L’Aquila, 11 anni dopo la città bianca langue dimenticata

Cari amici di "Assergi Racconta", riportiamo alcune considerazioni di Antonella Lenti, una giornalista di Piacenza che alcune settimane fa durante un tour nel centro Italia ha fatto tappa nel nostro bellissimo territorio. www.antonellalenti.it

 

L’Aquila, 11 anni dopo la città bianca langue dimenticata da un politicume che coltiva solo il proprio ombelico

L’Aquila, 11 anni dopo la città bianca langue dimenticata da un politicume che coltiva solo il proprio ombelico. La città è bianca. E’ imprigionata in un groviglio di tubi Innocenti e di coperte di plastica a celare il “mai fatto”, ma è bianca, luminosamente bianca. All’Aquila, la ricostruzione della città è una chimera dopo che sono trascorsi 11 anni dal terremoto quando si prometteva una ricostruzione lampo.

 

Anzi la fondazione in pochi mesi di una città nuova. Una new town, remember? (Detta così, in inglese, faceva più effetto perché gli anglosassoni sono pragmatici e portano a casa concretezza al quadrato ogni volta che si impegnano…

 

L’Aquila, 11 anni dopo – La new town

 

Detto così in inglese faceva pensare che si sarebbe fatto presto, faceva sperare che si fosse trovata la formula magica per aggirare la burocrazia e le norme esistenti diventati una giungla intricata tanto che una norma spesso annulla l’altra.

 

Erano solo parole, se stiamo alle immagini catturate con un antiquato iphone di quarta generazione. Tante figure che parlano da sole e che sollevano una caterva di interrogativi.

 

Possibile che di questo problema si sia persa la memoria? Possibile che ci si perda quotidianamente da anni ad arrotolarsi intorno all’ombelico di un politicume che coltiva esclusivamente il proprio orizzonte prospettico e non si cura d’altro?

 

Definizione inglese a parte non solo non esiste una new town alla base della piattaforma appenninica su cui sorge L’Aquila, ma quelle palazzine che sono state costruite a Sassa il quartiere che si incontra sulla sinistra arrivando a l’Aquila dalla statale 17 da Rieti  sono oggi l’ennesimo mostro che punteggia qua e là quel bellissimo paese che ci vantiamo di abitare di cui non ci curiamo di sostenere e difendere.

 

Da chi? Da noi stessi verrebbe da dire. Un peccato non averla vista a fondo, assaporata, vissuta prima della distruzione da cui è stata colta.

 

L’Aquila, 11 anni dopo – Il Gran Sasso

 

L’Aquila è là, appoggiata sui monti appenninici di cui il dominus è il Gran Sasso d’Italia e sorvegliata a vista dai monti della Laga condivisi con un’altra zona terremotata, quella di Amatrice, Accumoli nel Reatino, sisma più giovane ma altrettanto devastante e sepolto nella dimenticanza di un Paese molto loquace quando si mettono in fila i propositi ma parimenti ingessato dall’inedia al momento di metterli in pratica.

 

L'Aquila

Assergi. Piccolo borgo “fantasma” sopra L’Aquila

L'Aquila

Assergi

La città resta bianca. Il candore colpisce e mette in risalto il suo essere piegata in due, afflosciata su se stessa. Contribuiscono  le enormi “bende” ingiallite dal tempo e sottoposte ciclicamente a revisione così come le stampelle d’acciaio con cui sono puntellati i muri antichi come quelli di San Massimo sulla piazza principale oppure la chiesa di Santa Maria Assunta in Paganica che un tetto non ce l’ha più e i muri del perimetro sono protetti da tettoie sostenute da ponteggi d’acciaio.

 

L’Aquila, 11 anni dopo – Il dedalo di tubi

 

Tante volte sono intervenuti per “tirare” i bulloni dei tubi Innocenti che dopo tanti anni non stanno fermi, si sa la terra è viva e si muove, anche impercettibilmente ma si muove – ci ha detto un medico tornato a L’Aquila dopo anni passati all’estero per lavoro – e non so quanto sarà stato speso per tutte queste operazioni che sono in corso da oltre un decennio.

 

Tra le chiese è riaperta e tornata a splendere la chiesa di Santa Maria del Suffragio – o meglio delle Anime sante – costruita dopo un terremoto che rase al suolo la città nel 1703. All’interno il racconto per immagini delle 309 vittime in quella notte di aprile. Per non dimenticare.

 

L'aquila

Edificio steccato di tubi sul corso principale

E poi c’è il problema enorme di un centro storico completamente attaccato dal sisma con palazzi bellissimi e altri meno importanti ma allo stesso modo vincolati dalla soprintendenza. Lo sky line dell’Aquila sono le gru più o meno alte. I rumori che scandiscono le ore delle assolate giornate di luglio provengono da tanti cantieri che si aprono nei vicoli della città.

 

Operai al lavoro ce ne sono, lavorano alacremente e continuano anche oltre il tramonto. Alcune case sono sistemate anche se gli abitanti sono fantasmi. I campanelli accanto ai portoni hanno pochissime etichette coi nomi dei residenti o di uffici o studi… sono quasi tutti vuoti.

 

L’Aquila, 11 anni dopo – Chi tornerà ad abitare?

 

Dopo 11 anni chi ha potuto una casa se l’è costruita altrove. Molti sono fuggiti da quelle casette – le avete viste là sotto? – stanno crollando sono inutilizzabili quando va bene altrimenti diventano rifugio di fortuna occasionale per chi vive ai margini. Nessuno è disposto ad abitare in una condizione del genere? Meglio l’abbattimento. Si discute a L’Aquila anche se la tenacia, la resistenza di rimettersi in movimento non ha mai toni alti. Gente di montagna, gente resistente.

 

Nelle strade un po’ di vita ha ripreso a respirare. La libreria di corso Vittorio Emanuele è a pieno ritmo con le prenotazioni dei libri scolastici. I titolari vanno fieri del loro scaffale di montagna “Cerchiamo di far conoscere questa meraviglia che è il nostro Appennino, i sentieri, i fiori, le rocce… Spiegano quando chiediamo se c’è un libro che illustri la flora dell’Appennino centrale…

 

Sul Gran Sasso abbiamo notato una fioritura meravigliosa con fiori mai visti e poi si svela il mistero la strettoia in cui è emerso il Gran Sasso ha una particolarità che risale ai tempi della formazione della catena montuosa quindi a milioni di anni fa quando ha “raccolto” le specie del Nord insieme a quelle mediterranee ma ha accolto anche le essenze provenienti dalle terre dei Balcani… non staccate dal mare… ma è un’altra storia che meriterebbe di essere ulteriormente approfondita.

 

L’Aquila, 11 anni dopo – Lentamente si riprende

 

Intanto nella città bianca sotto al monte i bar la sera si animano nonostante tutto. Nell’oscurità le transenne, le zone off limit rappresentano una ferita ancora più marcata. Ma s’incontrano anche persone che hanno voglia di fare e di riprendere. Un piccolo negozio di spezie, (Camelia in via principe Umberto) ci accolgono due giovani gestori con tante speranze.

 

Abbiamo aperto a Natale e poi a febbraio con il Covid 19 abbiamo subito chiuso… Lamentano ma il sorriso si fa largo e guardano avanti. Ora puntano su internet il sito del negozio si sta approntando compatibilmente con le difficoltà che incontrano anche i fornitori di questi servizi. Sono ancora chiusi e si stanno riorganizzando. Il Covid 19 è stata una mazzata brutta per tutti noi. Per L’Aquila ancora di più, un’altra gamba tesa su un corpo a terra. Letteralmente. Ma si va avanti. I turisti? Sì, cominciano a tornare.

 

Gran parte – segnalano con una punta di dispiacere – vengono a vedere a che punto siamo, a che punto sono le ricostruzioni.

 

L’Aquila 11 anni dopo – Le case degli studenti

 

Anche quelle sono un bel groviglio. Si è deciso di intervenire attraverso consorzi tra proprietari per cercare di portare a termine i lavori di interi isolati. Tutto va a rilento. Parecchio a rilento. E torna il dubbio senza risposta… più passano gli anni quanti ex residenti di L’Aquila torneranno ad abitare qui? E quanti giovani? A proposito di giovani…

 

Sulla circonvallazione che porta all’ingresso dell’autostrada per Teramo le palazzine delle case per studenti. Sono stati tanti i morti. Sulla staccionata logorata dal tempo sono ancora visibili le foto dei ragazzi morti sotto le macerie… un peruviano, un americano… storie ancora vive come i mazzetti di fiori rimasti attaccati alle foto.

 

Il palazzo del governo che divenne l’immagine simbolo del terremoto a L’Aquila nel 2009 con quel GOV…ERNO spezzato non è ancora ricostruito. Si sta lavorando ma il palazzo è ancora “grezzo”… Tanti luoghi con funzioni pubbliche sono ancora al palo. “Hanno spinto prima sui privati per sistemare le case” ci spiega un abitante e con la mano mostra le case intorno con i segni evidenti delle lacerazioni.

 

La strada sarà ancora molto lunga e forse pochi sanno dove potrà condurre.

 

Nulla sarà più come prima.

 

                              L’Aquila, piccola galleria



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