40 anni fa la visita di Giovanni Paolo II ad Assergi, un ricordo dei ragazzi di allora

L’amore di Karol Wojtyla per il Gran Sasso è noto. Da quando nel 1978 fu eletto al soglio di Pietro le sue visite private nei luoghi più belli delle nostre montagne si sono contate a decine. C’è stato per sciare sulle piste di Campo Imperatore o per passeggiare e sostare davanti alla chiesetta di San Pietro della Ienca, oggi suo Santuario. Due visite ufficiali ebbero come meta il Gran Sasso: quella del 30 agosto del 1980 quando si recò nel cantiere del Traforo e quella del 20 giugno 1993 per inaugurare la chiesetta della Madonna della Neve restaurata dagli alpini. Chi vi scrive lo ricorda bene quel 30 agosto del 1980, ero lì come operatore televisivo insieme al giornalista Dante Capaldi, accreditati con la stampa per l’emittente Radio-Televisiva RTA (Radio Televisione Abruzzo), per fare la cronaca dello straordinario evento. Fu per me una emozione indescrivibile, trovarmi a pochi passi da Papa Giovanni Paolo II e poterlo seguire dall’uscita dall’elicottero per tutta la cerimonia.

Sono trascorsi 40 anni da quella giornata memorabile, la vogliamo ricordare con la testimonianza di alcuni ragazzi di allora.

Claudio Capodiferro 30 Agosto 1980 Sono trascorsi quaranta lunghi anni da quel giorno ma l'emozione in me è rimasta intatta. Le emozioni più forti sono quelle che durano pochi secondi. Attimi intensissimi, nei quali senti il cuore accelerare fino a darti la sensazione che il tempo si fermi e la realtà scompaia. E' esattamente ciò che provai il 30 Agosto 1980. Noi, ragazzi ventenni del borgo, ci eravamo riuniti qualche giorno prima dell'evento per dare un contributo e un segnale della nostra presenza al Santo Padre che veniva a visitarci. Quasi subito decidemmo di scrivere uno striscione e concordammo all'unanimità sul colore, bianco e giallo, e sulla scritta: "Assergi saluta il Santo Padre". Erano già alcuni anni che ci riunivamo di tanto in tanto per dare luogo ad iniziative varie. Erano gli anni in cui l'amato Parroco, il buon Don Gustavo Iovenitti, stimolava la nostra creatività e il nostro spirito di squadra, realizzando una grande svolta innovativa nel percorso educativo dei ragazzi. Ricordo le molte gite turistiche in giro per l'Italia, il coro della messa domenicale in cui io e altri suonavamo le chitarre e il presepe vivente allestito nella chiesa in cui io, Giacomo Sansoni (Gianni) e altri, preparavamo le scenografie. Tornando alla visita di Padre Karol, come affettuosamente lo chiamo io, mi torna alla mente la folla immensa che lo aspettava, il suo arrivo in elicottero, il suo discorso sul palco e infine la sua partenza. Io ero rimasto in disparte, tra l'elicottero e il palco, frastornato dalla confusione che immancabilmente si era creata. Erano accorse moltissime persone da tutto il comprensorio aquilano spinte dal desiderio di vedere il nuovo Papa di persona a due anni dalla sua salita al soglio pontificio. Il nostro striscione svettava sulla collina di fronte al palco. Il discorso del futuro Santo fu semplice e toccante, improntato sui valori essenziali dell'uomo e sulla bellezza delle nostre montagne. Un breve bagno di folla e presto la salita sulla camionetta per ritornare all'elicottero che lo attendeva. Lui era lì, in piedi nella parte scoperta della camionetta che procedeva piano nella mia direzione. Con una mano si teneva saldo e con l'altra salutava e benediva. Fu in questo momento che accadde qualcosa di speciale nella mia vita. I nostri sguardi e i nostri sorrisi si incrociarono e improvvisamente il mio cuore si riempì di emozione, gioia e serenità. In quell'attimo il tempo e lo spazio non esistevano più. Stavo vivendo un istante appartenente all'eternità, in cui i parametri e le misure umane cessano di esistere. Non sapevo che quello sguardo e quel sorriso si sarebbero ripresentati alla mia mente venticinque anni dopo, nel pomeriggio di Sabato 2 Aprile 2005. Ero al mare e improvvisamente sentii la sua chiamata forte e incessante. Non potei fare altro che correre sotto le sue finestre spalancate e subito dopo il mio arrivo l'altoparlante di Piazza San Pietro ci comunicò la frase, diventata poi famosa, pronunciata poco prima da Padre Karol: "Vi ho cercato. Adesso voi siete venuti da me. E vi ringrazio!".


Franco Sabatini Sono trascorsi 40 anni, da quando la caduta dell'ultimo diaframma delle gallerie autostradali sotterranee del traforo del Gran Sasso, ha contribuito ad unire ed avvicinare notevolmente le distanze tra la Provincia dell'Aquila con quella Teramana e raggiungere più facilmente la montagna con il mare e viceversa; fu un evento storico, sia per l'inaugurazione della grande e sospirata opera definita mondiale, che il 1 Dicembre 1984 diventò percorribile alle auto e, sia per la presenza straordinaria ed eccezionale di Sua Santità, papa Giovanni Paolo ll°, Karol Wojtyla; tutti noi ragazzi, poco meno o poco più che ventenni, da tempo eravamo a conoscenza di questa straordinaria notizia, grazie all'allora e mai dimenticato parroco missionario Don Gustavo Iovenitti, originario di Paganica che, tornato dopo anni di missione da paesi lontani ed ancora oggi stremati da gravissime sofferenze, fu nominato alla guida della nostra parrocchia; probabilmente lo ricordiamo come precursore e "rivoluzionario" nella gestione dell'amministrazione della parrocchia, in quanto, rispetto a come era precedentemente da noi conosciuta, ne fece un luogo attivo e vivace, fortemente attrattivo per tutti noi ragazzi che, con lui, condividevamo quotidianamente sia la partecipazione nelle funzioni religiose e sia negli aspetti più ludici e ricreativi, accompagnati da idee ed iniziative, quasi sempre discusse nella sua casa parrocchiale; sarebbe un lungo raccontare del prete missionario che, per primo, aveva autorizzato "l'ingresso" in chiesa del suono della chitarra e l'utilizzo di parte di essa per svariate iniziative, quale poteva essere il presepe vivente, molto partecipato dai parrocchiani; tornando all'evento, fu una giornata particolarmente motivante ed emozionante; nei giorni precedenti, sempre nei locali della chiesa, avevamo preparato un lunghissimo striscione con la scritta, se ricordo bene, "Assergi saluta il Santo Padre"; quel giorno, di prima mattina, molti di noi ragazzi andammo a prendere posizione sulla collina, di fronte lo spiazzo sopra l'ingresso del traforo che era stato preparato per l'atterraggio dell'elicottero bianco del Pontefice; certo, in quel tempo, vedere il papa a poche decine di metri di distanza fu e resterà certamente un evento fantastico e straordinariamente emozionante; potremmo raccontare ancora a lungo, ma sicuramente un ricordo così importante di un evento di 40 anni fa, ci consente anche di tornare molto indietro nel tempo, facendoci riassaporare la spensieratezza della nostra piacevole e divertente gioventù; grazie al nostro caro amico Antonio che ci ha sollecitato e piacevolmente coinvolti a scrivere un pensiero a ricordo di quel memorabile avvenimento... 

 
Luigi Faccia
Quel giorno Papa Giovanni Paolo II venne in visita ufficiale all'Aquila per l'anniversario della nascita di S. Bernardino da Siena e come prima tappa venne al Cantiere COGEFAR per salutare le maestranze e la popolazione. Ricordo la curiosità, l'emozione e l'agitazione per la visita del Papa e per preparare un qualcosa per salutare il Santo Padre. Si decise di fare uno striscione con una frase di saluto. Il giorno della visita fu veramente una giornata particolare, ero preso da mille pensieri e dall'emozione di poter vedere e magari salutare Papa Giovanni Paolo II. Infatti, feci di tutto per mettermi lungo le transenne dove da li a poco sarebbe passato il Santo Padre. Ricordo che quando venne il momento, cominciarono a tremare le gambe, pensavo: cosa posso dirgli? lo saluto e basta? gli bacio la mano?......... Il tempo passò così in fretta che all'improvviso me lo ritrovo davanti. Una signora da dietro gesticolando ed urlando riuscì a farlo fermare e Lui la ascoltò attentamente. In quel momento rimasi bloccato a guardarlo (si può ben vedere da una foto che conservo gelosamente, la faccia da pesce lesso che avevo assunto. Ero bloccato ma allo stesso tempo rilassato, una sensazione incredibile, l'unica cosa che ricordo nitidamente. Credo che avesse qualcosa di particolare, di sovrannaturale, qualcosa che nel corso del suo Pontificato tutti abbiamo potuto vedere ed ascoltare. Chi avrebbe mai pensato in quel momento che sarebbe diventato il Papa del Gran Sasso, il Papa sciatore, il Papa amico della nostra montagna. Un altra volta ho incontrato il suo sguardo, in una delle sue sortite segrete come sciatore, a Montecristo, mi fece lo stesso effetto. Lo ricordo con piacere, con devozione, l'unico uomo della chiesa per cui ho pianto, passando un'intera notte a farlo, quando decise di lasciarci....... (per la verità mentre scrivo queste poche righe, mi sto emozionando di nuovo, il famoso groppo alla gola ).


Giuseppe Lalli Mi sono sempre rammaricato di non aver assistito alla storica visita di papa Woitila ad Assergi in occasione dell'inaugurazione del Traforo del Gran Sasso. È come se la Storia, quella con la 's' maiuscola, mi fosse passata vicino e io non ne avessi approfittato. Papa Woitila per me è stato il più grande uomo del Novecento, grande nel senso che ha saputo essere all'altezza degli avvenimenti di cui è stato protagonista e nel senso che ha saputo rispondere alla straordinaria vocazione cui la Provvidenza, di cui è stato fedele strumento, lo ha chiamato. Karol Wojtyla ha avuto una vita difficile fin dall'inizio, una di quelle vite che, se gli fosse stata rivelata in una sorta di anteprima, gli sarebbero fermati i polsi. Una vita, la sua, che fu segnata dalla croce. Rimase orfano di madre fin da bambino, poco dopo perse l'amato fratello maggiore, e a vent'anni perse anche il padre. Conobbe la tragedia dell'occupazione nazista della sua patria e nel dopoguerra dovette convivere con la dittatura comunista. Sperimentò la condizione operaia, mentre studiava per diventare sacerdote. Quando parlava ai lavoratori, come nel caso della visita ad Assergi, le sue parole non erano retoriche ma vissute. All'epoca io avevo circa 26 anni e le sue parole mi sarebbero servite da viatico per la famiglia e per il lavoro. Karol Woitila conosceva l'uomo tutto intero. La sua lezione mi sarebbe stata utile.


Pubblichiamo ora alcuni stralci del discorso che Giovanni Paolo II pronunciò al cantiere della Cogefar dove si stava completando la galleria del Gran Sasso:
 
''Sono lieto di incontrarmi con voi in questo luogo ai piedi del Gran Sasso d’Italia, nel cuore di quell’appennino che costituisce - secondo la nota immagine - la spina dorsale dell’intera penisola italiana... Mi è ben noto chi siete voi, figli d’Abruzzo e del Molise! Dico la vostra tempra, la vostra probità, la saldezza che perdura in mezzo a voi dell’istituto familiare, e l’attaccamento all’avito costume che inconfondibilmente profila la vostra vita religiosa e civile.
Per questo, ho voluto il mio primo incontro con voi, proprio qui, presso il massiccio montuoso ed all’imbocco di questo traforo autostradale.... Carissimi, al solo nominare il Gran Sasso, si intendeva un tempo - ma ormai non più - una catena che “divideva“ la vostra nobile regione, secondo la classica ripartizione topografica ed amministrativa dell’Abruzzo citeriore e dell’Abruzzo ulteriore.
Grazie al lavoro umano, che appunto qui per non pochi anni si è svolto ed ha “trionfato” sulle più ardue difficoltà di origine geologica e tecnica, ormai la vecchia “divisione” può considerarsi superata; e non soltanto nel senso di poter avere presto collegamenti stradali via via più facili e spediti, ma in quello assai importante e, dal punto di vista etnico e etico, ben più significativo di un ulteriore processo nella conoscenza, negli scambi, nelle mutue relazioni di collaborazione tra le popolazioni di questa e delle adiacenti regioni.
Amici e fratelli che mi ascoltate! lo sono venuto in questo luogo per onorare e per celebrare il lavoro, e non già secondo il modulo di una generica e retorica esaltazione, ma nel suo effettivo valore, cioè nella sua capacità e nella sua “virtù” di trasformarsi in positivo contributo alla migliore comprensione ed al vero affratellamento degli uomini tra di loro''.

VI PROPONIAMO ALCUNE INTERVISTE REALIZZATE A SAN PIETRO DELLA IENCA NEL 2011 IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II


La “presenza”, non solo fisica, di papa Wojtyla in realtà non ha mai cessato di aleggiare dentro e fuori il Vaticano malgrado la sera del 2 aprile 2005 - alle ore 21,37 - il suo cuore cessò di battere dopo una lunga agonia trascorsa nella sua stanza nell’appartamento papale del Palazzo apostolico. Gli erano accanto in quel momento di addio i suoi più stretti ed amati collaboratori, a partire dal vescovo Stanislao Dziwicsz, da 40 anni suo segretario personale, a suor Tobiana, la religiosa polacca che lo aveva amorevolmente servito, al suo medico curante, l’archiatra pontificio Renato Buzzonetti, al quale spettò la triste incombenza di certificarne l’avvenuta morte. Lucido fino alla fine, prima di salutare e benedire tutti i presenti, con lo sguardo verso la finestra, Karol Wojtyla si rivolse in direzione delle migliaia di giovani radunati in piazza San Pietro dicendo con un fil di voce: «Vi ho sempre cercato, ora siete venuti a trovarmi». Poche commosse parole che poco dopo il portavoce Joaquin Navarro Valls riferì ai giornalisti arrivati da tutto il mondo per raccontare gli ultimi momenti della vita del papa che - a giudizio di credenti e non credenti, cattolici, cristiani e non cristiani, politici di tutti gli orientamenti, atei, agnostici - è stato uno dei principali protagonisti della scena internazionale negli anni a cavallo del 2000. Se non il protagonista assoluto, l’uomo e il sacerdote che aveva combattuto e vinto nazismo e comunismo, avversato ogni forma di totalitarismo, di ingiustizia sociale, di violenza, di sfruttamento; l’uomo di Dio, devotissimo alla Madonna alla quale dedicò il suo motto episcopale (Totus Tuus), che mettendo al centro la dignità dell’uomo, la pace, il dialogo, la fratellanza, aveva tra l’altro contribuito ad abbattere il Muro perché - aveva tante volte ribadito durante il suo lungo pontificato - l’Europa è composta da due polmoni, l’Est e l’Ovest, che vanno dagli Urali all’Atlantico. Un gigante della Chiesa legatissimo alla tradizione evangelica, che papa Ratzinger, prima, e papa Bergoglio, dopo, hanno in breve tempo elevato agli onori degli altari, beatificandolo il primo maggio 2011 e santificandolo il 27 aprile 2014. Un record che già si era materializzato il giorno dei funerali in piazza San Pietro davanti a 4 milioni di pellegrini in quanti lo invocarono «Santo subito!». Negli ultimi secoli nessun papa aveva bruciato le tappe della santificazione in soli 9 anni. Primo Papa di un Paese dell’Est, primo papa non italiano dopo 455 anni dall’elezione del fiammingo Adriano VI, Wojtyla - nato il 18 maggio 1920 a Wadowice (Polonia) - era stato eletto il 16 ottobre 1978, succedendo a Giovanni Paolo I (Albino Luciani) il Papa dei 33 giorni. Muore a 84 anni, dopo circa 27 anni di pontificato, il terzo della storia dopo Pio IX e San Pietro.
Oggi sono quindici anni che ci ha lasciati, ma il suo pontificato continua in tutto ciò che ha fatto, detto e scritto in materia di difesa della dignità dell’uomo, di attenzione al genio femminile, alla famiglia, alla difesa della vita, al dialogo interreligioso. Il Papa rimasto intatto nell’immaginario collettivo anche per gesti di assoluta novità come la storica prima preghiera di Assisi nel 1986 con i leader delle maggiori confessioni religiose; o come l’altrettanto storica prima visita di un pontefice ad una Sinagoga, alla Comunità ebraica di Roma, dove definì gli ebrei «nostri fratelli maggiori».

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo