C'era una volta il Web... Enzo Valente: “La Rete è un’altra cosa”

(Da happybirthdayweb.it) - Enzo Valente è un fisico delle particelle. Negli anni ’70 i calcolatori li connetteva da sé con i cavi di rame. Quando lavorava al CERN, ha conosciuto un ingegnere che voleva far parlare tra loro tutti i computer del mondo. Bella idea, ma alla ricerca serve anche un network che viaggi alla velocità della luce. Oggi è direttore del GARR.

Valente, lei che rapporto ha con la Rete?
Io sono sempre stato un grande utilizzatore di reti telematiche. Visto che sono un fisico delle particelle elementari, nei miei esperimenti ho sempre tra le mani un mucchio di dati da trasmettere. Il problema è che quarant’anni fa non era così semplice portare delle informazioni da un computer all’altro.

Il motivo?
Il motivo è banale. Negli anni ’70 le reti tra computer non esistevano ancora. E allora i dati andavano trasferiti da terminale a terminale scrivendoli su nastri magnetici. Una perdita di tempo che non le dico. E il più delle volte c’era sempre un dieci per cento delle misure che andava ripetuto.

Che si poteva fare?
Semplice: un giorno mi sono scocciato di fare avanti e indietro da un computer all’altro e mi sono deciso a risolvere la cosa. Ho preso un cavo di rame e mi sono costruito da solo la mia prima rete di calcolatori. In sostanza ho connesso due macchine che dovevano parlare tra di loro. Mi ha fatto risparmiare un mucchio di tempo.

E vent’anni dopo lei era a lavorare al CERN, a due passi da Tim Berners-Lee.
Certo. Io ero il responsabile di online data acquisition presso l’esperimento L3 all’acceleratore LEP. Il precursore di LHC, tanto per spiegarla breve. Berners-Lee era in un altro gruppo che si occupava di cose molto diverse. Ma ci stava comunque dando una mano.

E c’è riuscito?
Sì, è stata una vera rivoluzione. Ma, attenzione, non si trattava ancora del Web. All’inizio Berners-Lee stava programmando delle librerie per facilitare la comunicazione tra calcolatori di marche diverse. A quel tempo nello stesso laboratorio c’erano computer di quattro o cinque case produttrici differenti. Ognuno con il suo sistema operativo incompatibile con quello degli altri.

Insomma, niente più andirivieni per i corridoi.
Già, ci semplificava parecchio il lavoro. Potevamo accedere ai nostri dati e spostarli su sistemi diversi. Potevamo programmare i computer come pareva a noi. Al resto pensava la libreria di Berners-Lee, che ci permetteva di operare comodamente sulle macchine messe in rete. Funzionava.

Avete insistito perché Berners-Lee sperimentasse qualcosa di nuovo?
No, a dire il vero noi eravamo a posto così. Insomma, gli abbiamo detto: grazie, ora lasciaci lavorare. Lui ha abbozzato ma dopo neppure sei mesi torna da noi proponendoci un’interfaccia nuova. In pratica, permetteva di connettersi alle macchine da qualsiasi terminale collegato alla rete del laboratorio.

Un salto fondamentale.
Ci diceva che in questo modo sarebbe stato molto più facile accedere ai manuali di istruzioni delle macchine sperimentali. Insomma, avremmo potuto consultarli tranquillamente dallo studio senza scendere nei laboratori. Funzionava tutto grazie a un protocollo inventato da lui. Mi ricordo Berners-Lee che prende una tastiera e si mette a scrivere “http://”.

Avevate di fronte il prototipo del Web.
Sì ma, comunque sia, noi eravamo lì per lavorare. Sul momento abbiamo dato poca importanza alla cosa. Dopotutto era solo un protocollo per connettere i terminali ai calcolatori. Quando è uscito fuori Mosaic, nel 1993, le cose sono un po’ cambiate. C’è stato il boom. Ma fino ad allora è stata una rivoluzione silenziosa, inavvertita.

Insomma, a lei interessano di più le reti di trasmissione dati.
Come ho detto prima, lo faccio per lavoro. Nel 2003 sono diventato direttore del GARR, il consorzio che gestisce la rete della ricerca scientifica in Italia. È un network che collega tutti i nostri centri di ricerca attraverso la banda larga, ma quella vera. Noi viaggiamo dalle cento alle mille volte più veloci dei servizi commerciali.

È solo una questione di velocità fine a se stessa?
Certo che no. La nostra è anche una rete simmetrica, dove la trasmissione di dati è tanto buona quanto la ricezione. Nelle reti normali questo non succede, perché l’upload è fortmente limitato. Tanto per fare un esempio, se io volessi gestire un’emittente di Web TV da casa mia non potrei mai farlo.

Che altro ha di buono la rete GARR?
Il delay, cioè il ritardo sulla trasmissione dati è ridotto all’osso, così come il jitter, che sarebbe la frammentazione dei pacchetti di informazione. In pratica, sulla nostra rete le videoconferenze sono in tempo reale. È come avere davanti la persona con cui si parla. E possiamo interconnetterci con le reti fisse e satellitari di tutto il mondo.

Ci si può fare di tutto.
Ma sì, pensi solo alle lezioni di violino che i grandi maestri possono tenere ad allievi che vivono in ogni angolo del mondo. Nessuno deve più spostarsi, è come stare nella stessa stanza. Devo dire che torna molto comodo anche a noi quando dobbiamo incontrare i nostri colleghi. Visto che i fondi stanziati per le missioni sono sempre più sottili, meglio vedersi in videoconferenza.

Siete indipendenti.
Sotto tutti i punti di vista. A noi non serve stipulare un contratto per stabilire una nuova connessione con qualsiasi centro di ricerca nel mondo. La nostra è un’istituzione senza scopo di lucro, per cui abbiamo carta bianca. E offriamo grandi garanzie.

Cioè, la vostra Rete è sicura?
Certo, c’è un sistema di controllo degli accessi, ma non mi riferivo a questo. Il network GARR è ridondante e in grado di bypassare qualsiasi interruzione improvvisa della linea, anche se accade all’estero. Mi spiego: se per caso stiamo ricevendo dati dalla Svizzera, e una ruspa trancia un cavo a Basilea, bè, i dati prendono una strada alternativa e noi non ci accorgiamo della differenza.

Un network a prova di bomba.
Visto che siamo in tema, le racconto anche questa. Quando l’Egitto si è sollevato contro Mubarak all’inizio del 2011, c’è stato un blackout della Rete commerciale. Bene, in pochi sanno che la rete accademica è rimasta operativa al cento per cento. Significa che quattro milioni di studenti egiziani sono riusciti a connettersi dalle università senza problemi per raccontarci cosa stava succedendo.

Internet in mano ai giovani.
Perché no? Ci avevamo provato anche qui in Italia a fare una piccola rivoluzione. Nel 2004 il GARR ha connesso mille scuole italiane alla sua rete a banda larga. Bel progetto, ma poi i soldi stanziati dal ministero sono finiti subito. Ci siamo fatti superare dall’Irlanda e dalla Grecia, che hanno messo in rete dalle 5000 alle 5500 scuole rispettivamente.

Che vantaggi si ottengono nel connettere le scuole alla rete GARR?
Se una università regala il collegamento in banda larga, di sicuro lo fa a suo interesse. Se una scuola è connessa al network accademico, un ateneo può far assistere gli studenti del liceo ai propri seminari. Una bella strategia di reclutamento: io ti faccio vedere cosa insegno nei miei corsi e tu, studente, fai la tua scelta. Ma c’è da tenere conto del fatto che la nostra rete permette di connettersi con tutte le università del mondo.

Sembra un buon investimento per il futuro.
Infatti ci stiamo muovendo in questa direzione. Stipuliamo convenzioni con le regioni e permettiamo loro di sfruttare le nostre infrastrutture di linea per stendere le loro fibre ottiche. Gli scavi li facciamo noi, voi metteteci la vostra linea.

Qualche progetto in cantiere lo avete?
Stiamo lavorano con le regioni Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Un progetto da 45 milioni di euro che in meno di tre anni permetterà al mezzogiorno di sviluppare una rete capillare da far impallidire tutti. Parlo di un livello di interconnessione capillare tra ospedali, uffici pubblici, musei e biblioteche. Alla fine arriverà anche dentro le case.

C’è spazio anche per la cultura.
Non vedo altra scelta migliore. Dobbiamo dare a tutti la possibilità di far circolare le proprie idee. Penso a un ragazzo che ha una bella idea. Inventa un gioco e vuole diffonderlo sulla Rete. Come può sbarcare sul Web se l’Italia non è un paese interconnesso?

Guardiamo poco lontano.
Dico solo questo: l’India ha lanciato un piano per stendere la fibra ottica ovunque. La nuova rete servirà tutti, dai cittadini fino ai ministeri, gli uffici e le università. Dentro a un solo tubo passerano decine di linee per trasportare tutti i bit del paese. Mi sembra una cosa grandiosa. Dovremmo imparare da loro.


Lorenzo Mannella

 



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