IL GOVERNO E LE REGIONI DISCUTONO, MA L’ALTRA NEVE VIENE ANCORA IGNORATA

- di Stefano Ardito -

 

Oggi, 1° dicembre 2020, le Regioni e le Province autonome delle Alpi italiane, più l’Abruzzo, presenteranno al Governo e al CTS una nuova proposta per consentire lo sci di pista a Natale.
Non credo che cambierà qualcosa, perché la Val di Fassa non è Campo Felice, e consentire di sciare a chi soggiorna in albergo o in una seconda casa equivale a una riapertura quasi totale.
Dopo le drastiche prese di posizione del premier Conte e dei suoi ministri, è difficile immaginare una risposta diversa da parte del Governo. La trattativa, immagino, si riproporrà negli stessi termini per il periodo successivo all’Epifania, quello delle settimane bianche.
E’ triste vedere che nessuno finora, nei due schieramenti, ha fatto accenno alle tante e bellissime attività dell’“altra neve”, dalle ciaspole allo sci di fondo, dalle passeggiate sui sentieri battuti allo scialpinismo, fino all’alpinismo con piccozza e ramponi che si pratica da sempre sull’Appennino.
Attività che portano benessere e salute a chi vive in città, che portano reddito a chi lavora in montagna (guide, maestri, strutture ricettive…), che permettono di scoprire una montagna autentica e non trasformata in un prodotto industriale.
L’altra neve muove meno soldi dello sci di pista, ma genera comunque un fatturato di centinaia di milioni di euro. Ed è un passo verso una montagna più autentica, meno deturpata, forse addirittura migliore.
“Forse è l’occasione buona per scoprire se un’altra montagna è possibile” ha scritto qualche giorno fa Paolo Cognetti su Repubblica “con un turismo che consumi meno, invada meno, passi meno di fretta, e si trasformi almeno in parte in un ripopolamento, portando alla montagna non solo clienti e denaro ma umanità e cultura. Quella montagna fuoripista per favore non chiudetela”.
Rispetto le decisioni degli scienziati, soprattutto se non si azzuffano in televisione. Il mondo dello sci di pista non è il mio, ma ho la massima solidarietà per chi ci lavora, e quest’anno, se va bene, verrà “ristorato” solo in piccola parte.
Resto convinto che, a Natale e nel resto dell’inverno, le attività diverse dallo sci di pista, dove il rischio di affollamento è minimo, dovrebbero essere permesse, e anzi incoraggiate. In questo senso, anche il divieto di traversare i confini tra Regioni dello stesso colore mi sembra una vessazione senza senso.
E’ triste vedere il premier Conte, i ministri e il CTS imporre regole inutilmente dure, spesso facendo la faccia sdegnata, a un mondo che appassiona centinaia di migliaia di italiani e che loro ignorano completamente. Consola poco constatare che lo stesso accade per l’escursionismo, estivo e nelle altre stagioni.
Non è bello nemmeno vedere i presidenti e gli assessori di Regioni e Province trasformarsi in acritici portavoce degli interessi (legittimi, sia chiaro) di chi gestisce gli impianti di risalita. Mi auguro che, dopo il prevedibile no che arriverà dagli incontri di oggi, chi amministra la montagna italiana, e rappresenta i suoi residenti, inizi finalmente a difendere e a promuovere ciaspole, sci di fondo e tutto il resto. Non ci credo, ma la speranza è l’ultima a morire.



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