LA NOSTRA STORIA - MIETITURA E TREBBIATURA

- di Giovanni Altobelli -

 

 

(Premessa). Nel lontano passato per decenni la mietitura del grano è stata fatta con un semplice strumento a mano detto: “sarrecchia” “dove gliu  contadino de na vota ci meteva lo grano”. La “sarrecchia e il martello” è il simbolo del comunismo. In questa mia storia voglio raccontare la mietitura e trebbiatura: (come si svolgeva nel 900 ma anche prima a Filetto dell’Aquila fino all’anno 1975). Tanti anni fa, quando ancora si lavorava la terra, la mietitura veniva fatta ancora con sistemi “antichi” cioè  a mano con la cosiddette “sarrecchia o falcetto” per mietere il grano seminato dai contadini nel mese di settembre/ottobre dell’anno precedente.  Nel territorio di Filetto, venivano distinti: “campo di sotto e campo di sopra”.  Cioè la parte della campagna bassa, comprendeva le località più calde sotto i 1.000 metri dove il grano maturava prima, mentre la campagna alta, si riferisce al campo di sopra verso la montagna fino ai 1400 metri. La mietitura iniziava ai primi di luglio, dopo che il contadino aveva provveduto a “ribattere  le sarrecchie  o falcetti “ col martello affilandole per renderle più efficienti. A volte si organizzavano grandi squadre per la mietitura, si partiva presto la mattina per trovarsi di buon’ora nei campi, il fresco mattutino rendeva proficuo il lavoro. Dopo la colazione,  quando il sole si cominciava ad alzare  si avvertiva il primo caldo,  fra il sudore e la calura, con grande ardore e spontaneità iniziavano i canti  paesani del “Messor mietitori” (dio romano dell’agricoltura), canzoni della guerra e della montagna.  Da un terreno si passava all’altro e si ammucchiavano centinaia di “manocchi (in dialetto) o covoni”, i più anziani formavano le cosiddette “caprine”, formate da 13 covoni, oppure si formavano i cosiddetti mucchi di “caselloni” che potevano essere da 30 a 40 covoni.  La giornata trascorreva lentamente con grande soddisfazione, quando il raccolto si presentava buono. I canti alleviavano la dura fatica,  chini col taglio delle “sarrecchie o falciglie”, sembrava rendere gratitudine alla terra che l’annata era andata bene. La fase intermedia, dopo che il grano veniva lasciato per una ventina di giorni nei terreni, si iniziava a “raunarare” parola dialettale filettese che significava: raccogliere o riportare il grano con asini, muli e cavalli con gli appositi “caoni”,  specie di recipienti in legno che venivano attaccati al basto delle bestie. Riportati nelle apposite “aie” per la formazione delle “oppie  o mucchie” di grano che ogni famiglia depositava nella propria “aia”. Quando la mietitura era giunta alla fine, nelle tre aie iniziava la trebbiatura. Nel lontano passato quando ancora non esistevano i mezzi meccanici,” il grano, orzo e segala venivano fatte le cosiddette “tresche” con le bestie, maciullando i covoni sciolti che poi diventano paglia. Appena finita la tresca, avveniva la “ventilazione o vintola” il trescato si alzava in aria per separare il grano.  Le tre bellissime aie di una volta, (oggi scomparse) venivano riempite di innumerevoli “mucchi di grano” in piena estate si dava inizio alla trebbiatura. La gente si aiutava  nel lavoro a vicenda: (chi era addetto alla cama, chi alla paglia e chi all’uscita del grano) ognuno aveva il suo compito. Le donne riportavano la paglia nei pagliai, i giovani con gli asini riportavano il grano nelle cantine, tutto funzionava bene.  Dalla vicina Paganica venivano le trebbie, va ricordato il famoso: Edomondo De Paulis, seguito dai Cimati, Antonio Ricciardi,  I Zugaro: “detti i Pintucci” che svolsero con le loro trebbie fino all’anno 1975. In questo mio racconto voglio ricordare Fernando Mennessier nato il 19 ottobre 1936 a Saint. Menges (Ardennes) Francia, il quale ha sposato nel 1959 la filettese Fernanda Marcocci. Nella sua vita ha svolto il lavoro di falegname, di meccanico nelle fonderie, avuto l’hobby di fotografo, di disegnatore e pittore a olio e acquarelli. L’anno 1970 Fernando ha avuta la capacità e la bravura a raccontare la mietitura e trebbiatura con grande professionalità di realizzare a Filetto un film documentario con una macchina da presa 16 millimetri intitolato: “Il GRANO D’ORO”. Vive tutt’ora in Francia con la famiglia e la figlia Marilen, un grande ringraziamento mio e di tanti di Filetto a Fernando che ha saputo cogliere l’occasione per lasciare una traccia di storia e usanze del nostro paese.  Conclusioni. Questo è solo un ricordo del passato di un tempo che fu.

                Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli

 



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