I santi che svettano sul Gran Sasso e sul Monte Circolo

Nell’approssimarsi dell’evento annuale della “salita alla fonte di S. Franco”, esce il volume di Stefania Di Carlo e Ilio Di Iorio su due santi roiani: Franco e Placido.

 

 

Il titolo è: "I santi che svettano sul Gran Sasso e sul Monte Circolo. Dagli eremiti Franco di Assergi e Placido di Roio a Karol Woityla" è edito da “SpazioArte-abruzzo az 60”. A presentare l’opera, che porta anche un ricordo post mortem del Prof. Ilio Di Iorio (autore delle traduzioni latine dei manoscritti trascritti) da parte dell’ex Preside del Liceo Classico di Atri, Prof. Emilio Marcone, è Padre Rocco Ronzani OSA della Pontificia Università Lateranense e dell’Istituto Patristico Augustinianum.

                La Prof.ssa Stefania Di Carlo è docente di Storia della Chiesa Antica e Medievale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Fides et Ratio” di L’Aquila, ha all’attivo più di 14 pubblicazioni su Celestino V, su Ovidio, su Sant’Agostino e Petrarca, nonché innumerevoli articoli scientifici sul cardinale Carlo Confalonieri, Angitia-S. Domenico di Cocullo, Ercole-S. Maria a Vico, etc. Il Prof. Ilio DI Iorio, deceduto da qualche anno che ha lasciato alla collega Di Carlo, l’onere di perpetuarne la memoria attraverso gli scritti, realizzati insieme, è l’indiscutibile latinista sulmonese, autore di articoli scientifici su Publio Ovidio Nasone in “Latinitas” e su tante altre miscellanee.

                190 le pagine del nuovo lavoro dei due studiosi, comprendenti anche le foto relative ai luoghi dei santi suddetti, frutto della partecipazione all’opera di Bruno Marconi del CAI dell’Aquila. Molti i grafici che chiudono lo studio; tutti volti a dimostrare la potenza “taumaturgica” di due eremiti, considerati “santi” dai monaci (ma non dai preti!) prima del processo di canonizzazione, portato avanti da Sancta Romana Ecclesia.

                DI S. Franco si racconta la vita attraverso il testo del parroco di Assergi, Nicola Tomei, che nel 1742 trascrisse negli “Atti” un manoscritto rintracciato in chiesa, oggi perduto. Tale trascrizione è stata liberamente tradotta  dal nobile aquilano Nardo De Nardis e è stata dimenticata nel corso del tempo. Nelle mani di Stefania Di Carlo e del Prof. Ilio Di Iorio ha, oggi, una nuova veste, a cominciare dalla traduzione che risponde alla letteralità e alla perfezione stilistica. In verità, erano anni che la Prof.ssa Stefania Di Carlo intendeva lavorare su S. Franco, ossia da quando Padre Don Demetrio Gianfrancesco nella Chiesa di Cristo Re dell’Aquila le regalò un suo volume sul santo, chiedendole, un giorno, di riprendere il suo studio. C’era di certo qualcosa di profetico nel suo dono!

                Ma torniamo ai contenuti.

                La Vita di S. Franco è opera di un autore anonimo del XIII secolo, ma, di certo, di un chierico contemporaneo dell’assergese, anche se molto avulso dalla storia del tempo e dagli eventi che vi avvenivano (commette vari errori su imperatori e papi dell’epoca). Dopo avere raccontato della nascita a Roio, dei genitori umili e devoti, dell’educazione presso il parroco Palmerio, della vocazione da “solitario predestinato alla santità”, si parla di Franco che lascia i greggi paterni e si consacra nell’abbazia lucolana di S. Giovanni di Collimento a Dio, diventando monaco equiziano. Si tratteggiano, poi, il rifiuto della carica di abate, il sacerdozio, l’eremitaggio a Civita Monovile, ossia alla “via aurea” con l’episodio del miracolo di lui e l’orso che ricorda San Colombano. La simbiosi con la montagna continua con l’incontro dei sette lupi famelici che tentano di divorarlo e con i miracoli di protezione dalla rupe che rotola su alcune persone che cercano di raggiungerlo all’episodio dell’albero che sta per precipitare su un uomo delle Cafasse a Civita Monovile. Ampio spazio viene dedicato al miracolo alla sorgente del Vasto, posta a 1730 m di altezza (acqua intesa come dono di Dio), e agli eventi dell’orsa e dei suoi lupacchiotti, del lupo che non divora un infante, salvato, invece, da Franco, di Franco che salva alcuni uomini da una slavina staccatasi da Monte Portella, sulla morte anomala di Franco tra il 4 e 5 giugno. Da leggere con attenzione sono i paragrafi dedicati al culto di S. Franco nel corso dei secoli e lo studio della gente “miracolata” originaria di Assergi, Barisciano, San Demetrio, Bagno, Genca, Paganica, Rocca di Preturo, Filetto, ma anche di Pietracamela, Loreto, Farinola, Collecorvino, Penne, Catignano, Villa Celiera.  9 sono i miracoli fatti in vita e 4 dopo la morte; nella gran parte si tratta di miracoli guarigione. Una parte del libro è dedicata ai miracoli dal 1600 ai nostri giorni. Di ogni miracolato vengono indicati età, diagnosi medica, tempo della malattia, modalità e luogo di guarigione.

                Il lavoro punta a fare di S. Franco il “santo del Gran Sasso” che ha a cuore la conservazione della natura incontaminata; il santo che propone una società sostenibile; il santo che è in linea con il messaggio della “Laudato si” di Papa Francesco e con i luoghi amati da Karol Wojtyla; il santo che è mediatore tra il mondo selvaggio e quello umano-civile.

                Su San Placido il discorso è più breve e sorprendente. La Vita del sec. XIII, scritta dal monaco dell’abbazia di Casanova, il cistercense Paolo da Celano, segnala il santo che, da pellegrino a San Jacopo di Compostela, alle grandi basiliche romane, al Santuario di San Michele Arcangelo nelle Puglie, si dà alla vita cenobitica nel Casentino e, poi, si isola nella zona e poi nel convento di S. Spirito di Ocre.  Oltre ai 27 miracolati di S. Demetrio, Fossa, S. Eusanio, Lucoli, Corno, Castro San Pietro, Bazzano, Sassa, Caporciano, Pianola, Ofagnano, Cascia, Pretoro, Valle Siciliana, e ai 4 miracoli esornativi, vengono evidenziati non solo gli studi non regolari, il cibo frugale e le scarse qualità fisiche e intellettuali, la deprecabile igiene personale (nel testo si parla di “puzza” che emanava dal suo corpo!), ma anche la fede indefettibile, il fervore nella preghiera e la pietà di Placido. Non mancano passi relativi alla chiesa che ancora oggi conserva il suo ricordo e le spoglie.

Scrive Padre Rocco Ronzani dell’Institutum Patristicum Agustinianum e della Pontificia Università Lateranense: “Nella suggestiva cornice del Gran Sasso, nel maestoso paesaggio che gli era ben noto e caro, San Giovanni Paolo II nel 1993 benedì una cappellina dedicata alla Vergine e rivolse al suo uditorio, in particolare agli Alpini calde e attuali parole. Le parole del santo pontefice richiamano da vicino l’itinerario esistenziale e spirituale dei due santi del Gran Sasso, l’abate Placido e Franco di Roio, ovvero di Assergi, vissuti tra il XII e il XIII secolo, che sono stati venerati e continuano a essere venerati dalla popolazione generosa del Gran Sasso e di tutto l’Abruzzo. […] Le due belle figure di Franco e Placido meritavano, dunque, rinnovata attenzione e la pubblicazione di Stefania Di Carlo e Ilio Di Iorio è senza dubbio un contributo notevole. Avvicinare le fonti storiche della nostra tradizione è come scalare una montagna che – per usare le parole di Giovanni Paolo II – apre i suoi segreti a chi ha il coraggio di sfidarla, richiede sacrificio e allenamento e obbliga a lasciare la sicurezza delle valli, ma alla fine, dopo tanta fatica, offre a chi ha il coraggio dell’ascesa gli spettacoli stupendi delle cime e delle profondità!”.

Il libro è disponibile presso l'R&B IL Parco Assergi e all’Hotel Fiordigigli, base della Funivia, di Assergi.



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