisione tipica di 100 nanosecondi del GPS. In questo lavoro gli sperimentatori di OPERA sono stati aiutati dagli istituti metrologici svizzero e tedesco.
E per ultimo, è stato necessario determinare la posizione dei rivelatori con grande accuratezza. Anche questo è stato effettuato utilizzando ancora una volta il GPS (supplementato da metodi geodetici per il Gran Sasso) ed ha portato a una determinazione dei rivelatori di OPERA nella Sala C del Gran Sasso con un errore di circa 20 cm. Il risultato di questa complessa procedura è un errore complessivo che viene stimato in 7 nsec circa di errore sistematico. Con questo errore complessivo, i ricercatori di OPERA hanno misurato uno spostamento della figura temporale di interazione di 60 nanosecondi rispetto a quella che si sarebbe avuta utilizzando la velocità della luce come velocità di propagazione dei neutrini. La misura è affetta da un errore statistico di 7 nsec e quindi abbiamo un valore che è ben al di fuori dell'errore. Insomma, la misura suggerisce che nella caverna sotterranea del Gran Sasso, i neutrini arrivino con 60 nsec di anticipo rispetto alla velocità della luce nel vuoto.
In questo modo, se esistesse un tunnel immaginario tra il CERN e il Gran Sasso, e se un neutrino ed un fotone facessero una ipotetica gara di velocità, avremmo che quando il neutrino è arrivato al Gran Sasso, al fotone mancano ancora 18 metri di strada. La prima presentazione di questo risultato fu fatta al CERN venerdì 23 Settembre da parte di Dario Autiero dell'IPN di Lione, seguita il lunedì successivo da un seminario di Pasquale Migliozzi dell'Università di Napoli al Laboratorio del Gran Sasso. Ma la notizia, davvero dirompente, è passata con grande velocità dai laboratori ai giornali. E' evidente a tutti che una scoperta di questo tipo sarebbe un cambiamento importante per tutta la fisica moderna. L'ipotesi più plausibile va nella direzione delle dimensioni extra, con il fotone e il neutrino che quindi percorrono traiettorie leggermente differenti
nello spazio multidimensionale.
E con la materia confinata in strutture (brane) collocate in questo spazio con tante dimensioni. Si tratterebbe di un cambiamento di paradigma della massima importanza nella fisica teorica. Ed è proprio per questo che occorre essere prudenti. Innanzitutto è importante il consenso pieno della collaborazione OPERA attorno al lavoro; discussioni interne sono infatti in corso tra gli sperimentatori, di cui attendiamo con ansia l'esito.
Va poi detto che, visto che l'effetto misurato è dell'ordine di 3x10^-5 (60 ns su un tempo di volo di 2 msec) e quindi di per se non è in accordo con quanto visto nella Supernova 1987A, situata nella LMC, a 160,000 anni luce da noi. In quel caso i neutrini ed i fotoni arrivarono pressochè insieme (e una eventuale differenza avrebbe dovuto essere inferiore a 2x10^-9). Tuttavia bisogna anche ricordare che quelli della Supernova erano antineutrini (e non neutrini) ed inoltre avevano energie molto inferiori, dell'ordine di 10 MeV contro i 17 GeV del fascio prodotto per OPERA.
La conclusione al momento più sensata è probabilmente una vigile ed operosa attesa, sia per attendere la conferma degli stessi autori della misura ma anche per eseguire misure di controllo e verifica. Le quali possono forse essere fatte nel prossimo futuro da altri esperimenti
al Gran Sasso (come Borexino e LVD) e anche dall'esperimento MINOS negli Stati Uniti, che si avvale di una configurazione simile con neutrini prodotti (stavolta al Fermilab) e inviati su un rivelatore lontano centinaia di chilometri.
Se vogliamo tutto questo è ancora una volta la dimostrazione che la fisica può sempre produrre sorprese inaspettate. In un momento in cui la comunità aspettava (e tuttora aspetta) la scoperta del Bosone di Higgs, ecco una sorpresa eclatante provenire da una direzione diversa.
Questa è anche la ricchezza e la bellezza della ricerca.
(Marco G. Giammarchi è coordinatore di Fisica Astroparticellare della Sezione INFN di Milano)



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