I camosci nel Parco Gran Sasso-Laga

Anche quest’anno dal censimento dei camosci nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga arrivano dati positivi. L’operazione, che si è tenuta lo scorso 12 ottobre, ha richiamato decine di volontari da ogni parte d’Italia e uomini del Corpo Forestale appartenenti, oltre che al Coordinamento Territoriale per l’Ambiente (CTA) del Parco e dell’Ufficio Territoriale per la Biodiversità (UTB) dell’Aquila, ai CTA dei Parchi Nazionali del Cilento e Vallo di Diano, dell’Aspromonte, dell’Arcipelago Toscano, del Vesuvio, delle Foreste Casentinesi, dell’Appennino Tosco Emiliano e del Parco Regionale Sirente Velino.
Quest’anno le operazioni di conteggio sono avvenute sotto l’egida del progetto europeo Life “Coornata” che riunisce quei Parchi: della Majella, come capofila, del Gran Sasso - Monti della Laga, d’Abruzzo, Lazio e Molise, dei Sibillini e del Sirente Velino, con Legambiente Onlus, che sono direttamente coinvolti nella conservazione del Camoscio appenninico. Il progetto mira alla definitiva stabilizzazione della specie nell’Appennino Centrale, avendo previsto allo stesso tempo operazioni di reintroduzione nel Parco Regionale del Sirente Velino e di rafforzamento della comunità presente nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Com’è tradizione, inoltre, anche quest’anno, grazie alla collaborazione dell’UTB dell’Aquila del Corpo Forestale dello Stato, al conteggio dei camosci è stato abbinato quello del fringuello alpino, specie significativa che possiede sul Gran Sasso la stazione appenninica più numerosa.
Nei trentatré sentieri in quota selezionati allo scopo, sono stati conteggiati 306 esemplari, numero che, implementato dei dati provenienti dal monitoraggio primaverile, porta ad una stima della popolazione di circa 450 camosci. Le stesse operazioni hanno permesso di contare ben 110 Kid, ovvero piccoli nati nell’anno. I dati sono considerati di grande positività poiché confermano il trend di crescita della specie, stimato al 20 – 25% annuo, e indicano chiaramente che la specie ha riconquistato nel Parco gran parte del suo areale idoneo. Costituiscono, infine, un’importante conferma del fatto che il lavoro svolto dall’Ente Parco, attraverso il Servizio di Ricerche Scientifiche e con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato, continui a produrre nel tempo i suoi effetti positivi.
La presenza dei camosci sulle montagne del Parco dà un grande contributo alla riqualificazione degli ecosistemi montani e arricchisce nel contempo le potenzialità turistiche dell’area protetta, come dimostrano le frequenti segnalazioni che giungono all’Ente da escursionisti che abbiano vissuto l’emozionante incontro con l’animale. Viene giudicato, infatti, un ulteriore segnale di vitalità della specie la relativa facilità con cui oggi i bellissimi ungulati si possono incontrare in natura, da Pizzo Cefalone al Monte Corvo, dal Brancastello al Monte Camicia.
 



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