ANTONIETTA LALLI, 100 ANNI! «ZIA, IL MONDO TI GUARDA»

Dinanzi ai cento anni d’una persona, anche

il Tempo si ferma, si toglie il cappello e applaude.

                                                                         

 - di Fernando Acitelli -                                                               

Ogni Album di Famiglia dovrebbe prevedere una persona centenaria. Una simile presenza non sarebbe soltanto un tesoro per quella raccolta iconografica ma fornirebbe altresì ai familiari e ai discendenti l’opportunità di riflettere ben più profondamente sulla soglia ultima e sui limiti legati al corpo. Ma non ha un sussulto anche il computer dell’Anagrafe giungendogli – chissà da dove – la notizia d’un nuovo centenario? Un centenario di Assergi! E così la notizia rimbalzerebbe ovunque, dalla Siberia alla Terra del Fuoco, dalla Groenlandia alla cattedrale di Chartres. Almeno un sorriso il computer dovrebbe comporlo, magari con una composizione di cuoricini oppure con uno scossone sull’universo telematico. Antonietta Lalli, anzi, zia Antonietta, ha raggiunto il filo di lana del secolo e adesso il suo sguardo è ancora più sereno e l’animo vive una quiete che rimanda a Giotto. Quando s’arriva al secolo di vita, ecco che irrompono con forza tutte le immagini più intense della storia dell’arte e questo significa che si sta nell’ambito del Sacro: questo almeno io penso. Ed è come se quella cara persona, stanca delle parole tutt’intorno, dovesse trovare giusta collocazione tra Piero della Francesca, Raffaello, Guido Reni. Non troviamo forse più serenità a “collocare” in un dipinto, magari tra le figure che s’ergono dietro ad una Natività, ad un colonnato quella nostra persona cara? È proprio in quel luogo pittorico che la sappiamo più in salvo e, pur vedendo quella persona amata passeggiare per casa, in mente la sappiamo già storicizzata nel tempo universale della storia dell’arte. Lo ripeto, è un sogno, ma fa bene. Certamente dobbiamo operare con la mente, dobbiamo fantasticare perché è proprio della natura umana creare una realtà “altra” dove si vive in serenità e dove si sente appena l’eco di tutte le dispute e gli affanni umani. Ma adesso viviamo con gioia questa certificazione anagrafica. È una festa di tutti gli organi vitali, di tutti gli apparati, e del mondo sottilissimo della cellula e dei suoi ospiti graditi. Il cuore che pulsa nitido ed è fiero di aver svolto un ottimo lavoro sin dal 4 ottobre 1920. A pensare tutto questo ecco che sopraggiunge una gioia non esprimibile con le parole. Una gioia che non è soltanto dei familiari ma di tutti coloro che la amano. In questo momento pare che Antonietta Lalli sia la madre di tutta la comunità, una figura che assurge anche a protettrice. A dirla in breve: chi non spera di emularla e di vedere così la propria esistenza come un lunghissimo diadema di giorni? Il veder raggiungere tale vetta ci consente di comporre alcune riflessioni ed in particolare su un cognome, Giacobbe. Chi discende da tale genia possiede familiarità con il secolo (e dintorni) e come esempi si possono citare sia Ada Lalli che Arcangelo Giacobbe. Nel caso di Ada Lalli – visse 102 anni - la madre era una Giacobbe, precisamente Alessandra, mentre il padre era Giocondo Lalli. A proposito di Alessandra, costei aveva due sorelle, Peppina e Maria e di queste due, soltanto Maria (mia nonna) superò con disinvoltura i novant’anni, posizionandosi sui 97. Peppina Giacobbe – madre di Antonietta e moglie di Giuseppe Lalli – visse 83 anni, mentre Giuseppe 81. Anche la sorella di Antonietta, Amelia, che vive a Peekskill (New Jersey), è bene inoltrata verso un’età spettacolare: nata nel 1926, conta al momento, 94 anni. E le sue figlie, Maria e Fausta, la custodiscono come meglio non si potrebbe. Per quanto riguarda Arcangelo Giacobbe, visse 101 anni, infatti nacque nel 1912 e si congedò dalla vita, alto, diritto e gagliardo, nel 2013. La sorella di Arcangelo Giacobbe, Maria, giunse a 91 anni. Ma c’è ancora un Giacobbe a ricamare i novant’anni, e costui si chiamava Francesco (la moglie era Rita Giusti, ovvero mammetta Rituccia, come la sentii evocare) ed era il padre delle tre sorelle sopra citate Alessandra, Peppina e Maria. Come detto, anche a Francesco non fu ignoto il nono decennio di vita ed infatti raggiunse quota 93. Tutto questo per dire che i cento anni di zia Antonietta possiedono come colonne d’un tempio tutte queste figure narrate e dunque non stupisce il raggiungimento di tale traguardo. Vero è, pure, che zia Antonietta ha messo anche del suo, ovvero il senso della famiglia e la laboriosità, poi, come si sa, ogni esistenza ha un fiume sotterraneo, un segreto interiore che guida ogni azione e così il destino. Per i Giacobbe si può parlare dunque di predisposizione verso le grandi vette, quasi degli scalatori himalaiani del Tempo, o anche, come dicono alcuni studiosi, di “scudo genetico”, vale a dire di una protezione che alcuni individui hanno sin dall’inizio. Ma a parte le sintesi, ciò che resta sono le azioni, i comportamenti, i sorrisi che distinsero zia Antonietta per tutta la vita. E a questo punto dobbiamo parlare, anche se di volo, del marito Raffaele, dei figli Gesu(aldo) ed Enzo, dei nipoti Annalisa e Raffaele e Maria Cristina. Ecco, possiamo dire che sono stati anche costoro ad aumentare la forza, la struttura di quello “scudo genetico” di cui s’è fatto cenno poco sopra.

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Ti rivedo nel negozio, sento nuovamente quell’odore ad alta intensità famigliare, come se non ci fosse poi tanta differenza tra la nostra casa ed il tuo negozio: un luogo che espandeva un tepore buono e che sembrava alimentare una speranza che non era qualcosa di vago, come oggi nella cosiddetta Età della Tecnica con tutti i suoi dialoghi e comportamenti acrilici, il più delle volte recitati. Lì dentro non si finiva tanto per avere un po’ di conserva o due etti di mortadella: si finiva anche per ascoltare una parola di conforto. Certamente coloro che varcavano quella soglia non svelavano tanto ma nel fondo del loro animo s’elevava proprio questo sentimento. Poi, quando pioveva, questo sentire profondo aveva un’impennata e allora il tuo negozio assurgeva a locanda, a luogo di ristoro innanzitutto morale, a possibilità vera di sfuggire al tumulto del cielo sopra di noi. Ed era il tuo sorriso, oltre il bancone, a migliorare quegli istanti.

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Ti rivedo fuoriuscire dall’Arco delle Pizzelle e sempre con il sorriso salutarmi, io allestito sul balcone di casa. E la storia si ripeteva con nonna: «Buongiorno zia Marì!...» Con mio padre: «Italo…» e quella tua parola era un lirico flautare stupore a testimonianza di un grande affetto. E a mamma che avevi sempre detto e lei lo ricordava di continuo: «Italo per me è stato sempre come un fratello…» E mamma lo ha ripetuto fino allo scorso aprile.

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Ti rivedo fuoriuscire dall’Arco delle Pizzelle perché ti dovevi recare a casa dei tuoi genitori, là, nella nostra Piazzetta del Forno. E questo sia per ritirare i panni che avevi steso in quell’attico spettacolare oppure per stenderli sotto quel sole ad alto contenuto metafisico. Tu, assieme al tuo passo deciso ma elegante.

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Ti rivedo nei giorni di Ferragosto, procedi sulla Strada Ritta con direzione la Piazza e dunque la chiesa: la tua figura slanciata nel dolce frastuono delle campane e sotto il lieto rimbombare degli spari alle Cartiche. Tu, con il tuo incedere che è già una professione di fede, vai verso il Sacro Mistero che riguarda tutti: varchi quella soglia medievale che riguardò anche i tuoi genitori, oltreché i tuoi fratelli. Tra i banchi ti posizioni per lo più a sinistra, sul lato della sagrestia, e le tue vicine di posto sono le compagne d’un tempo mitico, legato alla fanciullezza. Poi la processione e dunque quel contatto ravvicinato, molto umano, fino al bivio di salvezza, quello che conduce a casa.

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Pensa, cara zia Antonietta, anche mamma tra cinque anni avrebbe raggiunto il secolo. S’è fermata a 95 ed è forse qui il segreto (il mistero) di quello scudo genetico appena evocato. Ma oggi festeggerà anche lei –ignoro in quali forme – ma lo avvisto il suo sorriso per te. Come pure sentirò gli auguri di mio padre (anche lui tuo cugino carnale per parte della madre Teresa Lalli). Ma posso forse dimenticare oggi per te il sorriso di zia Brigida? E quello di zio Antonio? E insomma, il tuo notevolissimo traguardo consente anche di ripensare a tutti i nostri cari che non potremo mai dimenticare. È questa la bellezza d’un nome, d’una esistenza (in questo caso il tuo nome, la tua esistenza), e cioè una sublime retrocessione, un mandare in onda ancora una volta il filmato delle nostre vite. In questo modo, partendo da un’esistenza possiamo ripensare a tutte le persone amate. E allora, di nuovo, ecco che irrompe la storia dell’arte e – mi perdoni Leonardo da Vinci – mi sfila nella mente, non so per quale trasposizione postmoderna, il suo Cenacolo. Di fatto, per questo tuo bellissimo compleanno, è come se fossimo tutti raccolti, seduti a sperare.

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Zia Antonietta! Oggi tu, con il tuo secolo sulle spalle e nell’animo, ci rappresenti tutti e la vetta da te raggiunta ha il colore di quel rosa/azzurrino del cielo di Montecristo, di Pizzo Cifalone, di Campo Imperatore: è un’atmosfera che tu osservi di certo più nitidamente di noi.

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Zia Antonietta, il mio abbraccio è sempre poco per Te.



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