IL PRIMO ABITANTE DEL BORGO DI SANTA MARIA


- di Angelo De Angelis -

 

Il borgo di Santa Maria è posto alle falde di Montecalvo con poche case, sei famiglie e tante storie da raccontare, molte di più di quelle che sono apparse sulle pagine facebook di alcuni miei cugini e mia.

Abbiamo narrato episodi di vita contadina, piccole storie di abitanti che hanno partecipato alla grande storia d’Italia, storie di umili animali che hanno condiviso fatica e gioie con uomini semplici, ma dal cuore grande più del borgo, ragazzate di giovani vissuti sotto quel cielo… ma chi è stato il primo abitante di quel piccolo, insignificante paesetto?

Non è facile dare una risposta: la memoria di quei luoghi e di quelle persone è breve e ciò che abbiamo raccontato non va oltre un orizzonte temporale di dieci generazioni che, in termini di anni, significano poco più di tre secoli; tuttavia ci sono indizi che ci fanno viaggiare ancora indietro nel tempo.
Per esempio la chiesetta contiene affreschi che rappresentano dottori della chiesa, con i loro libroni sottobraccio, che ci fanno spostare le lancette dell’orologio di ottocento anni indietro; quella stessa chiesa ha contenuto, fino ai primi anni cinquanta, una madonna lignea con bambino del XIII secolo. C’è anche il portale di una casa sulla cui architrave c’è scolpito uno scudo araldico con una croce munita di due bracci, quello superiore più corto: la “Croce di Lorena”.

La Croce di Lorena è un simbolo adottato, la prima volta, da un grande della storia europea, tale Goffredo di Buglione, quando con la prima Crociata, soggiornò in terra santa dal 1096 al 1099. Quel simbolo fu adottato anche dai d’Angiò, dinastia francese che governò il sud d’Italia a partire dal 1268, quando re Carlo I sconfisse a Tagliacozzo Corradino di Svevia, ultimo erede del grande Federico II, probabile fondatore dell’Aquila.
Non c’è dubbio che quel portale sia più o meno contemporaneo alla chiesetta ed al convento ad essa annesso. Le lancette dell’orologio stanno sempre a ottocento anni fa circa: dunque primi abitanti di Santa Maria furono forse i monaci che sicuramente scelsero quel posto per il clima salubre, per la fertilità dei campi circostanti e, non ultimo per l’amenità del luogo, che è il più bello del mondo!

E prima ancora? Non sarà certo stato disabitato quel posto così bello: già quand’ero bambino mi piaceva curiosare tra le case del borgo guardando anche i sassi… e tra quelli mi piaceva riconoscere indizi di un mondo antico. Stiamo a pochi chilometri da Amiternum, col suo teatro e anfiteatro romani; stiamo a poche centinaia di metri da Civitatomassa, l’antica Foruli, fornitrice di un mare di reperti che quasi riempiono il Museo Archeologico di Chieti.
Affogati nei muri di Santa Maria ci sono rocchi di colonne di epoca romana, ed altri segni di preesistenze di vecchi abitati, ma di quei primi abitanti non c’è ancora traccia… anzi no!
Ripesco tra i ricordi un’altra storia tramandata oralmente dai miei vecchi!

Sono gli ultimi anni dell’ottocento: il mio bisnonno paterno Luigi, detto Ju Ministru si è da poco trasferito a Santa Maria e sta arando insieme ai figli un fondo di sua proprietà. All’improvviso il vomere si punta contro una grossa pietra, le mucche che trainano l’aratro si bloccano e nonostante schiocchi di frusta e grandi sforzi che fanno uscire bava dalla loro bocca, non riescono ad andare avanti. L’aratro resta incagliato. Con disappunto bisnonno e figli, a forza di colpi di zappa portano allo scoperto quella pietra e riescono a sollevarla di quel tanto che basta per risolvere l’impiccio. La fanno strisciare per terra per accantonarla ai margini del campo quando, rovesciandola, vedono che sul retro c'è il bassorilievo di un uomo: questi è rappresentato di profilo, seduto su una specie di sgabello con piedi a forma di X, ha in mano un bastone e sotto la seduta è poggiato un teschio.
Ju Ministru rimane allibito ed anche un po’ spaventato… si segna più volte per il carattere di sacralità che riconosce nell’immagine: il teschio è simbolo di morte! E’ opera forse del demonio? Ci pensa un po’ e poi decide. Carica con l’aiuto dei figli la grossa pietra sul carro e se la porta dietro.
Erano da poco terminati i lavori di costruzione della casa, e nonno Luigi, detto Ju Ministru, stava realizzando la stalla lungo lo strada che attraversa il borgo di Santa Maria: quella pietra avrebbe fatto bella mostra di sé sul portale d’ingresso: detto fatto, chiamò i muratori, fece scaricare la pietra e la fece murare al centro del portale, immediatamente sopra la chiave di volta dell’arco. Dopotutto, se quella pietra avesse avuto un qualche potere malefico avrebbe colpito un animale, ma non i suoi familiari e ci sarebbe stato tempo per sbarazzarsene!.
Il bisnonno Luigi, curioso ed intelligente com’era, aveva capito il valore di quell’oggetto, tant’è vero che, quando sentì avvicinarsi la fine, nel riferire ai suoi figli, ormai adulti, le sue volontà testamentarie, disse che la pietra sarebbe appartenuta a mio nonno Angelo insieme alla stalla. Se però avesse deciso di venderla, o collocarla altrove, la pietra sarebbe divenuta di proprietà indivisa anche dei suoi fratelli.

Fu così che l’uomo seduto con un bastone in mano ed un teschio sotto il sedere, che dopo tanto tempo aveva rivisto la luce del sole che splendeva sopra Santa Maria, diventò a tutti gli effetti un rispettato abitante del borgo, meritevole di sguardi, di commenti e di domande su quella sua discreta presenza: chi era quello strano tipo? Quanti anni aveva? Da dove veniva? Qual era il suo nome?
A quest’ultima domanda non potrà mai esserci risposta, così, tanto per dargli un nome di fantasia, lo chiamerò SAFINO.

Da bambino osservavo spesso SAFINO, perché mi aveva colpito ed incuriosito la storia del suo ritrovamento, ma tutte le altre domande non avevano risposta. Andando avanti con gli anni, con lo studio della storia e dell’arte cominciai a dare un senso a quell’immagine… e l’orologio per la ricerca del primo abitante di Santa Maria girò vorticosamente indietro macinando secoli e secoli, fino a fermarsi più o meno a tremila anni fa.
La prima cosa che mi divenne evidente fu l'origine preromana del bassorilievo. La figura era semplice, quasi stilizzata, ben lontana dalla perfezione e dal realismo delle sculture romane di ogni epoca. Dunque SAFINO apparteneva ad una delle tribù indoeuropee che, dopo aver attraversato le steppe dell’Asia e dell’Europa centrale, penetrarono in Italia verso il 1200 avanti Cristo. Si spostavano continuamente seguendo il rito della “Primavera Sacra”. Erano pastori che allevavano pecore e mucche. Quando la popolazione cresceva ed i pascoli non erano più sufficienti per sostenerla, consacravano al loro dio Marte i nati di un certo anno, uomini, donne e animali.
Diventati adulti, quei ragazzi venivano costretti ad emigrare portandosi dietro anche donne e bestiame, seguendo un loro animale sacro. Così i Piceni corsero dietro ad un picchio e si stabilirono nelle Marche, gli Irpini corsero dietro ad un lupo e si stabilirono in Campania . I Sanniti corsero appresso ad un toro e si stabilirono tra basso Abruzzo, Molise e Campania.

Ed a Santa Maria?

Vicino a Santa Maria c’è il paese di origine di mia nonna Cesira che si chiama Vigliano. Quel paesino oggi così piccolo, più di trenta secoli fa fu punto di arrivo di una tribù umbra che aveva corso dietro una mucca, che si era fermata proprio in mezzo a quelle montagne, piene di pascoli di qualità eccellente. Quegli umbri sacrificarono la mucca alla loro dea Saba, chiamarono TESTRINA quel primo loro villaggio e si diedero il nome di SABINI. Fondarono poi Amiternum occupando anche la collina di Santa Maria e si estesero, ad ovest, fino a Rieti ed oltre, finché incontrarono un gruppo di banditi mafiosi, rigorosamente maschi, che controllavano un guado del Tevere nei pressi dell’isolaTiberina e che facevano pagare il pizzo a chi voleva attraversare il fiume… e li nacque Roma, che si costruì un florido futuro con le donne rapite ai Sabini, antenati di mia nonna Cesira.

Vabbè, direte voi... ma chi era 'sto SAFINO?
Siamo arrivati alla fine della storia. SAFINO era un MEDDIX, ovvero un capo tribù, che racchiudeva in sé il potere politico-amministrativo ed il potere religioso. Le tribù Sabine si autogovernavano con metodi democratici. Ogni anno eleggevano il loro capo: se si comportava bene poteva anche essere rieletto una o più volte; se si comportava male poteva essere destituito e magari ucciso a furia di popolo. Il MEDDIX presiedeva le assemblee, e quindi aveva diritto a sedere su un trono, semplice come era semplice la loro vita, che aveva la forma di uno scranno.
Deteneva il potere politico ed amministrativo, il cui simbolo di comando era il bastone, simile al bastone pastorale detto avellana, che usavano i nostri pastori transumanti fino a sessant’anni fa.
Presiedeva le cerimonie religiose ed era quindi una sorta di grande sacerdote, mediatore tra il mondo terreno e l’oltretomba, ed il simbolo era il teschio, poggiato sotto il suo sedere.

Insomma il primo abitante di Santa Maria era proprio SAFINO, praticamente coetaneo e forse alleato del ben più famoso Guerriero di Capestrano, che comandava una tribù Vestina a circa quaranta chilometri di distanza e che si è conquistato il posto d’onore al Museo Archeologico di Chieti.
E SAFINO, direte voi, con una conoscenza così altolocata, sta ancora a fare la guardia alla sua mucca sacra dentro la stalla di nonno Luigi?
Purtroppo no. Una notte di circa quarant’anni fa SAFINO è stata rapito e sicuramente è andato ad alimentare il florido mercato nero delle opere d’arte ed a nulla è valsa la denuncia della sua sparizione ai carabinieri. Quella pietra che io pensavo molto spessa e ben incastrata all’interno del muro, protetta anche dall’altezza considerevole da terra, era invece una lastra di poco più di dieci centimetri di spessore ed era semplicemente appoggiata al muro, tenuta solo da un po’ di calce; non è stato difficile purtroppo rimuoverla di notte e portarla via senza dare nell’occhio.
Non l’ho mai fotografata, ma l’ho ancora ben impressa nella mente ed ho cercato maldestramente di riprodurla nel disegno che chiude questa piccola storia del primo abitante di Santa Maria.



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